Si può essere davvero felici in un’illusione? Forse, per qualche secondo, ci sembra di sì. Andare avanti facendo finta che qualcosa non sia successo, che qualcuno non se ne sia andato, per un attimo ci sembra possibile. Siamo disposti a ignorare l’esistenza di ciò ha interferito con la realtà che pensavamo di conoscere. Che male può fare, in fondo, vivere per qualche istante in una piccola e innocua bugia?

Se lo sarà chiesto anche Yoshiki quando il suo amico Hikaru non era più lui, quando qualcosa ha preso il suo posto dopo quella terribile sera nel bosco. L’estate in cui Hikaru è morto di Mokumokuren, edito in Italia da J-POP Manga, è un seinen horror del 2021 che quest’anno torna a far parlare di sé grazie all’adattamento anime di Netflix.

Quest’opera riesce ad affascinare e incuriosire con la sua dose di mistero e folklore, ma si presta anche a una serie di domande profonde: cosa succederebbe se quell’istante di illusione non fosse poi così breve? Se un caro venuto a mancare “tornasse” in simile forma nella nostra vita? Ma soprattutto: quanto è difficile lasciare andare qualcuno?

Tu non sei Hikaru, vero?

L'estate in cui Hikaru è morto
L’estate in cui Hikaru è morto © Netflix Media Center

Quando Yoshiki vede Hikaru steso a terra, nel bosco, è convinto che sia morto. Giorni dopo, in ospedale, la notizia della sua sopravvivenza lo rende felice. Passato un po’ di tempo, però, inizia a insospettirsi: stesso corpo, stesso viso, stessa voce, eppure non sembra esattamente lui.

La verità, infatti, è che Hikaru ha perso la vita quella sera. La “cosa” che ha preso il suo posto non riesce a mentirgli e svela la sua natura. Il ragazzo, sconvolto, si ritrova intrappolato tra l’improvvisa consapevolezza della perdita e la constatazione che lì, davanti a lui, c’è qualcosa che ha il suo stesso aspetto, parla come lui e ricorda il suo passato. Sa che quello è un impostore, un’inquietante imitazione, eppure sceglie illudersi di poter continuare a vivere accanto al suo sempre.

Cosa rende quella persona una persona?

L'estate in cui Hikaru è morto
L’estate in cui Hikaru è morto, Mokumokuren, J-POP Manga

Se è vero che esiste un’anima dentro di noi, quella di Hikaru è lì fuori, da qualche parte, non più nel suo corpo. Al suo posto c’è un’entità difficile da identificare: qualcosa di oscuro, un parassita che riempie un involucro vuoto. Come si fa, però, a negare l’esistenza di Hikaru se lui è lì che ride, scherza, piange e prova emozioni che sembrano reali e umane?

La verità è che, come noi, nemmeno Yoshiki ha una risposta a questa domanda, e forse nemmeno vuole trovarla perché potrebbe essere dolorosa. L’illusione potrebbe crollare. Hikaru potrebbe sparire.

Non so chi tu sia, ma non riesco nemmeno a immaginare di non averti con me.

Il ragazzo accetta un compromesso doloroso, cercando di coniugare razionalità ed emotività. Lui, consapevole della sua natura, è disposto ad accogliere il “mostro” pur di non affrontarne un altro: la paura di dover lasciar andare Hikaru per sempre.

Le fasi del lutto e il trauma dell’abbandono

L'estate in cui Hikaru è morto
L’estate in cui Hikaru è morto, Mokumokuren, J-POP Manga

Secondo il modello teorizzato dalla psichiatra Elisabeth Kübler Ross (La morte e il morire, 1969), esistono 5 fasi del dolore, valide per l’elaborazione di un lutto: negazione, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione. Anche se Yoshiki comprende la morte del compagno, lo stadio di accettazione appare ancora lontano. È un po’ come se volesse annullare l’accaduto. Si può dire che stia attraversando un momento di negazione e contrattazione insieme: un patto che fa con se stesso per raccontarsi di non essere solo.

