Nel settembre 2001, la Marvel pubblica il primo numero di Fantastici Quattro: 1234, miniserie in quattro capitoli scritta da Grant Morrison e disegnata da Jae Lee, all’interno dell’etichetta Marvel Knights. La storia si conclude a dicembre dello stesso anno, lasciando un’importante incognita girare intorno alle teste di Reed, Sue, Ben e Johnny: quali sono le leve per far crollare la famiglia per eccellenza della casa delle idee?
A scrivere questi quattro capitoli, lo scrittore che ha fatto della decostruzione dell’eroe uno dei suoi tratti stilistici, insieme a un mai banale uso del contesto surrealistico e dei viaggi mentali, Grant Morrison.
La rinascita Marvel del 2000: Marvel Knights

Nel 1996 la Marvel dichiara bancarotta. In pochi anni passa dalla vetta delle vendite al collasso finanziario. Le licenze cinematografiche non fruttano ancora, le saghe diventano ridondanti, il pubblico perde interesse e chiede storie più mature. Per reagire, nel 1998 l’editore affida a Joe Quesada e Jimmy Palmiotti la nascita di una linea editoriale autonoma: Marvel Knights.
Qui autori e disegnatori potevano lavorare con più libertà narrativa e visiva, senza dover rispettare la continuity ufficiale. Daredevil di Kevin Smith e Joe Quesada (1998), Black Panther di Christopher Priest, Inhumans di Paul Jenkins e Jae Lee: tutte opere che rileggevano i personaggi classici con una lente adulta, più psicologica, più coraggiosa. In questo clima nasce anche l’idea di affidare a Grant Morrison la rilettura dei Fantastici Quattro.
Marvel Knights diventa così non solo un brand alternativo, ma un vero salvagente artistico per la casa editrice. Molti dei nomi coinvolti – Bendis, Mack, Mark Millar – passeranno poi a guidare l’intera linea Marvel nei primi anni 2000.
Grant Morrison: tra psichedelia e decostruzione

Morrison, fino a quel momento penna fermamente legata all’immaginario DC Comics, si lega a inizio decennio alla Casa delle Idee lasciando la sua eredità per gli anni a seguire.
Autore scozzese classe 1960, inizia a collaborare con la Distinta Concorrenza sul finire degli anni ’80 quando gli viene affidata la serie di Animal Man, permettendogli di portare le sue idee animaliste. Prosegue poi con Doom Patrol e The Invisibles,
Nel 1997, dopo gli anni sperimentali su Animal Man e Doom Patrol, Morrison rilancia la Justice League of America con una nuova run acclamata dalla critica. La sua versione, nota come JLA, riporta in squadra i “sette grandi” (Superman, Batman, Wonder Woman, Flash, Lanterna Verde, Aquaman e Martian Manhunter), trasformando il gruppo in una sorta di pantheon mitologico. Morrison eleva la narrazione supereroica a uno scontro tra idee astratte, divinità postmoderne e minacce cosmiche, facendo della JLA un manifesto della sua visione grandiosa e simbolica del fumetto seriale. La chiusura perfetta prima del suo approdo in Marvel.
Qui fa il suo debutto nel 2000 con un nuovo personaggio. Il suo Marvel Boy, è un eroe Kree drogato e imprigionato da un’umanità grottesca, preda del consumismo sintomo della globalizzazione di inizio 2000. Il protagonista è un punk che si scaglia contro le grandi corporation che con i loro affari tengono in scacco la società occidentale.
Il più grande impegno di Morrison in Marvel però sarà la ricostruzione degli X-Men dopo la fine del secondo periodo di Chris Claremont. Con i suoi New X-Men (2001–2004), abbatte le impalcature melodrammatiche degli anni ’90 per costruire un’epopea che gioca molto di più con le tematiche legate alla mutazione e al genere della fantascienza, sulla scia anche del successo del primo film di Brian Singer del 2000.
È in questo periodo che nasce Fantastici Quattro:1234, una storia che porta la famiglia più classica dell’universo Marvel dentro una scacchiera fatta di tensioni sessuali, manipolazione e crisi di identità.
Come nasce 1234

L’idea alla base della miniserie è al tempo stesso semplice e destabilizzante: prendere i classici ruoli della First Family – scienziato, madre, ribelle, mostro – e capovolgerli uno per uno. Non servono nemici alieni, crossover, esplosioni. Basta un dottor Doom carismatico e mefistofelico a tirare i fili dell’inconscio di ciascuno.
Le tensioni tra Sue e Johnny, la depressione di Ben, l’ossessione di Reed per l’intelligenza come strumento di controllo: tutto diventa carne viva. E se nella maggior parte delle storie Marvel i personaggi vincono un conflitto esterno, qui il vero antagonista è l’identità stessa.
Anatomia di una decostruzione

