Il senso non è sempre nella destinazione finale. L’avventura vive nel mentre, nel viaggio che condividiamo con volti e nomi che diventano incarnazioni della nostra curiosità e della nostra voglia di vivere grandi storie. Potrebbe essere questa la lezione più importante che ci lascia Andor, che si appresta a tornare dal 23 aprile su Disney Plus con il suo ultimo capitolo.
Quale sia il destino di Cassian Andor lo abbiamo appreso in Rogue One. Il war movie di Gareth Edwards aveva legato la sorte della spia ribelle al compimento di una missione fondamentale per la saga di Star Wars, uno struggente addio che aveva già reso Andor uno dei personaggi più profondi del franchise, ma anche un invitante punto interrogativo in attesa di risposte.
Una serie era il miglior modo per dare ulteriore spessore a questo figlio della galassia in fiamme. Perché Cassian Andor non è tanto scintilla della Ribellione, quanto figlio dell’Impero, come ci ha mostrato Tony Gilroy in questo racconto corale che fa luce su uno dei periodi più complessi, intriganti e meno esplorati della continuity di Star Wars.
Genere: Drammatico, Avventura
Durata: 12 Episodi/50 minuti ca.
Uscita: 23 Aprile 2025 (Disney+)
Cast: Diego Luna, Kyle Soller, Adria Arjona
L’altra faccia dell’eroismo

Andor arriva quasi a rinnegare la natura fiabesca dello Star Wars primigenio, liberandosi rapidamente della dicotomia buoni-cattivi. Addio a quella facile distinzione di assoluti che ha guidato il franchise per i suoi anni ruggenti, preferendo un approccio più umano e sporco alla narrazione. Rogue One ha offerto questo alla saga, allontanandola definitivamente dalla visione fanciullesca del primo Lucas, avvicinandola al mondo vero. Uno spirito che nella prima stagione di Andor era incarnato alla perfezione dalla domanda con cui Luthen arruola Cassian:
“E tu cosa sacrifichi?”
La radice di Andor è in questa frase. Il sacrificio accompagna Cassian Andor sin dalla sua prima apparizione in Rogue One, ma la serie di Disney Plus costruisce con minuziosa cura questo destino. Non eroico, ma pratico, maturato grazie a scelte sofferte ed esperienze violente che non rendono Cassian un simbolo da manifesto di arruolamento, ma l’uomo giusto al posto giusto. Colui che dimentica principi e morale per raggiungere lo scopo.
La nuova galassia imperiale

L’Ascesa dell’Impero è il momento perfetto per abbandonare il concetto dualistico di buoni e cattivi e mostrare la loro più onesta (e sincera) intersezione. Dopo esser stati abituati a vedere l’Impero come il male assoluto contrapposto ai buoni per eccellenza, l’Alleanza Ribelle, Andor uccide definitivamente l’innocente impostazione starwarsiana mostrando il lato sporco e violento della guerra.
Un ritratto sociale alla base di Rogue One, che ha però il sapore della origin story di Star Wars, di quella galassia lontana lontana bicromatica, idealizzata che ha fatto breccia nei cuori del fandom. Andor si evolve nella versione più elaborata e sentita della storia di Jyn Erso, si addentra con maggior accuratezza nella caratterizzazione di questo universo.
Mentre la saga di Star Wars mantiene momenti di leggerezza e umorismo, Andor presenta una narrazione priva di serenità, accentuata dalla drammatica storia di Cassian. La pressione della nuova società imperiale è costante, evidenziando le rinunce e le perdite dei cittadini. Grazie a una sentita caratterizzazione dei dialoghi e delle scene di vita intima dei suoi personaggi, Andor scava nell’animo umano, facendo empatizzare lo spettatore con protagonisti più lontani dai classici eroi della saga, ma per questo stesso motivo, ancora più emozionanti.
Come nasce una ribellione?

Se la prima stagione di Andor si focalizzava maggiormente sulla figura di Cassian, l’arco conclusivo si fa più corale. Scelta di grande sensibilità artistica, che consente di dare spessore e conclusione a figure come Luthen o di concedere finalmente il giusto carisma a una personalità come Mon Mothma (Genevieve O’ Reilly). È soprattutto la futura leader dell’Alleanza Ribelle a giovare maggiormente della seconda stagione di Andor: in questa parentesi della storia di Star Wars assistiamo al passaggio da senatrice a ribelle, un percorso nato dalla sua progressiva sfiducia nella politica galattica.
Un racconto che intreccia magnificamente la visione corale della galassia a quella intima di coloro che agiscono per dare forma, in un modo o nell’altro, al nuovo ordine galattico. La contrapposizione tra Cassian e Deedra Meero (Denise Gough), agente dell’ISB, offre uno sguardo sulle dinamiche della macchina imperiale, rivelando la lucidità spietata degli ufficiali, ma anche sprazzi di fragilità in queste figure da sempre identificate come il male. Il ritorno di Ben Mendhelson nei panni di Krennic è funzionale alla descrizione di una burocrazia imperiale iniqua e opportunistica, votata alla sopraffazione e allo sfruttamento scriteriato in nome del potere, ma anche incudine su cui forgiare esistenze che sono al contempo complici e volontarie vittime dell’ascesa imperiale.
Il capitolo conclusivo di Andor è animato da questa volontà ritrattistica, il voler mostrare come gli eventi messi in atto da burocrati insensibili accendano la scintilla della rivolta. Non manca un certo sguardo critico alla società attuale, con riferimenti alla manipolazione della verità e alla visione dispotica di certe potenze, ma alla base di questa avventura cinica e disillusa rimane la visione di come la ribellione sia una risposta nata dalla sofferenza e dalla privazione, più che da un mero intento morale di preservazione dei principi etici.
Il futuro della Ribellione

Andor riesce a trovare, in questa seconda parte, una maturità narrativa più solida rispetto alla precedente stagione, ma non solo: sembra anche più a fuoco nella messa in scena. La ricerca di una narrazione visiva che alterni momenti action ad altri riflessivi e intimamente indagatori sembra più ragionata, concedendosi anche frangenti in cui offrire ai personaggi libertà emotiva e piccole occasioni di spensieratezza.
Ne scaturisce un ritmo narrativo specifico, lontano dalla tradizione della saga e da alcune delle più recenti interpretazioni seriali del franchise. L’azione non è il fulcro della storia, ma tutto ruota attorno alla costruzione di un tessuto emotivo greve e graffiante, fatto di espressioni dure e di scelte complesse. Andor non è il solito Star Wars, non è quanto i fan hanno amato per decenni, ma questa sua atipicità è al contempo il ritratto più sincero e onesto della galassia lontana, lontana.
E se è vero che, come diceva Jyn Erso, le ribellioni si fondano sulla speranza, con Andor possiamo sperare che anche il futuro della saga, sofferente negli ultimi tempi, possa trovare in questa serie la nuova speranza da cui rinascere.
Conclusioni
Con una seconda stagione più attenta e corale, Andor trova una maturità narrativa più solida rispetto alla precedente stagione e trova la sua dimensione anche nella messa in scena. Questa serie non è il solito Star Wars, non è la fantastica avventura che i fan hanno amato per decenni - ma è proprio per questo che, tra scenari atipici e personaggi complessi, Andor ha tutto per essere ricordato come il ritratto più sincero e onesto della galassia lontana, lontana.
Pro
- Perfetto ritratto di una società in mutamento
- Qualitativamente convincente
- Ben inserito nella continuity della saga
Contro
- La lontananza dalla tradizione narrativa di Star Wars potrebbe far storcere il naso ad alcuni fan
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Voto ScreenWorld