Nel 2013 uscì in tutte le librerie Suburra, romanzo firmato da Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini, che due anni dopo Stefano Sollima trasformò in un film che vedeva, come protagonisti, Alessandro Borghi e Pierfrancesco Favino. Nel 2017 l’affresco della mafia romana, che si dipana tra luoghi di potere fino alla periferica Ostia, era diventato una serie tv. Il successo di Suburra – La serie, composta da tre stagioni, ha fatto sì che da questo insieme di suggestioni nascesse anche una serie sequel, dal titolo Suburraeterna che è stata presentata in anteprima alla Festa del Cinema di Roma, dove sono stati proiettati i primi due episodi degli otto che comporranno la prima stagione.
Una serie, dunque, che si pone come obiettivo quello di espandere l’universo criminale della capitale, in una lotta tra famiglie e personaggi di spicco, dove la malavita sembra rispondere a leggi tutte sue, che agiscono soprattutto quando il sole cala oltre la linea dell’orizzonte. Nella nostra recensione di Suburraeterna e, nello specifico, dei primi due episodi che abbiamo visto, cerchiamo di comprendere se questa scelta di proseguire la storia di una Roma criminale sia degna d’attenzione o meno.
Genere: Azione
Durata: 60 minuti ca./8 episodi
Uscita: 14 novembre 2023 (Netflix)
Cast: Giacomo Ferrara, Filippo Nigro, Carlotta Antonelli, Federica Sabatini,
“Il mondo si prepara a una lunga e sanguinosa guerra”
L’aria notturna è piena di note che rimbombano in un locale dove i corpi si ammassano e ballano, dove le persone si muovono ad occhi chiusi per sperare di buttarsi alle spalle il lascito di una giornata difficile o di pensieri troppo pesanti. Al di sopra di questa umanità schiacciata e sudata c’è Spadino (Giacomo Ferrara) che, dopo i fatti narrati nell’ultima stagione di Suburra, ha cercato di iniziare una nuova vita lontano dai debiti che ha con la propria famiglia e con il peso di fare Anacleti di cognome. Una telefonata improvvisa, però, spezza il ritmo di questa serata fatta di musica e oblio. Con il telefono appoggiato all’orecchio e lo sguardo vitreo di chi ha imparato a non mostrare mai le proprie emozioni, Spadino ascolta una notizia.
Il tempo porta indietro le sue lancette e lo spettatore si trova catapultato a qualche giorno prima rispetto alla scena che apre il primo episodio di Suburraeterna. Roma è di nuovo sotto assedio: le piazze gridano il proprio scontento e una povertà che aumenta, mentre al Vaticano c’è chi sogna un papa nuovo, un papa che possa essere la vox dei di un popolo ormai allo stremo. Mentre la politica sembra incurante di quello che accade per le strade, cercando di raggirare i cittadini con qualche miraggio scintillante, a Ostia si combatte per il possesso delle piazze dove si vende la droga. Giulia e Cesare Luciani (Yamina Brirmi e Morris Sarra) hanno deciso di alzare la testa e sfidare gli Anacleti e Nadia (Federica Sabatini), che non ha ancora superato il destino di Aureliano. La mossa di Giulia e Cesare, però, mette in una cattiva posizione Damiano (Marlon Joubert), nuovo marito e grande amore di Angelica, che deve comprendere da che parte stare: se da quella dei suoi fratelli o da quella della famiglia che si è appena costruito. In un gioco al massacro dove ognuno ha i suoi motivi per impugnare un’arma, vendetta e orgoglio si mescolano per uno scenario che non sembra promettere vincitori.
Sulle orme del passato
C’è un motivo se, tra i proverbi e i modi di dire più famosi, c’è quello secondo il quale “squadra che vince non si cambia“. Un monito che Suburraeterna sembra aver fatto suo, arrivando sullo schermo con una struttura narrativa che ricalca tanto quella della serie tv a cui si ispira, tanto a quella del film che ha dato origine a questo universo narrativo. Da questo punto di vista non si può certo affermare che Suburraeterna brilli per originalità o che sancisce un cambio di rotta o di passo. Ma è anche giusto che sia così. Quando un nuovo prodotto arriva davanti ai nostri occhi siamo sempre portati ad aspettarci l’innovazione, il colpo di coda improvviso, quella sorpresa che ci lasci davanti allo schermo con la bocca spalancata in una grande e silenziosa O.