Ogni capitolo di Fantastic Four: 1234 è dedicato a un membro del gruppo, in una narrazione che unisce introspezione, sogno e horror esistenziale. La storia si svolge sostanzialmente in una notte, dove tre dei più grandi nemici della famiglia, Dr Doom, Namor e l’Uomo Talpa, uniscono le forze su richiesta del sovrano di Latveria per togliere di mezzo uno dopo l’altro ogni membro del gruppo, in una partita a scacchi che giocherà sulla tensione dei personaggi, sui rapporti di forza e sui desideri inconsci e proibiti di ognuno di loro.
- Ben Grimm, da sempre desideroso di tornare umano, viene ritrasformato da Destino e non si ricorderà di essere mai diventato la Cosa (lasciamo al lettore il twist del racconto)
- Johnny Storm gira in una notte stranamente piovosa, con una ragazza attratta dalla sua fama. Ma dietro la maschera da sex symbol, Johnny deve affrontare prima di tutto la sua solitudine. Contro di Lui Namor e l’Uomo Talpa avranno facilmente la meglio.
- Sue Storm, incapace di capire fino in fondo il suo compagno, viene sedotta (letteralmente) da Namor. L’uomo che le dà attenzione, la ascolta, la desidera. Ma il suo concetto di amore ad ogni costo, riporterà Sue alla Realtà
- Reed Richards, infine, figura che fin dall’inizio resta in sottofondo, nominato ma mai in prima linea, emerge nell’ultimo numero in uno scontro finale con Doom che è più mentale che fisico. Una battaglia intellettuale che gioca sulla linea sottile del suo personaggio, tra genio e ossessione.
Accoglienza ed eredità
All’uscita, Fantastic Four: 1234 riceve recensioni contrastanti. C’è chi la definisce “brillante ma frettolosa”, chi ne elogia la visionarietà, chi la rifiuta come troppo distante dalla tradizione. Molti critici sottolineano che l’opera sembri più interessata alla forma e al sottotesto che alla trama in sé. E in parte è vero: Morrison non vuole raccontare un’avventura, ma rivelare una struttura, un codice di tensioni rimosse e in un certo senso dare spazio a una sua fantasia al cui interno finiscono per trovarsi i membri dei Fantastici Quattro:
“Ho elaborato tutta questa roba freudiana. La cosa dell’incesto nei Fantastici Quattro. Quello che hai è una famiglia. Ci sono Reed e Sue, la mamma e il papà. Johnny è il fratello maggiore e Ben è il piccolo pazzo neonato. Ma in questa situazione hai Johnny e Sue – fratello e sorella! Quindi c’è una cosa dell’incesto che i Fantastici Quattro nascondono. Ho guardato e ho detto, okay, Sue vuole effettivamente scopare Johnny e Johnny vuole scopare Sue. Quindi come fai? Creano Namor, il Sub-Mariner che è sempre stato legato a Johnny. La Torcia Umana e il Sub-Mariner sono sempre stati insieme dagli anni ’40. Namor è il lato oscuro, torbido, acquoso, sporco di tutto ciò. E Johnny è luminoso, volatile. Quindi non si scopa la sorella, ma Namor lo fa”.
Morrison in conclusione, usa i Fantastici Quattro come suo strumento non solo per distruggere e ricomporre il gruppo di supereroi, ma anche per distruggere e ricomporre l’idea di famiglia, facendo una delle cose più sovversive possibili all’interno del contesto Marvel.
La fine della famiglia

Una cosa che tutto sommato poi si porterà dietro quando nel 2006 tornerà in DC e distruggerà un altro eroe, Batman, ricostruendolo e dando un nuovo volto alla sua famiglia, introducendo il figlio Damian.
La tensione erotica tra Namor e Sue è rappresentata come irresistibile: lui è tutto ciò che Reed non è – passionale, diretto, sensuale. Ma Morrison non si limita a farne un semplice triangolo amoroso: Namor diventa la proiezione stessa del desiderio rimosso, del non detto in una famiglia fondata sul controllo,
Morrison ha poi chiarito che questa provocazione non intendeva essere un suggerimento narrativo letterale, ma piuttosto un modo per indagare simbolicamente la struttura psichica della famiglia. Una provocazione concettuale, non una trama esplicita.