Compratevi il Gattopardo!
Sono queste le parole di zia Amelia nella commedia di Eduardo De Filippo, Sabato, Domenica e Lunedì. Il romanzo era un tale caso editoriale da essere citato perfino da uno dei drammaturghi più grandi al mondo e per bocca di un personaggio femminile che inneggia al progresso e prende come esempio proprio il romanzo in questione. Del Gattopardo si parla da sempre e ancora oggi è grande oggetto di discussione, soprattutto in questi giorni data l’uscita della serie, rilasciata lo scorso 5 marzo da Netflix: Il Gattopardo, diretta da Tom Shankland, di produzione italo – inglese. Il romanzo intorno al quale potremmo stare a parlare ore affrontando i diversi temi che lo riguardano fu scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa tra il 1956 e il 1957 e pubblicato postumo da Feltrinelli nel 1958, grazie all’intercessione dello scrittore Giorgio Bassani. La storia del romanzo, infatti, fu particolarmente travagliata e l’autore purtroppo non fece in tempo a vedere il Premio Strega che il romanzo vinse l’anno dopo la pubblicazione e il film di Luchino Visconti uscito nel 1963 e vincitore della Palma d’oro a Cannes.
Pensate che il padre del regista è stato insegnante di letteratura italiana e proprio Il Gattopardo è stato uno dei suoi romanzi preferiti
Insomma più che un romanzo quest’opera è un pezzo di storia, non solo per ciò che rappresenta in quanto opera d’arte replicabile in altre forme, ma anche perché è state ed è ancora oggetto di riflessioni. Il regista inglese Tom Shankland ha avuto tra le mani una vera e propria patata bollente, poiché i paragoni sono arrivati inesorabili, non solo con uno dei capisaldi della letteratura italiana, ma anche con uno dei film che hanno fatto la storia del cinema.
Insomma, sul web i fan si sono scatenati e della serie Netflix se ne sta discutendo ancora molto, ma quali sono in effetti le differenze tra Il Gattopardo serie Tv e i suoi precedenti libro e film?
Questo articolo contiene spoiler.
La trama de Il Gattopardo
Dal punto di vista della storia in sé, in realtà la serie aderisce al romanzo e a sua volta al film, poiché la trama è praticamente la stessa, con l’unica differenza che alcuni personaggi sono meglio approfonditi, rispetto ad altri.
Il Gattopardo (romanzo) racconta la storia di Fabrizio Corbera, Principe di Salina, uomo colto e carismatico, appassionato di astronomia e consapevole del declino della nobiltà. Con lo sbarco di Garibaldi in Sicilia, la borghesia prende il sopravvento, mentre l’aristocrazia si ritira in una posizione sempre più marginale. L’annessione dell’isola al Regno di Sardegna, sancita da un plebiscito unanime, segna il definitivo tramonto dell’antico ordine. Alla morte del Principe Fabrizio, la dinastia dei Salina sopravvive attraverso le sue figlie, Carolina, Concetta e Caterina.
Il romanzo si concentra dunque molto sulla storia e sul declino della nobiltà con il conseguente avvento della borghesia, puntando sul grande cambiamento politico e sociale seguente all’Unità d’Italia. Pur riferendosi a un’epoca passata il romanzo risultava assai attuale alla fine degli anni Cinquanta, quelli del dopoguerra, che stavano per cedere il passo ai rivoluzionari anni Sessanta, quelli del Boom economico e delle prime contestazioni giovanili. Da questo punto di vista lo stesso film di Visconti del 1963, realizzato fedelmente rispetto al romanzo era a suo modo attuale.
La serie si rifà agli stessi temi del romanzo, il potere e l’amore, il prezzo del progresso per il quale l’uomo si vede costretto a sacrificare qualcosa e le dinamiche politiche tra la nobiltà e il nuovo Stato. Tuttavia proprio perché la serie è stata prodotta oggi in un periodo storico altrettanto particolare come fu quello degli stessi eventi del romanzo (il 1860) e quello tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta, ovviamente gli autori e il regista hanno pensato di adattarlo al pubblico contemporaneo.
La prima novità e differenza sostanziale tra romanzo e film con la serie sta nell’approfondimento del personaggio di Concetta (Benedetta Porcaroli), la figlia del Principe di Salina (Kim Rossi Stuart), innamorata di Tancredi (Saul Nanni), che nel finale con un moto di indipendenza e di libertà sceglie di rinunciare ad un matrimonio conveniente con un altro uomo (il conte Bombello) e di amministrare la tenuta di famiglia e i suoi possedimenti dopo la morte del padre.
Questo atto femminista è una scelta precisa che vuole parlare proprio ad un determinato pubblico, soprattutto alle nuove generazioni.
Le location del Gattopardo

