Neil Gaiman, autore dei fumetti su cui si basa The Sandman, ha parlato della nuova serie Netflix, sottolineando la poca presenza di CGI al suo interno. “Rimarreste stupiti dal sapere quanta poca CGI sia stata usata per realizzarla“, ha infatti dichiarato in una nuova intervista con IndieWire. Gaiman e lo scenografo Jon Gary Steele hanno inoltre raccontato come lo show abbia utilizzato le sue opere come guida, riuscendo però a costruire dei propri mondi.
L’impatto che The Sandman ha avuto sull’universo dei fumetti lo conosciamo tutti e, stando ai giudizi entusiasti della critica, la nuova serie Netflix basata sui lavori di Neil Gaiman è riuscita a rendere giustizia alla grandezza dell’opera originale. Per l’adattamento delle avventure del Signore dei sogni (Tom Sturridge) attraverso il tempo e lo spazio, una delle principali decisioni creative riguardava quanto da vicino questo “Sandman” avrebbe dovuto, o addirittura potuto, rispecchiare lo stile del i fumetti. Cosa si sarebbe potuto creare al posto degli scenari astratti ed iconici che solo il particolare formato di parole e immagini sequenziali dei fumetti può fornire?
La risposta arriva dallo scenografo Jon Gary Steele che, durante una recente intervista, ha scherzato sul fatto che sarebbe stato licenziato se avesse realizzato set che sembravano semplici schizzi del fumetto Sandman. Ma è comunque sempre stato il punto di contatto da cui il team creativo ha tratto ispirazione per il design della serie. “Avevi set come la soglia di Desiderio che, sapete, sono un paio di scarabocchi nella graphic novel“, ha detto Steele, aggiungendo: “E ricordo di aver parlato con il co-creatore Alan Heinberg. Avevo appena stampato un mucchio di edifici degli anni ’60 a forma di ameba, e ho detto: ‘Voglio renderlo come l’interno di un cuore’ e lui mi ha dato il via libera“.
In effetti, il covo di Desiderio è tutto rosso, con forme curve e piegature, difficile da definire ma comunque capace di rispecchiare la personalità machiavellica del personaggio. Neil Gaiman si è detto felicissimo per il fatto di avere un nuovo mezzo all’interno del quale esplorare la storia. Ha infatti spiegato: “Quando scrivo un fumetto, ho comodamente 24 pagine. Ho sei pannelli per pagina, ma dovrò anche avere alcune pagine con pannelli più grandi. Posso però inserire un massimo di 35 parole in un pannello, prima che diventi tutto troppo disordinato“.