“Quando la leggenda diventa realtà, stampa la leggenda.”
Nel caso di Tex Willer, non c’è neppure bisogno di scegliere: Tex è un’epopea western che prende vita tra le pagine e nel cuore di intere generazioni. La conquista del West non è fatta di terre strappate ai nativi o di confini tracciati sulle mappe o di citazioni sprecate a John Ford; ma è la conquista di un immaginario, di un sogno a occhi aperti che resiste al tempo.
Tex cavalca da decenni sui nostri scaffali, eroe solitario e leale sotto il sole implacabile del deserto e il cielo stellato delle praterie. La sua storia affonda le radici nel mito ed evolve attraverso i decenni, portando con sé il profumo della polvere da sparo.
Una leggenda di carta, la sua evoluzione nel corso del tempo e l’impatto profondo che ha avuto sulla cultura e sul cuore dei suoi lettori è, quasi, inimmaginabile. Non ci credete? Provate a chiedere ai vostri genitori cosa leggevano da piccoli e, soprattutto, qual è l’unico fumetto che leggono ancora dopo tanti anni.
All’alba di una leggenda

C’è un’alba, reale e metaforica, dietro la nascita di Tex Willer. Nell’Italia del 1948, un paese ferito dalla guerra prova a risollevarsi e a sognare, investendo in ciò che resta. In quell’anno di ricostruzione, lo scrittore Gianluigi Bonelli e il disegnatore Aurelio Galleppini (Galep) danno vita a un cowboy immaginario destinato a diventare leggenda. Provate a immaginarlo mentre appare all’orizzonte come una sagoma contro il sole nascente: Tex Willer fa il suo ingresso nel mondo del fumetto con il piglio di un giustiziere solitario.
La prima storia – pubblicata in edicola il 30 settembre 1948 – ha il sapore delle vecchie dime novels e dei film western in bianco e nero: c’è un fuorilegge dal cuore nobile, c’è un cavallo fedele e c’è un vasto West pronto a fare da palcoscenico alle sue avventure. Tex nasce sulle pagine disegnate, ma sembra esistere da sempre, come se qualcuno avesse appena acceso un altro fuoco oltre la collina.
Sin dall’inizio Tex non è un eroe senza macchia calato dall’alto, ma un uomo del West con i suoi tormenti e un codice d’onore tutto suo. All’esordio lo incontriamo braccato come un fuorilegge, ma mai veramente “cattivo”.
In un mondo di frontiera in cui giustizia e vendetta spesso si confondono, Tex traccia la propria strada: spara solo per difendere i deboli o se stesso, implacabile con i prepotenti ma generoso con gli innocenti. Ha negli occhi l’orizzonte infinito delle praterie e nel cuore un rigore morale temprato dalla vita dura.
Bonelli gli dona il carisma dei protagonisti dei romanzi d’avventura e l’umanità degli eroi popolari: Tex può bluffare a poker con un bari, dividere l’ultima goccia d’acqua con un compagno assetato o affrontare a pugni un prepotente per difendere un ragazzo indifeso. Fin dalla sua alba, quindi, Tex si presenta come un uomo giusto in un mondo selvaggio.
Alla fine degli anni ’40, i cinema proiettano film di John Wayne e le edicole vendono storie a strisce di carta. Tex Willer, immediatamente, incarna quel sogno di frontiera in cui un italiano medio, con ancora la polvere delle macerie belliche intorno, può rifugiarsi. Non è un caso se la sua nascita coincide con la rinascita del paese. Le sue avventure offrivano evasione e speranza. Attraverso Tex, il West diventava vicino: bastava aprire un albo per sentire il calore del sole dell’Arizona, l’odore del cuoio e della polvere da sparo, il lontano ululato di un coyote nella notte.
Come due pionieri segnati dall’esperienza, Bonelli e Galeppini tracciano con matita e penna una pista verso un altrove libero e selvaggio. Quell’altrove prendeva vita nei saloon malfamati e nelle vallate assolate disegnate da Galep, dove Tex cavalcava rapido come il vento, spirito guida per chi sognava giustizia e avventura.
Nasceva così una leggenda: un ranger con la camicia gialla e il fazzoletto al collo, Aquila della Notte per i Navajo e fuorilegge per chi vedeva solo la superficie, ma in realtà un paladino destinato a non tramontare mai, nemmeno quando i tempi pretendevano eroi diversi.
