Quando nella vita fallisci di continuo, c’è solo una cosa che può salvarti: l’ironia. Prendere e prendersi in giro diventa l’unico rimedio per vivere la vita come viene. Lo sanno bene quei cialtroni dei Guardiani della Galassia, perdenti nell’animo, visto che hanno collezionato una marea di fallimenti editoriali. Un gruppo di sfigati di nome e di fatto, sempre ai margini della galassia Marvel, dove brillavano sempre altre stelle. Non le loro, da sempre satelliti attorno ai pianeti principali. Mai amati come Spider-Man, mai affiatati come gli X-Man, mai iconici come i Fantastici 4. Perché in casa Marvel I Guardiani della Galassia sono sempre stati gli eroi di serie B. Squadra di perdenti che, però, ha vinto la sfida più difficile.
Quale? Trasformare cinque personaggi sconosciuti al grande pubblico in icone pop. E se questi cinque sono un procione logorroico, un albero (o pianta, fate voi) che dice sempre la stessa cosa, un tizio tutto muscoli senza senso dell’umorismo, la figlia vendicativa di Thanos e un leader faccia da schiaffi, capite bene che nessuno si sarebbe mai aspettato grandi cose da loro. Forse nemmeno papà James Gunn, che ha confessato di aver avuto un po’ di paura poco prima dell’uscita del suo primo film sui Guardiani. Un film meraviglioso e pieno di personalità, che oggi guardiamo con immensa stima, ma il cui successo era tutto, tranne che scontato. Perché quel film è stato la più scommessa più folle di tutto il Marvel Cinematic Universe. Perché? Per rispondere a questa domanda dobbiamo fare un salto in un campo minato. Ovvero nella sciagurata storia editoriale di quei pazzi scatenati dei Guardiani della Galassia. Ve la racconteremo in tre volumi ovviamente. Tre lati di un album pieno di stonature e bei ritornelli destinati a rimanerci nelle orecchie.
Volume 1: nascere inciampando
Marvel, fine anni Sessanta. Siamo agli sgoccioli della Silver Age del fumetto americano. È un periodo di fermento culturale inarrestabile, di idee nuove e lettori curiosi. In quel decennio i fumetti Marvel hanno partorito cult incredibili come Spider-Man, Hulk e I Fantastici Quattro. Supereroi con superproblemi come piaceva a Stan Lee. Eroi accomunati da una cosa: un rapporto leggermente problematico con gli esperimenti scientifici. La fantascienza non era più quella degli alieni mostruosi provenienti dallo spazio, ma calata nella quotidianità di paladini nei quali riconoscersi. Una moda seguita da anche dallo sceneggiatore Arnold Drake, che dopo essere andato via dalla DC sbattendo la porta propose un’idea nata dalle ceneri di un progetto firmato Roy Thomas. Un futuro alternativo in cui spostare l’azione dal pianeta Terra al vasto spazio della galassia.
Parliamo di uno scenario futuristico in cui tutto il sistema solare, con capitale sulla Terra, è unito contro una minaccia comune: Avventura su grande scala, insomma. Così nel gennaio del 1969 i primi Guardiani della Galassia fanno il loro esordio all’interno del diciannovesimo albo della testata Marvel Super Heroes con i disegni di Gene Colan. La formazione è completamente diversa da quella che conosciamo oggi, infatti l’unico legame tra Guardiani di allora e quelli di oggi è Youndu, che al tempo era l’unico personaggio non terrestre di un team capitanato dal pittoresco Maggiore Vance Astro. Il battesimo non è un successo. E dà ragione alle perplessità iniziali di Stan Lee, che non si fidava di una serie tutta dedicata ai Guardiani. I personaggi dal design così straniante questa volta non funzionano, e le gesta su scala galattica rendono i protagonisti troppo lontani dai lettori che non si riconoscono come succedeva con Peter Parker e Bruce Banner. E come poteva iniziare la storia di una banda di falliti se non con un fallimento?
Volume 2: fallire ancora
Il destino travagliato dei Guardiani della Galassia continua anche negli anni Settanta. La formazione viene cambiata di continuo, come se la Marvel fosse alla prese con una squadra che proprio non riesce a ingranare. In quel periodo le idee migliori vengono dal fumettista Steve Gerber, che per risollevare le sorti del gruppo affianca ai nostri sciagurati eroi amatissimi come i Fantastici 4 e Capitan America e fa una cosa molto importante: togliere i Guardiani dall’universo alternativo, calandoli finalmente storyline principale della Casa delle Idee. Solo così questi tizi di serie B potevano aspirare a giocarsela coi grandi. Succede nella testata Marvel-Two-in-One, ma ancora una volta le cose non vanno. I personaggi non ingranano. E allora sotto con un restyling e un rilancio in grande stile tra le pagine di Marvel Presents, la testata in cui vengono lanciati i nuovi personaggi. È il 1976 quando I guardiani della galassia hanno finalmente uno spazio tutto per loro. Peccato solo che quello spazio durerà soltanto dodici albi prima della chiusura. Ennesima falsa partenza per un team destinato a vagabondare per testate altrui, all’ombra dei veri eroi Marvel.
Volume 3: germogliare insieme
Seminare fallimenti per poter germogliare insieme. Questo hanno fatto i Guardiani della Galassia durante la loro sventurata vita editoriale. Sì, perché la Marvel ci riprova negli anni Novanta dando le chiavi del progetto nelle mani di Jim Valentino che finalmente indirizza le cose sulla giusta strada: i Guardiani virano verso l’azione e la space opera più scanzonata. Sì, falliranno di nuovo, ma questa volta dopo 62 numeri che lasciano qualche bel ricordo. Dobbiamo aspettare il 2008 per abbracciare i Guardiani della Galassia che conosciamo oggi. Il merito è di Dan Abnett che dopo il maxi-evento Marvel Annihilation trova finalmente il giusto amalgama mettendo insieme una banda sgangherata ma affiatata, piena di personaggi spesso apparsi altrove nelle storie Marvel. Proprio come il leader Star-Lord, uno sfigato antieroe visto per la prima volta nel lontano 1976. Al suo fianco l’albero Groot (comparso come mostro addirittura nel 1960), la combattiva Gamora, il focoso Drax e il pazzo Rocket Raccoon (tutti nati negli anni Settanta). Senza dimenticare anche Adam Warlock, Mantis e il cane Cosmo.
Gli ingredienti del successo? Raccontare la fantascienza con piglio ironico e dinamico. Senza mai prendersi troppo sul serio come fanno molti eroi di serie A. Il resto lo fa l’eterno fascino degli sfigati che diventano qualcuno soltanto stando insieme. Forse il colpo di fulmine è nato qui. Quando James Gunn si è riconosciuto in questi esploratori sempre ai margini del sistema, sempre all’ombra dei grandi. Come è stato lui da regista anarchico, cresciuto nel cinema indipendente. Gunn ha capito i guardiani della galassia perché è come loro, è uno di loro. E così ci ha regalato i film Marvel con la voce più riconoscibile. Quella di chi si è smarrito tante volte e sa benissimo come trovare la via. I guardiani al cinema l’hanno sempre trovata alla grande. E per questo, alla vigilia della loro ultima avventura, già ci mancano tanto. Per ritrovarli basterà accendere un walkman.
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