Dell’arcobaleno rimane impressa la meraviglia dell’insieme. I singoli colori che lo compongono contano poco. È quello che avrà pensato Eric Garcia, ideatore di una nuova Netflix in cui ogni episodio può essere visto in modo casuale, senza seguire un ordine preciso. Ognuna delle otto puntate è associata a un colore, ma il puzzle lo costruisce lo spettatore, libero di scoprire la storia come meglio credere. È la prima cosa da raccontarvi nella nostra recensione di Caleidoscopio, serie tv anomala, arrivata sulla piattaforma a fari spenti nonostante la sua natura così particolare. Una struttura libera che non vincola il pubblico, lasciando grande libertà di fruizione. Fatta eccezione per il primo filmato (Nero, un video di 50 secondi che presenta le “non” regole dello show) e per l’ultimo episodio (Bianco), infatti, si può davvero vedere lo show in modo casuale. Sembra quasi una dichiarazione di intenti di Netflix: con lo streaming si può ancora sperimentare tanto, liberi dai vincoli della tv tradizionale. Ma questa Caleidoscopio sperimenta davvero o la sua è solo una rivoluzione di facciata? Proviamo a capirlo insieme.
La trama: il colpo del secolo
Tanti fili colorati dentro lo stesso gomitolo. La potremmo definire così questa Caleidoscopio (titolo più calzante con la struttura che con i temi dello show), una serie in cui ogni tessera del mosaico è stata curata nei minimi dettagli. Proprio come si fa quando si pianifica un piano. O meglio: il colpo del secolo. Lo show, infatti, parte dalla classica rapina ai danni di una figura molto ambigua. Chi? Il machiavellico Roger Salas, capo di una grossa società di sicurezza finanziaria che protegge i conti, gli imperi e gli interessi di gente tanto ricca quanto spietata. A capeggiare il furto di ben 7 miliardi di dollari c’è Leo Pap (interpretato da un Giancarlo Esposito molto in vena Gus Fring di Breaking Bad), pronto a mettere su una squadra ben assortita e complementare, in cui ogni membro mette a disposizione il proprio illegale talento. Tutte premesse dal retrogusto molto classico, che non verranno tradite, perché Caleidoscopio è in tutto e per tutto un riuscito e rigoroso esercizio di genere.
Rispettare la formula
Seguire la vecchia scia invece di inventare nuove traiettorie. Il vero piano della serie Netflix sembra questo: onorare la tradizione degli heist e degli escape movie senza rischiare troppo. Ci riesce omaggiando in modo più o meno palese precedenti illustri come Ocean’s Eleven, La casa di carta e Inside Man. Succede grazie a una narrazione corale molto dinamica nel ritmo e canonica nella scrittura dei personaggi, spesso incastonati in vecchi stereotipi (l’imbranato, il tipo tosto istintivo, il leader enigmatico) e non sempre affiatatissimi nelle dinamiche interne al gruppo.
Immancabili anche la voce fuori campo del capo che anticipa quello che sta per succedere (o dovrebbe accadere nei suoi piani), i doppi giochi e la voglia di stupire il pubblico con l’impossibile che diventa possibile. Senza dimenticare il fascino intramontabile del beffare i potenti e di fregare il sistema: sempre alla base di ogni prodotto del genere. Tutto in Caleidoscopio viene messo in scena e raccontato senza sbavature, ma anche senza guizzi e trovate davvero sorprendenti. Uno show intelligente negli omaggi, furbo nel riproporre una formula consolidata e innovativo soltanto nel modo in cui la sua storia decide di svelarsi poco per volta.
Paradosso colorato
Se la trama orizzontale procede in ordine casuale (assieme agli episodi), quella verticale prova spesso a entrare nelle motivazioni dei personaggi. Al centro di Caleidoscopio batte il cuore di un padre ferito, pentito, pronto a tutto pur di rimediare ai propri errori. È questo il vero motore emotivo (o forse l’unico) di una serie che giustamente preferisce dedicarsi con molta più attenzione alla minuziosa preparazione del colpo invece di approfondire il carattere di tutti i personaggi. E per quanto la struttura frammentata sia interessante nelle premesse e stimolante per il pubblico, va detto che l’impatto di questa riproduzione casuale non è poi così rivoluzionaria.
Caleidoscopio non fa altro che proporre una storia divisa in flashback, flashforward ed episodi monografici dedicati ai singoli personaggi il cui incastro non deve essere così preciso e chirurgico per essere seguito senza grossi problemi. Ecco perché abbiamo trovato paradossale una serie che promette sconvolgimenti, quando in realtà non fa altro che rispettare (senza sbavature) un genere consolidato nel cinema e nella serialità. Possiamo considerarla una specie di bigliettino da visita. La promesse di grandi cose che possono ancora accedere. Un primo, timido passo verso una sperimentazione effettiva. Con lo streaming che finalmente distrugge le solite strutture narrative e si mette a giocare davvero con le storie in modo creativo. Insomma, se vi aspettavate un complesso cubo di Rubik, preparatevi a costruire un godibile puzzle che forse conoscete già.
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La recensione in breve
Nella nostra recensione di Caleidoscopio abbiamo ammesso il fascino della sua insolita struttura narrativa, che stimola una fruizione originale di una serie tv. Eppure il contenuto dello show è estremamente tradizionale e canonico. Un grande omaggio ai film e alle serie tv che hanno beffato il sistema a suon di fughe, rapine e piani ben architettati.
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Voto ScreenWorld