Con il sesto episodio di Moon Knight si è chiuso un racconto molto particolare del Marvel Cinematic Universe. O meglio, si è chiusa la prima parte di quel racconto, poiché difficilmente non assisteremo al ritorno di Marc Spector in una seconda stagione. Seconda stagione che partirebbe dagli elementi di questa prima annata, un’origin story che ha il pregio di essere interamente situata nel proprio angolino di MCU, senza crossover di qualunque tipo (salvo un rimando a Black Panther quando si parla dei mondi dopo la morte nel quinto capitolo). Un racconto a base di mitologia egiziana, le cui implicazioni per i personaggi principali sono molto interessanti, ragion per cui vogliamo parlarne in questa spiegazione del finale di stagione, post-credits incluso. Attenzione, seguono spoiler!
Chi fa da sé fa per tre
Per l’intera durata di Moon Knight abbiamo visto da vicino il conflitto interno fra Marc Spector e Steven Grant, due personalità che si contendono lo stesso corpo in seguito a traumi profondi che risalgono all’infanzia. A questo si aggiunge il terzo incomodo, il dio lunare Khonshu, di cui Spector è l’avatar tramite un accordo che il diretto interessato non sopporta più. Un accordo che viene rivisto prima della battaglia finale, con una clausola importante: una volta sconfitto Arthur Harrow (e con lui la dea Ammit, imprigionata per sempre nel suo involucro umano), Khonshu scioglierà ogni vincolo che lo legava a Marc (e, per associazione, Steven). Detto, fatto: i due si ritrovano a convivere nell’appartamento londinese di Steven, senza preoccupazioni particolari dal momento che hanno imparato a coesistere pacificamente nello stesso corpo. O almeno così credevano…
Il vero terzo incomodo
Il pantheon egizio è tornato come prima, Ammit è nel corpo di Harrow, e Khonshu è un lontano ricordo. Giusto? Sbagliato. Ecco che arriva un mid-credits che conferma quanto già suggerito con degli indizi visivi negli episodi precedenti: c’è (almeno) un’altra personalità nel corpo di Marc, di cui lui e Steven sono all’oscuro. Si chiama Jake Lockley, parla spagnolo, ed è molto più brutale degli altri due. Ed è ancora in combutta con Khonshu, che ha sfruttato la mentre frammentaria di Marc per aggirare il patto: su richiesta del dio lunare, Jake preleva Harrow da un ospedale psichiatrico e lo uccide per garantire che Ammit non torni mai più. Marc è ora il proprio peggiore nemico, perché prima o poi la verità verrà a galla, e con essa un conflitto interiore ancora più violento, orchestrato da Khonshu che adesso si presenta come vero villain della storia.
L’accettazione di sé
Mentre Marc dovrà capire se può accettare sé stesso con questa nuova svolta, problemi simili non se li pone Layla. La moglie di Marc, infatti, è pienamente a proprio agio nel suo nuovo ruolo di supereroina, avendo accettato di essere l’avatar della dea Taweret. Lo show non lo dice esplicitamente, ma gli autori hanno chiarito che l’intento è di renderla la versione MCU di Scarlet Scarab, dando al mondo arabo una figura eroica in cui il pubblico possa riconoscersi, elemento ribadito quando Layla risponde fieramente “Sì” a una bambina che le chiede “Sei un supereroe egiziano?”. Una scelta che contribuisce all’espansione del franchise al di fuori del continente nordamericano. Espansione che abbraccia lo spettacolo e l’introspezione, ribadendo l’importanza dei giusti spazi per entrare nella mente dei protagonisti. E considerando quella di Marc, avere a disposizione sei ore anziché le due di un lungometraggio si è rivelato un vantaggio notevole.