Presentato in anteprima mondiale alla settantaquattresima edizione della Berlinale, nella sezione fuori concorso Berlinale Special Gala, e disponibile su Netflix dal primo marzo, Spaceman segna l’ennesima collaborazione tra il colosso dello streaming e l’attore Adam Sandler. Dopo commedie, drammi, film ad alta tensione e la recente incursione nell’animazione, il divo si presta ora alla fantascienza in quello che è un viaggio verso le sconfinate profondità dell’ignoto… umano.
Spaceman
Genere: Fantascienza
Durata: 107 minuti
Uscita: 1 marzo (Netflix)
Cast: Adam Sandler, Carey Mulligan
Lost in Space
Jakub Procházka (Adam Sandler) è un astronauta che da diversi mesi sta conducendo una missione in totale solitudine. Disperso nella volta celeste, l’uomo è infatti impegnato nella ricerca di una misteriosa polvere stellare. Il viaggio si dimostra anche l’occasione per poter realizzare il grande desiderio che Jakub cova sin da bambino, ovvero quello di entrare in contatto con la vastità dell’Universo e di fare pace con i traumi del passato. Il prezzo da pagare però, è quello di vedere andare in frantumi la sua vita sulla Terra: sua moglie Lenka (Carey Mulligan), infatti, non è più disposta a vedersi trascurata per colpa delle grandi ambizioni del marito, ed è intenzionata a chiedere il divorzio. Come se non bastasse, Jakub incontrerà un ragno alieno gigante con cui parlerà della vita, dell’amore e di filosofia. L’uomo non è certo se il mostro sia reale o solo frutto della sua immaginazione, ma con lui ripercorrerà tutto il suo passato mettendo in discussione la sua vita e facendo passare in secondo piano la missione spaziale.
Il regista Johan Renck, celebre per aver lavorato alla regia di numerosi videoclip musicali di successo (Hung Up di Madonna e Blackstar di David Bowie, giusto per citarne un paio) o ad alcuni episodi all’interno di serie televisive del calibro di Breaking Bad, The Walking Dead o Chernobyl, prende ora le mosse dal romanzo del 2017 Spaceman of Bohemia, scritto da Jaroslav Kalfar, per raccontare un “classico” cammino di formazione mirato a destabilizzare qualsivoglia certezza di un protagonista solo apparentemente granitico e consapevole delle sue scelte di vita. Così, il film si inserisce perfettamente nel filone più intimo e filosofico della fantascienza, che trova nel capolavoro di Stanley Kubrick, 2001: Odissea nello spazio (1968), il suo faro illuminante e che recentemente ha visto cimentarsi autori di grande spicco come Alfonso Cuaròn o James Gray, che con i rispettivi Gravity (2013) e Ad Astra (2019) hanno contribuito ad alimentare questo particolarissimo sottogenere.
Netflix, abbiamo un problema
La materia di partenza è sicuramente affascinante e magmatica. Così come lo sguardo adottato da Renck, che preferisce non lesinare sulla spettacolarizzazione del viaggio, pur lavorando sempre e soltanto per restituire una profondissima umanità. Tra immagini contemplative e una colonna sonora avvolgente, Spaceman diventa ben presto un concerto audiovisivo in cui la solitudine forzata cui è soggiogato il protagonista diventa, inevitabilmente, una gabbia psicologica che sfocia in un imponente flusso di coscienza. In tutto questo, Adam Sandler non si risparmia, dedicando anima e corpo (notevole il lavoro sulla fisionomia, la decadenza del fisico e la traccia del tempo nelle rughe e nelle occhiaie del malcapitato astronauta) a un progetto che letteralmente lo vede sempre in scena, dal primo all’ultimo minuto.
Peccato allora che il film stenti a decollare del tutto, rimanendo in una confort zone dalla quale sarebbe stato meglio invece evadere, soprattutto visti i connotati e le corde toccate dal racconto. Sembra quasi che Renck abbia timore di rischiare a fare il passo più lungo della gamba, mantenendosi dentro binari consolidati e controllati senza mai lasciar davvero far parlare il cuore. Tutto è contenuto, preciso, calcolato e, purtroppo, didascalico. Sono infatti alcuni passaggi estremamente espliciti e alcune battute di dialogo tra Sandler e l’alieno (doppiato, in originale, da Paul Dano) a rendere meno convincente l’esito dell’operazione. Non è quindi un caso che i momenti migliori siano quelli dei confronti silenziosi e a (siderale) distanza tra Jakub e sua moglie (una struggente Carey Mulligan), mentre è proprio quando si avverte l’incombenza di dover comunicare e dialogare con una vasta platea internazionale (quella dello streaming) che il film convince e coinvolge decisamente meno.
Si tratta di un problema che, a ben vedere, attanaglia da tempo le produzioni Netflix, a cominciare da quelle più recenti come Lift di F. Gary GRay (2023) e The Kitchen di Daniel Kaluuya (2023). Gli spunti ci sono tutti, il progetto ha un potenziale ampio e il team creativo scelto per occuparsi dello sviluppo possiede tutte le garanzie e le qualità utili alla causa. È un peccato quindi dover constatare di non trovarsi quasi mai di fronte a qualcosa di davvero completo, ponderato o riuscito fino in fondo, avvertendo invece l’imposizione stringente di una linea editoriale comprensibilmente coerente e costante che però, alla lunga, rischia di soffocare la vena creativa di chi si mette in gioco.
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La recensione in breve
Spaceman è il nuovo film targato Netflix con Adam Sandler protagonista e realizzato da Johan Renck. Nonostante un materiale di partenza interessante, l'ottima prova di Sandler e nel complesso tutte le carte in regola per poter diventare un ottimo prodotto, il titolo non decolla mai davvero, soffocato dall'ambizione di dover piacere alla più ampia platea possibile.
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Voto Screenworld