Tra mille tramonti: l’evoluzione di un eroe

Il sole tramonta e risorge, e Tex continua la sua corsa. Tramonto dopo tramonto, anno dopo anno, la saga di Tex si espande, seguendo il percorso dei tanti lettori affezionati alla serie e al personaggio. Se la nascita di Tex fu un’alba gloriosa, la sua evoluzione attraverso i decenni è una lunga serie di tramonti infuocati seguiti da nuove aurore narrative.
Ogni nuovo decennio aggiunge strati di profondità al personaggio senza intaccarne l’essenza. Negli anni ’50 Tex rimane il giustiziere rapido alla pistola, protagonista di avventure dal ritmo serrato in cui banditi e fuorilegge affollano le gole rocciose del Sudovest americano. Ma già in quei primi anni qualcosa cambia: Tex non è solo un cowboy che spara e galoppa, comincia a delinearsi come uomo dai mille volti della giustizia.
È in questi anni che nascono attorno a lui amicizie indimenticabili: il burbero Kit Carson, compagno inseparabile con il sigaro perennemente acceso e una battuta burbera a sdrammatizzare anche i pericoli peggiori; e Tiger Jack, fiero guerriero navajo silenzioso e leale come un fratello d’armi. Insieme formano una strana famiglia itinerante, un nucleo di affetti virili che attraversa indenne le tempeste del tempo.
Con il passare degli anni, le trame di Tex si fanno più complesse, riflettendo in parte anche i mutamenti del pubblico e della società. Negli anni ’60 e ’70, mentre il western cinematografico vive la stagione d’oro dei spaghetti western e poi il tramonto crepuscolare, Tex nei fumetti non conosce declino. Anzi, le sue storie iniziano a esplorare temi più ampi: non più solo scontri tra pistoleri, ma anche misteri e soprannaturale. Fa la sua comparsa il perfido Mefisto, nemesi ricorrente dotata di arcani poteri, che trascina Tex in un duello non solo di pistole ma anche di volontà e astuzia quasi sovrumane.
Lo spirito di Tex
Eppure, anche in queste deviazioni fantastiche, resta sempre l’uomo concreto e pragmatico che spara alle illusioni maligne così come ai banditi in carne e ossa. L’evoluzione di Tex non è solo nelle trame, ma anche nel suo cuore. Col tempo abbiamo scoperto le sue ferite nascoste, quelle che neanche il tempo riesce a guarire del tutto. Una delle pagine più struggenti della saga è la storia d’amore con Lilyth, la bella figlia del capo Navajo Freccia Rossa.
Tex la sposa in un rito navajo, unendo per sempre il suo destino a quello del popolo indigeno che aveva sempre rispettato e difeso. Sono momenti di rara dolcezza nella vita di un uomo abituato alla solitudine: attorno al fuoco del bivacco, sotto un cielo trapuntato di stelle, Tex trova in Lilyth un porto sicuro, uno specchio d’anima in cui vede riflessa la parte più tenera di sé. Ma il West è terra di tragedie inattese, e la felicità di Tex dura poco: Lilyth muore giovane, stroncata dal vaiolo portato dagli uomini bianchi. È un colpo durissimo. Tex stringe il corpo della sua amata, impotente davanti a un nemico che non può colpire con le pistole. In quel silenzio carico di dolore nasce un nuovo Tex.
Da quell’unione spezzata resta un figlio, Kit Willer, che crescerà sotto lo sguardo attento del padre, imparando dal suo esempio. Il ragazzo diventa uomo, e nelle storie successive cavalcherà al fianco del padre, portando avanti la leggenda di famiglia. Tex invecchia solo nelle pieghe dell’anima – qualche ruga di tristezza intorno agli occhi – ma nel disegno rimane vigoroso e intatto, come se il tempo terreno avesse rinunciato a toccarlo. È un eroe senza età, cristallizzato in un eterno presente narrativo: testimone di un passato epico, ma anche compagno per ogni nuova generazione che scopre le sue gesta.
Negli anni ’80 e ’90 nuovi sceneggiatori e disegnatori salgono in sella accanto al ranger, portando la loro visione. Eppure il mondo di Tex resta coerente, come una ballata che cambia arrangiamento ma conserva la melodia di fondo. Le storie si allungano, diventano veri romanzi grafici ambientati in ogni angolo del West (e oltre: dalle giungle del Centro America alle nevi del Canada, Tex ha esplorato ogni frontiera possibile).
