La battaglia legale tra giganti della tecnologia e dell’entertainment è appena entrata in una nuova, scottante fase. Disney ha alzato la voce contro Google con una lettera di diffida formale, inviata poche ore prima dell’annuncio di una partnership strategica con OpenAI. L’accusa è violazione massiccia del copyright attraverso l’uso non autorizzato dei suoi personaggi più iconici per addestrare e alimentare i servizi di intelligenza artificiale di Mountain View.

La tempistica della mossa non è casuale. Mentre Sam Altman, CEO di OpenAI, dichiarava un vero e proprio codice rosso interno per spingere i suoi team a migliorare ChatGPT di fronte alla crescente superiorità del modello Gemini 3 Pro di Google, Disney annunciava pubblicamente un accordo con la stessa OpenAI per integrare Topolino e altri personaggi leggendari all’interno di Sora, il generatore video basato su AI. Un timing che sembra quasi orchestrato: da una parte l’alleanza con un competitor di Google, dall’altra l’attacco legale diretto. Ma cosa contesta esattamente Disney? Secondo quanto emerge dalla lettera degli avvocati del colosso dell’intrattenimento, Google avrebbe copiato un corpus esteso di opere Disney senza alcuna autorizzazione, utilizzandole per addestrare e sviluppare i propri modelli di intelligenza artificiale generativa. Non si tratta solo di addestramento: i servizi AI di Google permetterebbero agli utenti di generare e distribuire copie di opere protette da copyright, sfruttandole commercialmente senza alcun permesso.

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I nomi citati nella diffida sono una parata di star del catalogo Disney: da Elsa e Anna di Frozen ai protagonisti de Il Re Leone, passando per i personaggi di Oceania, La Sirenetta, Deadpool, I Guardiani della Galassia e l’universo di Star Wars. Personaggi che, secondo Disney, vengono generati attraverso strumenti come Google AI Studio, l’app mobile di YouTube, YouTube Shorts e altri servizi dell’ecosistema Google. Chiunque abbia digitato un prompt specifico su questi tool avrebbe potuto ottenere immagini o contenuti derivati da proprietà intellettuali che valgono miliardi di dollari. La richiesta di Disney non ammette mezze misure: interrompere immediatamente la copia, la creazione e la distribuzione di opere derivate dai personaggi Disney protetti da copyright. Ma non basta. L’azienda chiede anche che Google implementi misure concrete per impedire che i suoi modelli generino output che violano i diritti d’autore della casa del topo più famoso al mondo.

Questa mossa legale solleva questioni che vanno ben oltre la disputa tra due colossi. L’intelligenza artificiale generativa si nutre di dati, milioni e milioni di immagini, testi, video. Ma quando questi dati includono opere protette da copyright, chi ne paga il prezzo? Le aziende tecnologiche sostengono spesso che l’addestramento rientri nel fair use, un principio legale che consente l’uso limitato di materiale protetto senza autorizzazione. Disney, evidentemente, non è d’accordo.

Il caso Disney contro Google potrebbe rappresentare un precedente cruciale per l’intera industria dell’AI. Se Disney dovesse prevalere, potrebbe aprire la strada a una revisione profonda del modo in cui i modelli di intelligenza artificiale vengono addestrati, obbligando le aziende tech a negoziare licenze e accordi preventivi con i detentori di diritti. Al contrario, una vittoria di Google rafforzerebbe la posizione delle big tech nel continuare a utilizzare contenuti disponibili online per migliorare le proprie tecnologie.

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Nato il 19 Dicembre 1992, ha capito subito che il cinema era la sua strada. Dopo essersi laureato in filosofia all'università di Palermo e aver seguito esami, laboratori e corsi sulla critica, la storia del cinema e la scrittura creativa, si è focalizzato sulle sue più grandi passioni: scrivere e la settima arte. Ha scritto per L'occhio del cineasta ed è stato redattore per Cinesblog fino alla sua chiusura. Ora si occupa di news e articoli per ScreenWorld.it, per CinemaSerieTv.it e CultWeb.it