Painkiller, la nuova miniserie Netflix racconta la storia vera della commercializzazione dell’Oxycontin, un oppiaceo a basso costo, a base di ossicodone, in grado di causare un forte senso di dipendenza, da parte della Purdue Pharma, di proprietà della famiglia Sackler. Il tutto attraverso le storie di personaggi inventati, in sei episodi, con Matthew Broderick, Taylor Kitsch e West Duchovny, basata sul saggio Pain Killer di Barry Meier e sull’articolo The Family That Built The Empire Of Pain,
Nel 1952, i fratelli Arthur e Raymond Sackler, acquistarono la Purdue Frederick, una piccola compagnia farmaceutica, e la trasformarono nel giro di pochi anni, in uno dei nomi di punta nel mercato della produzione e della vendita di farmaci. Nel 1996, anno in cui iniziò la produzione dell”Oxycontin, i Sackler, con in testa Richard, erano una delle famiglie più in vista degli Stati Uniti d’America, all’epoca, nel novero della Purdue era già presente un prodotto dal funzionamento analogo, l’MS Contin, a base di morfina, il cui brevetto era però in scadenza. I Sackler decisero quindi di produrne una versione riveduta e corretta, molto più economica, a base di ossicodone, una molecola sintetica oppiode.
Il principio di utilizzo rimaneva però il medesimo; rilascio controllato, e diluito nel tempo, all’interno dell’organismo. Grazie a una mirata operazione di marketing, l’Oxy, come sarebbe poi stato familiarmente chiamato, avrebbe in breve tempo dominato il mercato degli oppiacei negli Stati Uniti d’America. Prima dell’avvento dell’Oxycontin, infatti, i medici erano generalmente restii a prescrivere liberamente oppiacei con funzione antidolorifica, a causa delle ben note proprietà di assuefazione (in inglese si usa il termine addictive=che dà dipendenza, ndr) di questi preparati. Il nuovo farmaco, tuttavia, venne presentato al pubblico come “sostanzialmente non in grado di produrre assuefazione”, proprio grazie alla modalità di assorbimento prolungato.

Un diktat che i venditori rappresentanti ricevevano dall’alto, e riportavano alla lettera. Secondo la testimonianza di un informatore farmaceutico, la campagna di vendita era imperniata su affermazioni come “Si ritiene che la modalità di somministrazione riduca il potenziale abusivo del farmaco”. E proprio su quel “si ritiene” la Purdue avrebbe incentrato molte delle difese negli innumerevoli processi (almeno uno in 48 diversi stati americani) nei quali avrebbe figurato come imputata.
Ben presto, infatti, la facile reperibilità e le intrinseche qualità, resero questo prodotto uno degli oppioidi più utilizzati dagli americani. Ma quando, agli inizi del 2000, i medici curanti cominciarono a sconsigliare l’uso dell’Oxy, persuasi dai gravi effetti sull’organismo, molti di coloro che già avevano sviluppato una dipendenza, passarono rapidamente al mercato degli oppiacei illegali, come l’eroina o l’ancor più pericoloso fentanyl. Stime recenti parlano di una media di 1500 vittime settimanali legate a questo farmaco negli Stati Uniti. Negli anni una miriade di cause civili intentate dalle vittime di quest’epidemia ha investito i Sackler, che comunque non sono mai stati penalmente condannati per alcun reato;
Nonostante tutti gli sforzi, i Sackler e con loro la Purdue Pharma, nel 2007, dopo essersi dichiarati colpevoli di “scorretto etichettamento” sono stati condannati al pagamento di un risarcimento pari a 635 milioni di dollari. Nel 2019, dopo aver presentato istanza di bancarotta, i Sackler hanno ottenuto una liquidazione pari a 6 miliardi di dollari; di questo denaro, 750 milioni sono stati devoluti alle famiglie delle vittime e dei morti per overdose da oppiacei.