Per un’intera generazione, My Hero Academia è stato il pilastro dello shonen moderno. Dal 2016 a oggi, milioni di fan sono cresciuti seguendo le avventure di Deku e compagni, attraversando l’adolescenza fino all’età adulta con un anime che ha definito un’epoca. Ora che l’ottava e ultima stagione sta chiudendo definitivamente questa saga epica, era inevitabile chiedersi: chi prenderà il suo posto? La risposta potrebbe sorprendervi. Nonostante il clamoroso successo di Solo Leveling, che ha dominato le classifiche e conquistato il titolo di Anime of the Year, non è questa la serie destinata a diventare il prossimo fenomeno generazionale. Il vero erede di My Hero Academia arriva da Crunchyroll e si chiama Gachiakuta, un’opera di Kei Urana animata dallo studio Bones che sta letteralmente ridefinendo cosa significhi fare shonen nel 2025.
Gachiakuta non è semplicemente un altro battle anime con protagonisti potenti e combattimenti spettacolari. È una serie che pulsa di anima, rabbia e un’urgenza narrativa che rispecchia perfettamente le ansie e le frustrazioni della Generazione Z. Dove Solo Leveling eccelle nell’essere cool e visivamente sbalorditivo, Gachiakuta scava più in profondità, offrendo qualcosa di crudo, autentico e profondamente risonante. La storia inizia con un concetto semplice. Ogni cosa possiede un’anima. In un mondo dove la classe superiore scarta oggetti per la minima imperfezione, questa filosofia assume un peso narrativo devastante. Il protagonista Rudo Surebrec lo sa bene: abbandonato da bambino, ha dedicato la sua esistenza a recuperare i rifiuti dell’alta società, convinto che anche ciò che viene considerato spazzatura meriti una seconda possibilità.
Quando Rudo viene ingiustamente accusato dell’omicidio del padre adottivo e letteralmente gettato oltre i confini del mondo in un abisso chiamato The Pit, l’anime si trasforma rapidamente in una storia di vendetta contro un sistema corrotto. La sua rabbia non è quella cieca e unidimensionale di tanti protagonisti shonen: è una furia alimentata dall’ingiustizia sociale, dall’abbandono, dall’essere stato etichettato come scarto dalla società. Ciò che distingue davvero Gachiakuta da qualsiasi altro shonen recente è il suo sistema di poteri, tanto poetico quanto originale. Se Naruto aveva i ninja e My Hero Academia i supereroi, Gachiakuta costruisce il suo universo attorno ai rifiuti, sia in senso letterale che metaforico. Ambientato in un mondo post-apocalittico sommerso dai rifiuti e dall’inquinamento prodotto dall’umanità, l’anime trasforma il concetto di anima negli oggetti in un sistema soprannaturale chiamato Anima.
Ma Gachiakuta non è solo un anime stilisticamente impeccabile e narrativamente solido. È una serie che parla direttamente alla generazione che sta crescendo nell’ombra della crisi climatica. Il tema centrale dei rifiuti, del consumismo sfrenato e di un mondo soffocato dall’avidità umana risuona potentemente con Millennials e Gen Z, sempre più preoccupati per il futuro del pianeta. Il paesaggio desolato in cui si muove Rudo non è solo una scenografia: è un monito visivo, uno specchio distorto del nostro possibile domani. L’anime affronta anche sistemi sociali discriminatori e ingiustizie strutturali che riflettono le tensioni politiche dell’ultimo decennio. La rabbia di Rudo contro una società che lo ha abbandonato e alienato trova eco in un pubblico che ha vissuto esperienze simili. Non è un caso che questa serie arrivi in un momento storico in cui giovani di tutto il mondo sentono di essere stati “”scartati”” da sistemi economici e sociali sempre più spietati.
Confrontato con altri shonen recenti come Kaiju no. 8, Tougen Anki, Dandadan e soprattutto Solo Leveling, Gachiakuta semplicemente colpisce diversamente. Non si limita a offrire archi narrativi significativi e personaggi memorabili: introduce elementi mai visti prima mantenendo comunque il ritmo e la struttura classica del genere. Riesce a essere divertente senza cadere nell’umorismo datato o problematico, può diventare incredibilmente dark senza risultare offensivo o di cattivo gusto. Mentre My Hero Academia chiude il suo capitolo e Solo Leveling brilla nella sua gloria estetica, Gachiakuta sta silenziosamente costruendo le fondamenta per diventare la voce di una nuova generazione di appassionati. Non con promesse vuote o spettacolarizzazioni fini a sé stesse, ma con una narrazione che guarda dritto negli occhi le paure, le rabbie e le speranze di chi sta crescendo in questo momento storico complesso. E forse, proprio per questo, il suo successo non è affatto una sorpresa: era esattamente ciò di cui avevamo bisogno.