Yoshiki si affida sin da subito a Hikaru, l’unico ragazzo della sua età nel loro piccolo paese rurale. Diventati subito amici, ormai nessuno può più fare a meno dell’altro. Avendo già sperimentato il trauma dell’abbandono nel contesto familiare, ora non è in grado di affrontarne un altro. Dunque non riesce a lasciar andare Hikaru, perché permetterlo vorrebbe dire separarsi per sempre e dover accettare un futuro senza di lui.

I ricordi potrebbero bastare?

L'estate in cui Hikaru è morto
L’estate in cui Hikaru è morto © Netflix Media Center

Mentre interagisce con il nuovo Hikaru, Yoshiki si ritrova spesso a camminare lungo il viale dei ricordi condivisi. Talvolta questi si rivelano fondamentali per far “rivivere” costantemente coloro che non ci sono più. È sufficiente? Spesso siamo portati a pensare di no. Allora come potremmo mai biasimarlo? E con lui tutti i personaggi che nel loro universo, dove più cose sono possibili, hanno scelto di non lasciare andare perché, semplicemente, non ci riuscivano?

Se, ad esempio, avete visto Black Mirror, nell’episodio Torna da me una donna, da poco vedova, ha l’occasione di far “rivivere” il proprio fidanzato. Secondo un sofisticato programma di ricerca, un fantoccio dal suo aspetto, con un’IA incorporata che simula voce, pensieri, comportamenti e ricordi del defunto, potrebbe aiutare ad affrontare il lutto.

La donna, però, non sta superando il dolore. Sta solo vivendo un’illusione che dà subito i segni di qualcosa che non è come dovrebbe. Nemmeno a lei i ricordi bastavano, ma forse sarebbero stati davvero il modo più naturale per conservare la persona a lei cara, nella mente e nel cuore.

Lo sapevi?

La poetica di Ugo Foscolo vede il concetto di immortalità non legato a una perpetua esistenza dell’anima oltre il corpo, bensì alla memoria nel tempo. In “Dei sepolcri”, le effigi assumono un ruolo fondamentale, poiché consentono di mantenere vivo il ricordo dei cari defunti nei vivi. Le tombe diventano quindi simboli in grado di superare il limite della morte fisica. Così, di conseguenza, la memoria.

Cosa diciamo a Yoshiki?

L'estate in cui Hikaru è morto
L’estate in cui Hikaru è morto, Mokumokuren, J-POP Manga

Yoshiki sceglie di accogliere “Hikaru” perché stare con una copia imperfetta di lui può lenire il terrore di non averlo con sé. Questa decisione solcherà un percorso lungo, misterioso, pericoloso, anche se lui ancora non se ne rende pienamente conto. Vuole solo il suo Hikaru ancora con sé, nulla più.

La paura di lasciar andare, però, blocca e ostacola. Non ci rende liberi. È una creatura che si insinua sottopelle proprio come quella che ha riempito il corpo di Hikaru. Un mostro con cui in parte siamo costretti a convivere, praticamente per natura, ma che possiamo imparare a fronteggiare un po’ alla volta.

Caro Yoshiki, non ti chiediamo di non avere paura. Puoi tenerla con te, nella speranza che tu possa affrontarla un passo dopo l’altro.

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Nata a Benevento nel 1996, sin da piccola ho sempre cercato di prendere il più possibile dalle storie che leggevo e osservavo. Poco dopo la Laurea in Scienze dello Spettacolo e della Produzione Multimediale presso UNISA, ho iniziato a scrivere di cinema e serie TV per diversi siti e testate online quali CineWriting, Everyeye e Cultura POP. Una riscoperta passione per i manga e i manhwa mi ha permesso di ampliare i miei campi di scrittura, oltre a sanare un blocco del lettore durato fin troppo - ora non so più dove mettere librerie nuove. Attualmente mi trovate su A Couple of Words e qui su ScreenWorld. Quando non scrivo, sono negli uffici di Italian International Film... Oppure gioco a Mahjong.