C’è un piacere primigenio che spinge noi spettatori a premere Play e iniziare la visione di un film horror. È il piacere di provare un brivido, di sentirci indifesi, di assistere attraverso lo sguardo all’indescrivibile malsano lato b della vita. È la voglia di provare una serie di sensazioni che ci fanno scaricare adrenalina, attraverso un meccanismo perverso che ci fa provare godimento nel batticuore. La voglia di rimanere in tensione, di lasciarci abbindolare da un senso di insicurezza per puro gioco.
Guardare un horror è forse l’azione più ludica che possiamo provare in campo cinematografico e, di conseguenza, è quella più attiva. Quando guardiamo un horror reagiamo, ci svegliamo, partecipiamo (e, in un mondo un po’ naïf, saremmo pronti a dare consigli ad alta voce ai protagonisti del film su cosa dovrebbero fare e dove non dovrebbero mettere piede).
Che succede, però, se il genere più libero, anarchico e provocatore possibile finisce per accomodare lo spettatore? Il castello di carte crollerebbe in fretta, il gioco si trasformerebbe in una lezione, il bambino che è in noi lascerebbe spazio a un adulto rigido e algido. Come vedremo nella nostra recensione di Goodnight Mommy, remake dell’omonimo film austriaco del 2014, il film disponibile su Prime Video con protagonista Naomi Watts tenta i tutti i modi di ammaliare lo spettatore, ma finisce per cantargli una canzone della buonanotte, cullandolo nella piena passività di un sonno senza sogni. E, quindi, senza cinema.
Goodnight Mommy
Genere: Thriller/Horror
Durata: 97 minuti
Uscita: 16 settembre 2022 (Prime Video)
Cast: Naomi Watts, Cameron Crovetti, Nicholas Crovetti
Una trama interessante…
Si sa, la mamma è sempre la mamma. O almeno così credevano i due gemelli Lukas ed Elias, portati dal padre nella casa di campagna della madre che non vedono da tempo. Celebre attrice, sottoposta a un intervento chirurgico, la donna accoglie con una certa freddezza i figli, costretta a indossare una serie di bende che le coprono il volto. Che fine ha fatto quella madre calorosa che conservava i disegni dei propri bambini, che cantava loro dolci filastrocche prima di addormentarsi, che – per dirla brutalmente – voleva loro bene?
Non è quella la madre che Lukas ed Elias ricordavano, tanto che in loro inizia a formarsi un pensiero sempre più opprimente e pesante: e se quella nascosta sotto le bende non fosse la loro vera madre, ma un’impostora?
Il soggetto del film è interessante e, soprattutto all’inizio, incuriosisce parecchio. Gli ingredienti per giocare sia con il thriller psicologico che con l’horror gotico (data l’ambientazione rurale, seppur ai giorni nostri) ci sono tutti e la scelta di concentrarsi quasi completamente sui due gemelli protagonisti, interpretati da Cameron e Nicholas Crovetti, darebbe al film un punto di vista inusuale e particolarmente adatto per regalare brividi e una tensione crescente. Perché la sensazione di non avere in casa la propria madre è un’idea sicuramente torbida, che potrebbe mettere a disagio ogni singolo spettatore, eppure più il film procede più ci si rende conto che manca quel quid che potrebbe rendere il racconto davvero malsano.
…sviluppata senza mordente
Quel quid, purtroppo, riusciamo a definirlo, ed è la regia. Senza un guizzo creativo come la storia e il genere richiederebbero, impalpabile e davvero canonica, Matt Sobel normalizza eccessivamente tutto il racconto, non riuscendo a donare alle immagini quel clima davvero teso che servirebbe allo spettatore non solo per interessarsi maggiormente alla trama, ma anche per donare alla storia una dimensione quantomeno accettabile.
Un esempio è nell’effetto dissonante tra immagini e colonna sonora: mentre le note dei violini di Alex Weston cercano un clima teso e spaventoso, ciò che compare sullo schermo sembra totalmente scollato dal contesto, incapace di trasmettere un minimo di tensione come, invece, il sonoro farebbe presagire. Si cerca di spaventare gli spettatori (anche con l’utilizzo di alcuni jump scares tali solo di nome), ma a mancare di forza ed energia sono proprio le immagini.
E così, la visione si fa via via sempre meno intrigante e non basta un colpo di scena finale, che potrebbe rimettere in prospettiva quanto abbiamo visto, per risvegliarci da un torpore asettico e anestetizzante.
Tra cast e scrittura
Con un cast ridotto all’osso (tre protagonisti, più una manciata di personaggi davvero troppo secondari), Goodnight Mommy si basa tutto sull’interpretazione della sua star Naomi Watts, più efficace quando coperta dalle bende. Il talento di Watts non lo scopriamo certo oggi e, soprattutto nelle fasi iniziali, il suo personaggio si dimostra capace di tenere alta l’attenzione del pubblico, perdonando la coppia di protagonisti che non sempre funzionano a dovere, costretti a interpretare un ruolo troppo ingombrante e dal peso maggiore rispetto alle loro capacità. Proseguendo nella visione, anche la madre cede le proprie energie, lasciando Watts quasi a briglie sciolte e senza una mano decisa che sappia guidarla a dovere.
Il problema è soprattutto nella scrittura, a volte troppo ridondante, e in altri casi talmente esplicita e didascalica da risultare prevedibile. Persino le urla e i momenti più nevrotici non mordono a dovere. Quello che poteva essere un film basato sull’equilibrio (come l’originale austriaco, di ben altra caratura) si dimostra presto uno di quei tanti remake horror americani poco interessanti, che faticano addirittura a trovare una loro sincera natura persino nei cataloghi delle piattaforme streaming.
Storie che dovrebbero toglierti il sonno per il piacere di farlo, e che invece si trasformano in accomodanti storie della buonanotte, per piacevoli sonni e un buon riposo.
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La recensione in breve
Il remake americano di Goodnight Mommy non riesce a costruire una bella atmosfera e un bel senso del racconto nonostante le premesse. Manca di una scrittura equilibrata e, soprattutto, di una mano decisa e creativa in cabina di regia. Naomi Watts funziona nella prima parte, prima che il film ceda il passo a un eccessivo didascalismo e a una soluzione prevedibile che non coinvolge né affascina.
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Voto ScreenWorld