Evan Peters parla di Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer, la recente serie Netflix di Ryan Murphy, rivelando il processo tramite il quale è entrato nella parte e le cose fatte, alla fine delle riprese, per scrollarsela di dosso. Nello show in questione, l’attore 35enne ha interpretato uno dei serial killer più spietati e controversi della storia, e questo fa ben intendere quanto il ruolo possa essere stato impegnativo per lui, soprattutto a livello psicologico.
“Facendo questo ruolo, volevo metterci il 120% fino in fondo, quindi ho incanalato molta oscurità e negatività“, ha detto Evan Peters su Mostro: la storia di Jeffrey Dahmer, come riportato da The Hollywood Reporter. L’attore ha quindi anche rivelato cosa lo abbia aiutato a lasciarlo andare: “Si trattava solo di avere quell’obiettivo finale ben fissato nella mente, sapere quando avremmo finito e quindi quando finalmente sarei stato in grado di respirare e lasciarlo andare e dire: ‘OK, ora è il momento di portare dentro di me gioia e leggerezza, guardare commedie e romanzi, tornare a St. Louis, vedere la mia famiglia ed i miei amici e sì, guardare anche Fratellastri a 40 anni“.
Come riportato da Variety, Ryan Murphy, dal canto suo, afferma che Evan Peters è rimasto nel personaggio di Jeffrey Dahmer “per mesi” per prepararsi alla serie. Sebbene Evan Peters e Ryan Murphy abbiano lavorato insieme per anni, Peters era “terrorizzato” all’idea di affrontare lo show di Netflix. “Sono stato davvero indeciso sul fatto che dovessi farlo o meno. Sapevo che sarebbe stato incredibilmente oscuro ed una sfida incredibile“, ha detto Evan Peters durante un panel con Murphy ed i co-protagonisti Niecy Nash e Richard Jenkins. Ha anche detto che, quando gli sono state inviate le sceneggiature, ha guardato l’intervista di Dahmer del 1994 su Dateline per “immergersi nella psicologia di quel lato estremo del comportamento umano“.
Ryan Murphy ha detto che, durante i quattro mesi di preparazione ed i sei mesi di riprese, Evan Peters indossava pesi di piombo intorno alle braccia per abbassare la fisicità di Dahmer e “sostanzialmente è rimasto in questo personaggio, per quanto difficile sia stato, per mesi“. “Lui ha una schiena molto dritta. Non muove le braccia quando cammina, quindi mi sono messo dei pesi sulle braccia per vedere come ci si sentisse. Ho indossato le scarpe del personaggio, i suoi jeans, i suoi occhiali, avevo sempre una sigaretta in mano“, ha spiegato Evan Peters, aggiungendo: “Volevo che tutte queste cose fossero una seconda natura quando stavamo girando, quindi ho guardato molte riprese ed ho anche lavorato con un dialect coach per abbassare il tono della voce. Il modo in cui parlava era molto distinto ed aveva un suo dialetto. Così ho anche creato questo materiale audio di 45 minuti, che è stato molto utile. L’ho ascoltato ogni giorno, nella speranza di imparare il suo modo di parlare, nel tentativo di entrare nella sua mentalità. È stata una ricerca esauriente, cercavo di trovare momenti privati, momenti in cui non sembrasse imbarazzato, in modo da poter dare un’occhiata a come si comportava prima di queste interviste e della prigione“.
Le parole di Evan Peters appaiono assolutamente comprensibili, considerato il soggetto in questione. Quello di Jeffrey Dahmer è un profilo psicologico estremamente controverso, quasi impossibile da decifrare e comprendere per la maggior parte degli altri esseri umani.