Pochi autori hanno dato forma a personaggi critici come Darick Robertson. Oggi conosciuto dal grande pubblico come disegnatore di The Boys, complice il successo della serie di Prime Video, Robertson ha legato il suo percorso professionale ad altre figure ideali per descrivere il mondo di oggi. Assieme a Warren Ellis ha raccontato le inchieste del giornalista Spider Jerusalem nella dimensione cyberpunk di Transmetropolitan, arrivando anche a mostrare le origini spirituali del Punitore in Punisher: Born.

La sua presenza al Comicon 2025 ci ha consentito di fare una chiacchierata con Robertson. Dopo una round table in cui con altri colleghi abbiamo rotto il ghiaccio con il frizzante disegnatore americano, ci siamo presi il tempo di guardare al mondo del comics contemporaneo con Robertson.

Il fumetto è politica

The Boys, disegnato da Darick Robertson
The Boys, disegnato da Darick Robertson

Le recenti polemiche che vedono il fumetto come politicizzato non potevano che essere il punto di partenza ideale per la nostra chiacchierata con Robertson. The Boys ha questo principio scatenante, ancora più evidente in Transmetropolitan. Al netto di chi osteggia questa visione socio politica del fumetto, abbiamo ricordato con Robertson come lo stesso Yellow Kid, considerato il primo fumetto moderno, fosse sostanzialmente un ritratto socio politico della New York di fine ‘800:

“Esattamente! Insomma, alcuni dei primi autori erano autori politici. Uno dei miei preferiti è Thomas Nast, un illustratore così incredibile e potente per le sue idee che riuscì veramente ad abbattere uno dei politici più potenti di New Yok, con le sue vignette. Vorrei che ci fossero ancora persone con quel focus, che qualcuno emergesse con un’ironia e una verità che si possa gustare, facendo svegliare e dicendoti qualcosa.”

Viene da chiedersi cosa oggi manchi per potere arrivare a questo risultato. Non mancano risorse e spazi in cui farsi notare, eppure per Robertson il problema è altrove:

“E’ impossibile riuscire a catturare l’attenzione della gente per più di pochi secondi. Anche perché penso che quello che la gente sta cercando di dire realmente sia ‘Basta, smettete di soffocarmi!’. Non si tratta di non volere essere parte della politica, quanto di trovare una via di fuga da questa sovraesposizione, e credo che sia vero. ‘Per favore, posso leggere una storia che non mi costringa fermarmi e pensare a cose con cui sono costantemente bombardato?’”

Appare evidente quindi che il settore fumetto, come tanti altri, non sia vittima di un distacco da parte dei lettori sull’aspetto politico, quando soffocato da un’eccessiva produzione in tal senso. E Robertson non manca di rilevare questa debolezza del settore:

“La gente non sta dicendo che non vuole la politica nei fumetti, ma che vorrebbe una fuga, e al momento non penso che ce ne sia una.”

Anche perché attualmente la politica, intesa come impegno e critica sociale, è ovunque, non abbiamo scampo.

“Giusto, anche perché la politica è come l’umanità fa funzionare la società e comunica, come interagiamo, anche con una stretta di mano tra sconosciuti. Volenti o nolenti, la politica è tutta intorno a noi. È anche il motivo per cui io ora non mi limito a star seduto qui e, per dire, scoreggiare durante la nostra intervista perché questo non è una cosa che qualcuno farebbe. Allo stesso modo, io non dovrei concorrere per un alto incarico e dire tutto ciò che voglio e puntare il dito su una persona, umiliarla, perché sarebbe crudele. Ma al momento stiamo vivendo in un periodo dove la crudeltà è intrattenimento, da quanto tempo su YouTube spopolano video dove un poveraccio rotolata per le scale e la gente ride. Non abbiamo più quel momento di empatia che si aveva un tempo”

Sbagliare è imparare

Transmetropolitan, disegnato da Darick Robertson
Transmetropolitan, disegnato da Darick Robertson

Per rimanere nell’attualità, dalla politica all’altro grande argomento di attualità nel mondo dei comics: l’intelligenza artificiale. Perfezione meccanica o una più sincera ed emozionante imperfezione, da cui imparare e migliorarsi sempre?:

“Per me ogni giorno è vedere una costante striscia di errori! È per questo che non mi piace guardare ai miei vecchi fumetti, perché tutto quello che vorrei fare è correggerli! Come dicevo prima, con Space Beavers ho iniziato a guardare a quel lavoro e subito ho sentito di dover correggere…praticamente tutto! Avevo iniziato a disegnare malamente e poi ho iniziato a farlo meglio finché non ne ho più avuto il tempo”

Le vere origini del Punisher

Punisher: Born, disegnato da Darick Robertson
Punisher: Born, disegnato da Darick Robertson

Transmetropolitan. The Boys. Ma anche Frank Castle, visto che Robertson ha prestato la sua arte a Born, uno dei capitoli più intensi del mito del Punitore firmato Garth Ennis. Considerato spesso come la vera origin story del Punischer, Born per Robertson ha una natura ben chiara:

“E’ un fumetto su uno che semplicemente impazzisce. La cosa divertente di Punisher: Born è che resta il mio lavoro in Marvel di cui son più fiero. Quando Ennis me lo ha presente, stava esplorando questa idea, e lui è probabilmente uno dei migliori autori della storia di Punisher. Nel raccontarmelo mi aveva detto ‘E’ tipo una storia delle origini ma la domanda è se l’assassinio della sua famiglia ha fatto impazzire Frank Castle o la follia è sempre stata lì, in attesa di uscire’.”

Un dubbio che è stata la fortuna di Punisher: Born. Ennis, apprezzato per il suo lavoro su Frank Castle anche in cicli come Bentornato, Frank, ha esplorato come mai prima il cuore emotivo del Punitore.

“Ecco cosa affronta realmente Punisher: Born. Castle ha una voce nella sua testa che sai che lo attira verso la morte e la violenza. Io arrivo da una famiglia di veterani, mio padre nella Seconda Guerra Mondiale, e ho un grandissimo rispetto per le persone che hanno vissuto queste esperienze. Non le considero intrattenimento, sono grandi storie ma per me quello che è stata la Guerra del Vietnam è stata un’esperienza estremamente dolorosa.”

Traspare un evidente rispetto per questo aspetto della storia americana, ferita mai pienamente sanata. Il tema dei reduci nei comics è stato affrontato spesso, anche in seno alla Marvel, e per Robertson lavorare su una storia di questo tipo ha un significato speciale, grazie al lavoro di Ennis.

“Ennis è stato davvero toccante con la sceneggiatura, per me era davvero importante rappresentare il tutto con il giusto realismo: cosa indossavano, cosa facevano. All’epoca, avevamo un assistente editor il cui padre era un veterano del Vietnam, e fu così gentile da prestarmi foto del periodo, quindi gli sfondi e i piccoli dettagli che vedete nella storia arrivano da lì. Ho avuto veterani che mi hanno detto come ho saputo cogliere l’atmosfera, e non avrei potuto ricevere complimento migliore. Non ho mai voluto sfruttarli o glorificare il loro doloro, ma era mia assoluta intenzione catturare l’essenza di cosa stessero vivendo quelle persone in un modo che spero abbia dato alla storia la giusta potenza.”

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Classe '81, da sempre appassionato di pop culture, con particolare passione per il mondo dei comics e la fantascienza. Dal 2015 condivide queste sue passioni collaborando con diverse testate, online e cartacee. Entra nella squadra di ScreenWorld come responsabile dell'area editoria con una precisa idea: raccontare il mondo del fumetto da una nuova prospettiva