Ogni autore aggiunge un tocco personale – un dialogo più moderno, un approfondimento psicologico, una ricerca storica accurata – ma Tex rimane Tex: incorruttibile, spiritoso, implacabile con i malvagi. Lo vediamo confrontarsi con nuovi avversari e vecchie conoscenze, fronteggiare complotti più sofisticati, ma anche tendere la mano a giovani amici e a vecchi compagni in difficoltà.
La sua leggenda intanto esce dal formato classico e si adatta ai tempi: nascono albi speciali, i celebri Texoni (volumi giganteschi dove maestri del fumetto internazionali – da Joe Kubert a Ivo Milazzo – offrono la loro versione del nostro eroe) e persino serie parallele che ne narrano la gioventù.
Il West nel cuore di generazioni

Se la pistola di Tex ha messo in riga tanti cattivi sulle pagine, il suo vero colpo da maestro l’ha fatto al cuore dei lettori. In oltre settant’anni di pubblicazioni, Tex Willer è entrato nelle case e nell’immaginario di milioni di persone, soprattutto in Italia ma anche lontano dai suoi confini. Dal ragazzino degli anni ’50 che leggeva le sue avventure alla luce fioca di una lampadina in una sera d’estate, fino all’adulto di oggi che conserva gelosamente collezioni di vecchi albi, il mito di Tex ha attraversato il tempo unendo generazioni diverse.
C’è chi ricorda il nonno raccontare di quando aspettava l’uscita del nuovo numero come un appuntamento sacro, e intanto il padre teneva da parte gli spiccioli per comprarsi il fumetto in edicola. In quell’attesa trepidante c’era più di un passatempo: c’era la sensazione che Tex tornasse, puntuale come un amico fedele, a portare un po’ di Far West nei pomeriggi qualunque. Così, di decade in decade, la figura di Tex si è radicata nella cultura popolare italiana. Ogni edicola col suo albo di Tex in bella mostra era (ed è) un piccolo presidio di immaginazione: una porta aperta su praterie sconfinate dalla quale chiunque poteva entrare per un attimo, sfogliando quelle pagine.
Il fumetto ha saputo creare un ponte tra le nuvole di inchiostro e la pellicola: Tex è il John Wayne di carta per molti, l’incarnazione di quei valori e di quell’epica che il cinema western celebrava. Ma Tex è anche qualcosa di più vicino a noi: è un eroe nato in Italia, e in qualche modo porta l’anima italiana nel West americano.
Non a caso il grande cantautore Francesco Guccini gli dedicò una canzone, riconoscendo in Tex l’eroe dell’infanzia di tanti, il compagno di avventure sognate da bambino. In quella canzone riecheggiano praterie e tramonti, e il testo si confonde con i ricordi: “Sognai anch’io cavalli selvaggi e pistoleri, seguendo Tex verso un sole sempre calante…”. Parole che testimoniano l’impatto emotivo di Tex: non è solo un personaggio di fantasia, è un compagno di sogni. Chi ha letto Tex ha viaggiato con lui, sentendosi un po’ ranger, un po’ Navajo, parte di una fratellanza senza tempo.
Tex, fenomeno culturale

L’impatto culturale di Tex si misura anche nella longevità del suo successo. Mentre tante mode passeggere tramontavano, lui è rimasto. In un’epoca dominata da supereroi in calzamaglia e effetti speciali, un uomo con cappello e stella da ranger continua a tenere banco.
Università e critici hanno analizzato il fenomeno Tex, sottolineando come nelle sue storie emerga un affresco dell’America frontiera ma anche uno specchio in cui l’Italia ha visto riflessi i propri ideali.
Tex, rimane, un’immagine di cameratismo e malinconia insieme: la missione compiuta, il ricordo dei caduti che aleggia nell’aria. In definitiva, la conquista del West di Tex non riguarda terre o ricchezze, ma il nostro immaginario.
Anno dopo anno, Tex Willer cavalca ancora: ha il passo silenzioso di chi sa camminare nella leggenda. E mentre il sole scende dietro le montagne, noi sappiamo che da qualche parte in edicola, o su uno scaffale di libri consumati, Aquila della Notte è pronto a risalire in sella. Nel crepuscolo eterno del suo West… e in parte del nostro.