Come nel film di Luchino Visconti, anche la serie Netflix vede la maggior parte delle location in Sicilia, alcune di queste coincidono con il film.
Palazzo Salina: sia Luchino Visconti che Tom Shankland hanno scelto un’antica residenza settecentesca, Villa Boscogrande, a Palermo, situata alle pendici del Monte Pellegrino.
Residenza estiva dei Salina: Il palazzo è situato nel feudo immaginario di Donnafugata, ricerato a Ciminna, in provincia di Palermo ed è la stessa location usata nel film.
La famosa scena del ballo: Diversa è, invece, la location del ballo che nella serie vede la sala da ballo all’interno di Palazzo Biscari, a Catania, anche questa risalente al Settecento, mentre nel film era a Palazzo Valguarnera-Gangi a Palermo.
Costumi e scenografie del Gattopardo e il perfezionismo di Visconti

Notoriamente Luchino Visconti fosse un perfezionista, talmente attento ai dettagli che perfino nel mobilio facente parte delle scenografie i cassetti dovevano essere riempiti con tessuti, merletti, biancheria e corredi in generale di vero pizzo corrispondente alla tipologia usata dai nobili siciliani del 1860. I costumi non erano da meno.
Da un punto di vista tecnico la macchina da presa non sarebbe mai arrivata a registrare un simile dettaglio, ma Visconti sì e non poteva sopportarlo. Così, vicino al palazzo dove si girava la scena il regista fece impiantare una lavanderia con cinquanta lavoranti.
Visconti esigeva inoltre che le centinaia di comparse impiegate nella scena del ballo indossassero guanti perfettamente bianchi. Durante le riprese faceva un caldo insopportabile che portava gli uomini inguantati a bagni di sudore che inevitabilmente ingiallivano il tessuto bianco del guanto.
Per il film Il Gattopardo il costumista Piero Tosi impiegò 393 costumi, nella serie naturalmente ce ne sono voluti un po’ di più, 400 abiti e circa 2000 scarpe ma c’è una piccola cosa in comune con il film. A occuparsi dei costumi della serie sono stati Edoardo Russo e Carlo Poggioli, quest’ultimo allievo proprio di Tosi.
Sempre nella scena del ballo Visconti esigeva che lo champagne servito avesse la stessa temperatura che aveva durante i balli aristocratici dell’epoca e cioè circa sette gradi, ma mantenerlo così freddo su un set cinematografico e per giunta con quel caldo era pressocché impossibile e così Visconti chiedeva che la bevanda venisse tenuta fresca con secchi di ghiaccio che venivano continuamente portati sul set e le bottiglie dovevano essere inoltre sostituite continuamente. Il regista ripeté la scena finché i gesti dei camerieri, la brillantezza dei bicchieri, il suono delle bollicine e i guanti bianchi non fossero stati perfetti. Per girare quella scena ci sono voluti 35 giorni.
Il finale de Il Gattopardo

