More than meets the eyes. Venivano presentati così i Transformers quarant’anni fa, quando la serie animata invase le case americane, e poi quelle di tutto il mondo, rendendo Autobot e Decepticon figure cult del mondo della pop culture. Diverse generazioni di appassionati sono cresciute con i Transformers, tornati alla ribalta anche nel mondo fumettistico con l’Energon Universe.
Pubblicato in Italia da saldaPress, l’Energon Universe, sotto l’ala di Robert Kirkiman (Invicible, The Walking Dead), unisce Transformers e G.I. Joe in un unico contesto, cui partecipa anche la serie originale Void Rivals. In occasione del Napoli Comicon 2025, abbiamo avuto l’occasione di fare due chiacchiere con Emiliano Santalucia e Marco Ferrari, profondamente legati a questo mondo.
Da passione a lavoro

Per Emiliano Santalucia, i Transformers sono vecchi amici. Prima di avere a collaborare con la produzione degli Autobot sul grande schermo come designer, Emiliano si è fatto apprezzare prima come fumettista e poi proprio come designer di giocattoli, per brand come Hasbro, Mondo o Bandai. Occasione che lo ha portato a lavorare su IP come Transformers, Masters of the Universe o Star Wars.
Ma prima di essere un professionista del settore, Emiliano è anzitutto un appassionato. Un affetto per questo mondo che è iniziato, come per molti di noi, giocando con la prima invasione di questi giocattoli, nei primi anni ’80.
“Io in realtà ci sono arrivato anche prima, sono passato anche dai Diaclone! Perché, nell’82, qui in Italia sono arrivati pure quelli, e si intravedeva già il “Battle Convoy”, che poi sarebbe diventato Optimus Prime. Mi ricordo benissimo i primi Car Robots importati dalla GiG.”
Un impatto evidente, che ha colpito Emiliano come tanti in quegli anni. Ancora prima dei Transformers, questi primi prodotti segnarono un cambio passo per il mondo del giocattolo, facendo subito breccia nel pubblico
“Erano completamente diversi dai robot degli inizi degli anni ’80, che avevano un altro stile.
Questi partivano da mezzi realistici — auto, aerei, camion — e si trasformavano in qualcosa di nuovo.
Per me, da bambino, fu una rivelazione. Erano giocattoli diversi, più complessi, più affascinanti, molto più articolati per l’epoca. Ovviamente li desideravo tantissimo… Anche se non ne ho avuti molti, i Transformers, a quel tempo, riuscivano a entusiasmare tutti.E infatti hanno lasciato il segno, generando una grande comunità di appassionati e collezionisti.”
E poi, quel cerchio si è chiuso. Da appassionato a professionista del settore, come designer, dopo un passaggio come fumettista, arrivando proprio sui suoi adorati Transformers.
“Esatto. In qualche modo la mia carriera è sempre rimasta legata al mondo dei giocattoli.
E così, quando ho cominciato a lavorare anche sui fumetti dei Transformers, è stato davvero un cerchio che si chiudeva. Una soddisfazione enorme.”
Un universo più grande

L’Energon Universe non si limita a coinvolgere i robot cybertroniani, ma coinvolge attivamente un’altra IP forte degli anni ’80, i G.I. Joe. Se i Transformers sono stati subito lanciati nel vivo della scena, per i real american heroes il percorso è stato più articolato, con una serie di storie, Road to G.I. Joe, che ha presentato figure chiave, come Duke, Cobra Commander e Destro.
A completare questo road to è Scarlett, volume pubblicato recentemente da saldaPress, con sceneggiatura di Kelly Thompson e disegni del nostro Marco Ferrari. Un esordio in questo universo per il disegnatore italiano, che ha ammesso di esser stato catapultato in una realtà narrativa totalmente nuova
“È stato un viaggio interessante. È stato anche un po’ come andare alla cieca, perché per me era un universo del tutto nuovo. Kelly e Skybound mi hanno raccontato tutto, ma senza volerci influenzare troppo.”
Un approccio interessante, contrariamente ad altri autori del franchise, come Daniel Warren Johnson, che con il suo Transformers ha potuto mettere su carta la propria passione per questo universo. Eppure, prendere autori che non avessero un legame affettivo con queste figure si è rivelato una scelta coraggiosa da parte di Skybound:
“Volevano che noi, autori più giovani, portassimo la nostra visione personale. Ad esempio, Andrea Milana — che ha disegnato Cobra Commander e ha lavorato anche su Destro — veniva da un’altra formazione come me. Non eravamo legati emotivamente ai personaggi.Questo ci ha permesso di giocarci sopra, modellandoli con libertà e freschezza, e poi di affinare il lavoro seguendo le direttive di Hasbro, che supervisionava ogni cosa per assicurarsi che tutto fosse in linea con ciò che stavano cercando.”
Nostalgici e nuovi lettori

Per quanto si possa comprendere il volersi agganciare a quella nostalgia degli anni ’80 tanto in voga ultimamente, Skybound ha voluto intercettare anche un nuovo pubblico. La presenza di autori giovani, anch’essi alla scoperta di questo universo, si rivela sicuramente una chiave di lettura vincente
“Anche Skybound cercava di rinnovare l’universo senza tradire l’aspettativa dei fan — che restano in gran parte i fan storici, ma che oggi includono anche lettori giovanissimi, attratti da queste icone.
E si vede: c’è stato un ritorno d’interesse anche per la serie originale. Hanno perfino ripubblicato tutto in un formato omnibus, che è diventato il Kickstarter di maggior successo della storia del sito.
Il che ti fa capire quanto forte sia il legame con questo immaginario. i Transformers di Daniel Warren Johnson mantengono lo stile classico, il cosiddetto “G1”, ma al tempo stesso hanno una grammatica narrativa molto moderna, perché l’aspetto visivo è nostalgico, ma il modo in cui si raccontano le storie è profondamente contemporaneo. I dialoghi, il ritmo, la costruzione delle scene…Tutto è pensato per essere coinvolgente oggi.E funziona. Funziona davvero bene.”
Trovandosi però a muoversi in un contesto a loro sconosciuto, ma comunque governato da alcuni punti fermi, artisti come Marco Ferrari devono trovare una dinamica lavorativa che sia la sintesi di libertà e rispetto del franchise.
Specialmente quando le diverse serie dell’Energon Universe sono intrecciate tra loro con precisi punti di intersezione:
“Mi hanno detto: “Ricorda, ci sono dei riferimenti, ma stiamo ricreando da zero questi agganci tra le storie”. Tutto è stato piazzato nei punti giusti, senza forzature, in modo molto organico.
La fortuna di Scarlett, rispetto alle altre quattro storie del Road to G.I. Joe, è che è la più autonoma.
È un racconto intimo, quasi personale. Parla di sorellanza, di famiglia ritrovata, più che di guerra o di geopolitica. L’elemento che la collega all’universo più ampio arriva a sorpresa, in un momento inaspettato. E da lì si scatena tutto. Parte una corsa folle che ti porta dritto verso la chiusura del Road to G.I. Joe. È un crescendo, ben costruito.”