Pur non trattandosi di una pellicola di questo genere nel senso più tradizionale del termine, scordatevi quindi eccessi di gore e di jump scares, The Witch, il debutto cinematografico di Robert Eggers, è uno degli horror che più hanno colpito pubblico e critica negli ultimi anni. Il regista, che è anche autore della sceneggiatura, ambienta la sua storia nei primi anni del 1600, cercando una ricostruzione storica il più accurata possibile di quella che doveva essere la vita dei primi gruppi di puritani arrivati negli Stati Uniti dall’Inghilterra: le luci utilizzate in scena sono sempre quelle naturali, addirittura la fattoria in cui vivono i protagonisti viene costruita da zero utilizzando strumenti dell’epoca. Come ci viene spiegato durante i titoli di coda, la sceneggiatura è basata su racconti scritti, diari, favole, folclore e testimonianze dell’epoca, documenti che contribuiscono a rappresentare il mondo di pensare e di vedere la realtà delle persone che vivevano in quel preciso periodo storico. L’elemento centrale della narrazione – che più il film procede, più si rivelerà un’arma a doppio taglio – è la fede dei protagonisti: il loro è un Dio che incute paura e soggezione, e loro si sentono in costante pericolo di dannazione eterna.
Al centro di The Witch troviamo una famiglia di puritani che vengono cacciati dalla colonia in cui risiedono per forti divergenze religiose tra il capofamiglia, William (Ralph Ineson), e le autorità locali: lui, la moglie Katherine (che darà da lì a poco alla luce il piccolo Samuel), la giovane Thomasin (Anya Taylor-Joy), Caleb (Harvey Scrimshaw), e i gemelli Mercy e Jonas (Ellie Grainger e Lucas Dawson) si vedono costretti ad abbandonare la sicurezza di ciò che conoscono per le incertezze ed i pericoli della natura selvaggia. Sarà di fronte ad un’oscura foresta – che come presto scopriremo nasconde oscuri segreti – che decideranno di ricostruire, letteralmente, le loro vite. Nulla di quello che speravano per il proprio futuro andrà però come avrebbero voluto: perseguitati da un’oscura presenza che si annida nel folto del bosco – la strega del titolo? – ognuno di loro verrà colpito e soccomberà davanti a forze mistiche che non sono in grado di sconfiggere, nemmeno con l’aiuto della loro fede. L’unica a sopravvivere è Thomasin che, negli ultimi minuti di girato si troverà costretta ad una scelta estremamente difficile: mantenere la propria innocenza o scegliere la via più oscura, quella della dannazione ma al tempo stesso quella che la renderà finalmente libera?
Come è facile immaginare il punto più controverso di The Witch, ma anche quello che più ha affascinato il pubblico e la critica, è quello conclusivo, su cui sono state date diverse interpretazioni. In questo articolo abbiamo deciso di dare una spiegazione del finale di The Witch, vagliando le diverse ipotesi che lo riguardano.
Religione e peccato
Come vi anticipavamo fede e religione svolgono un ruolo fondamentale nello sviluppo narrativo di The Witch: il gruppo familiare che è al centro della storia viene esiliato dalla colonia in cui vive, e ci viene fatto capire come William ritenga che le proprie idee e concezioni siano in qualche modo più “giuste” rispetto a quelle degli altri puritani. Più la storia procede, più ci rendiamo conto che ognuno dei membri del nucleo familiare è colpevole di un qualche tipo di peccato, da William con la sua superbia (non ammetterà mai che aver trascinato la famiglia nella natura selvaggia per seguire il suo credo sia stato un errore) e l’incapacità di accettare le proprie responsabilità di quanto sta accadendo (cosa che lo porterà alla morte, incornato da Black Philip e sepolto dai ceppi di legno che si ostinava a tagliare). Katherine, avvelenata da un’invidia e da un odio malato nei confronti della figlia, verrà uccisa da Thomasin stessa, nel tentativo di difendersi e di proteggersi dalla sua furia. Per quanto riguarda i bambini, invece, Caleb rappresenta il peccato della lussuria: lo vediamo in diverse occasioni spiare le forme acerbe della sorella e poi, infine, essere sedotto dalla strega nel bosco. Sono poi le crisi rabbiose di Mercy, e le sue costanti bugie, a portare il sospetto su Thomasin, e a rivoltarle contro i suoi genitori; Jonas, invece, rappresenta l’accidia, non fa infatti mai nulla per aiutare il proprio nucleo familiare e rimane un testimone passivo di quello che succede.
Il peccato di Thomasin
Ma anche Thomasin rappresenta un peccato in particolare? Pur dimostrando nel corso del film, in più occasioni, la propria purezza, la propria fede in Dio e il timore nel maligno, sarà proprio lei, nel finale, ad accettare un patto con il Diavolo e a diventare essa stessa una strega. Su alcune delle motivazioni che potrebbero aver portato a questa scelta ci soffermeremo più avanti (sono quelle che rientrano in un’interpretazione in un’ottica più femminista dell’opera di Eggers), ma nel corso del film ci viene più volte fatto capire che lei è quella del nucleo familiare con un maggiore attaccamento ai beni terreni. È lei a ricordare al fratello come fossero belle le finestre di vetro che avevano nella loro casa in Inghilterra e che parla delle mele che aveva la possibilità di mangiare: Thomasin, rispetto al resto dei suoi familiari, si mostra in questo senso più corruttibile.