Abbiamo già detto che il film aderisce molto al romanzo, restando fedele non solo al racconto ma anche alla ricostruzione storica. La serie invece si prende una licenza narrativa non da poco, di cui abbiamo già accennato, incentrando il perno della narrazione intorno alla figura di Concetta alla quale viene affidata poi la sorte dei Salina.
Il romanzo si chiude nel 1910 con le tre figlie del Principe che, a seguito della morte del padre, rimaste nubili rivendicano le reliquie di famiglia, le stesse reliquie che in un’immagine molto simbolica vengono gettate tra i rifiuti insieme alla pelliccia del cane Bendicò, un chiaro riferimento al tramonto di un’epoca e di una classe sociale che non aveva più posto nel nuovo mondo che si apprestava a fare la sua comparsa. Ricordiamo che gli anni ’10 hanno di fatto rappresentato gli ultimi fuochi della nobiltà che sarebbe scomparsa del tutto con le due guerre mondiali.
Insomma il libro non lascia speranza alcuna, mentre la serie rivolgendosi a un pubblico giovane e strizzando l’occhio all’indipendenza e libertà della donna contemporanea, affida il futuro alla figura di Concetta.
La maggiore delle figlie Salina incarna da sola il futuro e rappresenta una sorta di femmista ante-litteram. Rifiutando in sposo il conte Bombello (Alessandro Sperduti) afferma la sua indipendenza e firma la propria libertà, diventando di fatto la nuova guida per la famiglia. Sarà proprio lo stesso Principe Fabrizio, in punto di morte, a chiedere a sua figlia di amministrare gli affari di famiglia affinché nulla vada perduto e finisca nell’oblio.
La mafia

Fra gli argomenti de Il Gattopardo, oltre alla questione della decadenza della nobiltà verso una morte lenta che sarebbe terminata definitivamente con le due guerre mondiali, un’altra questione fondamentale è quella della mafia. Tomasi di Lampedusa nel suo romanzo affronta l’annosa questione raccontando l’affiorare di una nuova specie di uomini, attraverso la figura del sindaco Calogero Sedara (Francesco Colella), padre di Angelica. L’uomo di basso rango compie a poco a poco la scalata sociale e si prende tutto quello che può. Quando raggiunge l’ambita ricchezza non pago continua a esercitare un forte potere sugli altri arrivando all’estorsione e alle minacce, servendosi del brigantaggio. I briganti e le prime forme di mafia si facevano largo negli spazi lasciati vuoti da alcune figure siciliane di spicco, approfittando del caos causato dall’Unità.
Come nel romanzo, anche nella serie Netflix viene affrontata la questione, in un interessante dialogo tra il Principe Fabrizio e lo stesso Sedara. Il primo dice al secondo che non sarà mai sazio e l’altro lo affronta dicendo che la sua specie, gli sciacalli e le iene che spolpano le prede (come li definisce lo stesso Principe) di lì a duecento anni ci saranno ancora, mentre i gattopardi e i leoni (ossia i nobili) avranno fatto il loro tempo.
Con poche battute, sia nel romanzo che nella serie Tv si fa dunque riferimento ad una questione attuale al tempo della pubblicazione del romanzo e purtroppo contemporanea.
La staticità e il progresso

Una cosa è certa tutte e tre le versioni del Gattopardo concentrano la morale della storia su una frase chiave applicabile a ogni epoca storica, nonché il vero insegnamento che ci ha lasciato Tomasi di Lampedusa. Ritorniamo dunque alla frase di apertura:
Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi
Dietro questa semplice frase c’è un mondo, essa è applicabile ai moti del 1860 che hanno portato all’Unità d’Italia, allo stesso tempo è applicabile all’avvento del Boom economico ma soprattutto alle contestazioni giovanili degli anni Sessanta e infine all’indipendenza e libertà d’espressione della donna, e al subentrare dei giovani nel mondo del lavoro, un naturale ricambio generazionale a cui si fa riferimento nella serie.
In un certo senso le tre diverse versioni della stessa storia, (romanzo, film e libro) altro non fanno che applicare questo monito alla contemporaneità in cui ciascuna opera è nata. Anche dal punto di vista artistico in senso stretto, restare legati alle versioni classiche e quindi come in questo caso ancorarsi al film di Visconti affermando che è la migliore versione possibile del Gattopardo equivale a restare immobili come furono immobili i nobili siciliani che non accettarono il cambio del vento.
La serialità contemporanea, lo streaming e l’evoluzione della narrazione oggi altro non fanno che esercitare il cambiamento, fare tesoro dei classici e adattarli al presente per parlare del nuovo che avanza.