Ma nel caso di una serie come Suburraeterna è decisamente più lecito aspettarsi la familiarità. Questo non vuol dire, naturalmente, offrire sbocchi di trama del tutto identici a quelli dei prodotti precedenti, ma un terreno conosciuto a chi si pone davanti allo schermo e che, in larga misura, si aspetta proprio una nuova riproposizione di quel mondo che aveva già imparato ad amare o da cui era rimasto affascinato. La rincorsa ad ogni costo all’innovazione e al cambiamento appare dunque una scelta affrettata di chi forse non conosce il proprio pubblico e nel caso di Suburraeterna era giusto, ragionevole e intelligente dare agli spettatori esattamente quello che chiedevano: un sequel che mantenesse invariata l’anima e la narrazione delle tre stagioni precedenti. E in questo, il prodotto di casa Netflix, non delude le aspettative.
Inoltre Suburraeterna si mostra anche “furba” non solo perché ripropone una ricetta di successo, ma perché la condisce proprio con quel senso di nostalgia che è utile agli spettatori per creare un ponte. Ecco allora che negli occhi di Nadia vediamo il riverbero avvelenato di un cuore in lutto che non si è ancora rimesso in piedi, mentre i rimandi a Manfredi ci permettono di trovarci di nuovo su una strada che conosciamo bene. Suburraeterna è un sequel nel vero senso della parola, una continuazione naturale e affatto forzata che in una manciata di inquadrature ci permette di essere subito dentro la storia, avvinti da queste spirali di oscurità tipiche della malavita romana in qualche modo “romanticizzata” dalla serie tv.
Un cane a tre teste
Sebbene sia difficile giudicare l’andamento di un’intera stagione dopo aver visto i primi due episodi, c’è da dire che l’inizio di Suburraeterna mette subito in chiaro le sue ambizioni e i suoi obiettivi. Se nella serie principale a prevalere era soprattutto un bisogno di supremazia come affermazione di se stesso, come riconoscimento del proprio lavoro e del proprio valore, in questa serie sequel l’accento appare messo con maggior potenza sui rapporti e i legami familiari, tra quelli di sangue e quelli di scelta. A muovere parte delle tessere in gioco non è più la sete di potere, ma un desiderio spasmodico di vendetta, un bisogno di riprendersi il proprio posto che è stato sottratto con una brutalità eccessiva, persino in un mondo come quello di Suburra, dove il male si annida in ogni angolo lasciato privo di luce.
Torna, però, la contrapposizione di tre potenze: la politica, con un Filippo Nigro capace di rubare la scena quasi senza sforzo, il potere secolare della chiesta e quello terrigno della criminalità. Un cane a tre teste che ringhia e si dibatte per lo stesso pezzo di carne e che non si preoccupa del sangue che macchierà i suoi artigli, pur di ottenere ciò che vuole. Torna quindi quella terra di nessuno, quella terra di mezzo dove si incontrano politici e criminali, dove gli ultimi sono seduti al tavolo dei potenti, dove le persone devono comprendere da che parte stare mentre cercano di non cadere in trappole letali. Da questo punto di vista, dunque, si può senz’altro affermare che Suburraeterna è una serie che già dai primi due episodi ha mostrato il proprio potenziale.
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La recensione in breve
Pur non brillando di un'originalità che forse non è mai stata la sua ambizione, Suburraeterna si mostra senz'altro abile nel dare al pubblico quello che vuole: il ritorno nel mondo oscuro della criminalità e del potere, dove ogni intrigo è pieno di violenza e sangue. I primi due episodi accendono la curiosità dello spettatore, trasportandolo in un mondo dominato dalla vendetta.
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Voto ScreenWorld