È arrivata su Netflix come una ventata di aria fresca quanto i suoi giovanissimi protagonisti, questa nuova serie che nel giro di pochi giorni si è aggiudicata un posto nel cuore di molti degli abbonati della piattaforma. Vale quindi la pena guardarla? Secondo noi, decisamente sì. Cerchiamo di capire insieme il perché, nella nostra recensione di Heartsopper, lo show tratto dall’omonimo graphic novel di successo dell’autrice Alice Oseman, che ne firma anche la sceneggiatura, e del regista Euros Lyn.
Heartstopper
Genere: dramma adolescenziale
Durata: 8 episodi/30 minuti ca
Uscita: 22 aprile 2022 (Netflix)
Cast: Kit Connor, Joe Locke:, William Gao, Yasmin Finney, Olivia Colman
La gentilezza come chiave della scoperta di sé
Otto episodi che scivolano giù come i milkshake tanto amati dai protagonisti, otto episodi che in poco più di venti minuti ciascuno riescono a dipingere un universo adolescenziale come non ne vedevamo da un po’, che sceglie un approccio filtrato da elementi cartooneschi e da una delicatezza commovente. Tutt’altri lidi, quindi, rispetto alla lacerante rappresentazione a cui ci hanno abituato, negli ultimi anni, show di successo come Euphoria, nonostante i temi attingano alla stessa fonte: l’esplorazione della propria sessualità e identità di genere, la definizione di sé attraverso il rapporto con l’altro, e tutto ciò che questo comporta in un’età in cui si avanza a passi incerti in bilico sugli smottamenti emotivi, con scuola e famiglia a fare da grande cornice. E con l’assillo del bullismo, che funge alternativamente da deterrente o da spinta propulsiva verso l’accettazione di sé.
Una rappresentazione dell’adolescenza LGBTQ+ che fa bene all’anima
Un ragazzo incontra un ragazzo sui banchi di scuola, e se ne innamora. Il primo è gay, e ha già fatto coming out, il secondo è confuso. Il primo è goffo, insicuro e sensibile, il secondo è popolare, sportivo e, inaspettatamente, sensibile quanto il primo. Inizia così la storia d’amore fra Charlie e Nick, con due personaggi che sono ormai archetipi ben conosciuti dei teen drama americani. Giorno dopo giorno, fra i due si stabilisce un rapporto che racchiude tutte le gradazioni dell’intimità, e che fiorisce nonostante (ma anche grazie) all’ambiente circostante, che a tratti si mostra ostile, a tratti accogliente e inclusivo. Le insicurezze dei due protagonisti si sommano e si intersecano a quelle degli amici più stretti e dei compagni di scuola, amplificate dal fattore social, elemento ormai imprescindibile nella narrazione di qualsiasi universo adolescenziale. E così, ritroviamo le incomprensioni e le gelosie, gli atti di bullismo e gli scoppi di rabbia che sfociano in risse, gli amici che accettano il cambiamento solo fino a quando non se ne sentono minacciati e via dicendo.
Ma in Heartstopper la lente che segue lo sviluppo di queste dinamiche è doppia. Se da una parte esalta tutta la naturalezza e la spontaneità dei giovani protagonisti (nei dialoghi e nelle espressioni dei volti, che sono sempre dei libri spalancati per lo spettatore), dall’altra conserva elementi cartooneschi (anche grafici) che alleggeriscono la portata emotiva senza però mai sminuirla. Ed è questa la cifra caratteristica dello show: affrontare apertamente le tematiche più complesse e dolorose senza mai perdere di delicatezza, avvicinandoci agli scossoni emotivi dei protagonisti con tatto ma senza oscurare niente. Prendendoci per mano, gentilmente, proprio come Charlie e Nick fanno di continuo, per ricordarsi che ci sono, che sono rete protettiva l’uno per l’altro, che il coraggio di essere chi si è si costruisce insieme, anche grazie ai piccoli gesti, anche con uno sfioramento di dita. È attraverso questa tenerezza fatta di sguardi, sfioramenti e baci, che Oseman e Lyn costruiscono un corridoio empatico che accompagna lo spettatore adulto a ritroso nel tempo, in mezzo a quel turbinio di sensazioni nuove, bellissime e spaventose, mentre i più giovani trovano la propria rappresentazione in una realtà dove, oltre al dolore, si sperimentano l’accoglienza e la gentilezza.
Olivia Colman è davvero una mamma da Oscar
Probabilmente la capacità di toccare corde così intime è uno degli elementi che ha contribuito al successo dello show, e che lo rende un prodotto intergenerazionale rivolto ai teen ager quanto agli adulti. Vale qui la pena ricordare la partecipazione dell’attrice premio Oscar Olivia Colman − qui nei panni della madre del giovane rugbista Nick −, che segue il figlio da una ravvicinata distanza, senza mostrarsi invadente e rispettando i tempi del ragazzo, che le parlerà della sua bisessualità in un ambiente protetto e sereno. Una scena dolce, intima e avvolgente che ben riflette l’essenza di tutto lo show.
E voi cosa ne pensate di questo? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo la recensione insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!
Conclusioni
La serie ideata e scritta da Alice Oseman ci regala una rappresentazione dell’universo adolescenziale LGBTQ+, in cui temi delicati come la presa di coscienza della propria sessualità, il coming out e il bullismo vengono trattati con un tatto e una leggerezza che ne esaltano gli aspetti più intimi senza però oscurare gli aspetti problematici.
-
Voto ScreenWorld