Rieccola. Puntuale come le tasse e la pioggia a Pasquetta, ecco rispuntare la solita definizione che accompagna una serie tv almeno una volta all’anno: “l’erede di Lost”. Come se fosse un’etichetta da appiccicare per forza su qualche show per alzare l’asticella delle aspettative e crearle clamore attorno. È successo per l’ennesima volta con l’arrivo dei Il problema dei 3 corpi su Netflix. La misteriosa serie tv firmata dagli autori di Game of Thrones promette di seminare punti interrogativi e mettere alla prova la materia grigia del pubblico e tanto è bastato scomodare l’isola di Lost e i suoi celebri misteri. Ma perché ci danniamo così tanto l’anima a trovare l’erede di Lost? E soprattutto qualcuno è mai riuscito a rubarle la corona? Secondo noi no. E adesso vi spieghiamo perché.
Il problema degli eredi
Partiamo da una domanda fondamentale: cosa significa essere l’erede di Lost? Domanda semplice per una risposta complessa, ma proviamo a orientarci. Dal giorno del suo controverso finale che ha diviso il pubblico nel 2010, le serie tv associate a Lost hanno avuto due tratti in comune: il mistero e la coralità. Per essere associati a Lost, quindi, serve intrigare il pubblico con una narrazione criptica che lascia chi guarda in sospeso, in balia di domande senza risposte facili. E se questi punti interrogativi toccano tanti personaggi simili a tessere di un puzzle da completare, tanto meglio. Bene, nel corso degli ultimi quattordici anni le serie marchiate a fuoco dal bollino “erede di Lost” sono state tante. Proviamo a ricordarle tutte.
Tra il 2009 e il 2010 il testimone sembrava passato naturalmente tra le mani dell’ambiziosa FlashForward, che dopo un pilot intrigante si è rivelata un deludente bluff. Nel 2014 Damon Lindelof (autore di Lost) illude tutti con la mistica e intrigante The Leftovers che per noi resta una grande serie tv incompresa, perché purtroppo non è stata capace di sollevare il clamore mediatico di Lost. Anche se gli ingredienti c’erano tutti. Destino simile per la raffinatissima Westworld, che dopo una prima stagione quasi miracolosa non è riuscita a mantenere le grandi promesse.Nel 2019 è Netflix a fonderci il cervello con l’ottima Dark che l’eredità di Lost non l’ha saputa raccogliere anche per colpa di un grande nemico: il binge-watching (ma su questo torniamo presto). L’ultima erede prima dell’arrivo de Il problema dei tre corpi era stata Yellowjackets, dove il disastro aereo alla base della storia ha solleticato ancora di più l’inevitabile paragone. Anche il quel caso, però, dopo il clamore iniziale la serie non ha saputo uscire dal suo gradimento di nicchia. Quindi ora l’altra domanda è: perché è così difficile essere l’erede di Lost?
I tempi dell’isola
L’eredità è pesante (e sfuggente) perché il successo di Lost va molto oltre i misteri, i personaggi e i meriti della serie tv. Perché quel fenomeno è legato ai tempi in cui abbiamo visto e amato Lost. “Altri tempi” diremmo con orgoglio nostalgico. Tempi lontani, visto che parliamo di una parantesi che va dal 2004 al 2010. Tempi meno frenetici, meno pieni di roba da vedere e soprattutto basati su un tacito patto col pubblico che era disposto a fare una cosa ormai rarissima: aspettare. Il rilascio settimanale è stata la chiave del successo di Lost. Il tempo vuoto tra un episodio e l’altro era riempito da teorie, confronti, siti e forum stracolmi di utenti impazziti. Ecco, la grandezza di Lost è stata nel diventare una serie social prima dell’esplosione dei social. All’epoca successe una cosa molto rara: il pubblico si specchiò nei superstiti del volo Oceanic 815. Stesso smarrimento, stesso bisogno di stare insieme per capire e provare ad andare avanti. Da solo eri un naufrago.
E allora dovevi condividere l’esperienza di visione, confrontarti, mettere in piazza teorie, ragionamenti, punti di vista. Parlavi, discutevi, ti incazzavi, rimanevi spiazzato da qualcosa a cui tu non avevi proprio pensato. E ogni volta ne venivi fuori arricchito, magari confuso, stimolato in qualche modo. Infatti per capire cosa diavolo stesse succedendo sull’isola, bisognava stare uniti nei forum, parlare, discutere e litigare nei blog o tra i banchi dell’università. Era un’epoca in cui anche cercando le risposte il pubblico veniva affascinato dalle domande. Erano loro infatti a tenere vivo il fuoco sull’isola. Certo, la narrazione misteriosa di Lost ha tirato molto (troppo?) la corda e rischiato tanto. Infatti alcuni spettatori l’isola l’hanno abbandonata. Stanchi dei punti interrogativi, forse. Perché Lost ci ha messo alla prova. Ci ha chiesto se siamo “gente di fede” o “gente di scienza”. Se teniamo più al cuore dei personaggi o alla coerenza della storia. Nonostante le assurdità, i buchi di trama, le domande senza risposta, i “dobbiamo spostare l’isola”, noi abbiamo scelto la Fede. Come quella di Penny e Desmond, che credono sempre e comunque. Come chi attende una telefonata per 8 anni solo perché qualcuno lo aveva promesso. Ecco perchè; anche dopo 20 anni, Lost non smette di essere una costante.
Sulla scia di Lost
Insomma, oggi scrivere un’ottima storia con personaggi a cui affezionarsi non basta per diventare l’erede di Lost. Perché il come si guarda una serie è troppo determinante sulla percezione della serie stessa. In un’epoca dominata dal binge-watching, dall’isteria spoiler e dalla voracità del tutto e subito, pazientare e far crescere quel senso di attesa e unione tra spettatori appassionati è diventato quasi impossibile. Negli ultimi 20 anni forse soltanto due serie ci sono riuscite, ma in modi completamente diversi da Lost: Stranger Things e Game of Thrones.
La prima, nonostante il binge-watching (non a caso limitato con la quarta stagione, uscita in due blocchi seperati), ha saputo unire nostalgia, intrigo e horror per creare una sua mitologia derivativa e allo stesso tempo originale, appassionando più generazioni. Il Trono di Spade, invece, è stato senza dubbio il più grande fenomeno televisivo dopo Lost, tanto da trasformare la sua sigla in una specie di sacro inno nazionale. Facendo leva su altri pregi, la serie HBO ha creato un’epica coinvolgente e un senso di appartenenza fortissima in cui il pubblico si riconosceva stagione dopo stagione. Due grandi fenomeni, che proprio nel loro essere tanto distanti da Lost, ci ricordano che forse dovremmo smetterle di cercare il suo erede. Semplicemente perché è quasi impossibile.
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