Lei, inoltre, è quella che mostra fin da subito un certo sconforto nell’abbandonare la colonia, mentre tutti volgono lo sguardo verso il futuro che li attende, Thomasin è infatti l’unica che si guarda indietro. Thomasin, però, è anche tra tutti l’unica ad essere consapevole dei propri peccati e a nutrire dei dubbi nei confronti della religione (e della scelta di suo padre): lo capiamo nella parte iniziale del film, quando l’ascoltiamo pregare e chiedere perdono per una serie di trasgressioni e mancanze. Questo è il momento in cui probabilmente viene scelta da Diavolo per diventare una sua preda, ce ne rendiamo conto perché nelle poche scene iniziali ambientate nella nuova fattoria che la famiglia a costruito sembra che tutto stia andando per il meglio (la madre ha partorito Samuel senza problemi, il lavoro procede, il raccolto sta dando i suoi frutti) da quella sequenza in poi, invece, tutto precipita: Samuel viene rapito, il raccolto marcisce e gli animali non danno più uova ne latte (segni inequivocabili, nelle credenze dell’epoca, del maleficio di una strega), Caleb viene sedotto e poi muore.
Quello che accade alla famiglia di Thomasin dipende quindi dal fatto che l’obiettivo del maligno, il caprone Black Philip che prende forma umana nella sequenza finale, sia stata lei fin dall’inizio: ciò che fa è privarla di ogni certezza, portando via, una ad una, le persone che ama e lasciandola priva di scelta. Quando si ritrova da sola nella fattoria, dopo che tutti i suoi famigliari sono morti, che cosa potrebbe fare? Cercare di tornare alla colonia, ma potrebbe morire nel tragitto o addirittura, una volta arrivata, essere essa stessa accusata di stregoneria, processata ed uccisa. Potrebbe restare nella fattoria, da sola, ma per quanto a lungo potrebbe sopravvivere? Scegliere di votare la propria vita al Diavolo è quindi forse l’unica scelta le rimane. Pur essendo una ragazza pura e credente (cosa che l’ha resa una preda appetibile), Thomasin è stata logorata e manipolata al punto da decidere di diventare una strega, firmando il libro del Diavolo, spogliandosi dei propri vestiti (riferimento al fatto che ora è pronta a perdere la sua purezza) e unendosi nel finale al ballo delle altre streghe. Insieme le donne, sotto lo sguardo di Black Philip, si alzano in volo in preda all’estasi (e qui ci chiediamo se sia grazie ai corpi dei gemelli scomparsi, trasformati in unguento come era accaduto per Samuel, che possono farlo).
La scelta di Thomasin
Una parola che abbiamo utilizzato più volte in questo articolo è “scelta”, riferendoci tanto a quelle che vengono prese per Thomasin nel corso di tutto il film ed infine a quelle che è “costretta” a prendere nel finale, perché non le rimangono altre opzioni. Thomasin è una donna del diciassettesimo secolo, e non può decidere in alcun modo della sua vita: è una proprietà di suo padre, prima, e di quello che sarà suo marito, poi. Durante il film ci viene mostrato come si ritrovi a subire scelte che altri hanno preso per lei: dall’abbandonare la colonia alla volontà dei suoi genitori di “venderla” ad un altra famiglia (spaventati dal suo corpo che cambia e dalle tentazioni che può instillare). Thomasin – come le donne di quell’epoca – è un oggetto che può essere venduto e scambiato. Il finale, quindi, potrebbe anche essere visto come un modo per la ragazza di riappropriarsi della propria vita e di “scegliere” finalmente per sé stessa. Le promesse che le fa Black Phillip per convincerla a firmare il suo libro sono sì legate a beni materiali (“Ti piacerebbe il sapore del burro? Un bel vestito? Ti piacerebbe vivere nel lusso?”) ma sottintendono la possibilità di vivere con una libertà che lei non ha mai avuto (“Ti piacerebbe vedere il mondo?”). Entrare a far parte della congrega di streghe che vediamo nel finale potrebbe anche significare essere accolta in una comunità che l’accetta per quello che è e che, a differenza di come hanno fatto i suoi familiari, non tenta di cacciarla o la disprezza per il semplice fatto di essere donna.
La stessa Anya Taylor-Joy quando le è stato chiesto di commentare il finale del film durante una conferenza stampa di presentazione di The Witch, ha ammesso che secondo lei si trattava di un “happy ending” per Thomasin, perché quella che fa è l’unica scelta che le è mai stata data possibilità di prendere, e può finalmente abbracciare la propria femminilità insieme ad altre donne come lei.
Certo, è difficile vedere nel finale di The Witch qualcosa di completamente positivo. In fin dei conti Thomasin ha venduto la sua anima al diavolo (ed è stata costretta, dalle circostanze, a farlo), però possiamo sicuramente leggerci qualcosa di rivoluzionario, una liberazione per Thomasin, che abbandona le costrizioni della vita delle donna puritana dell’epoca per qualcosa di diverso. Diventando la strega del titolo, Thomasin abbraccia una nuova vita, rinnegando quella famiglia che l’aveva disprezzata e incolpata proprio di essere una strega, trasformandosi (anche a causa loro) in quello di cui l’avevano accusata.