Con l’avvicinarsi della notte degli Oscar 2025, The Substance è tra i titoli più discussi nella corsa a Miglior Film. Il film ha ottenuto altre quattro candidature: Miglior attrice protagonista, Miglior sceneggiatura originale, Miglior regia e Miglior trucco. Una storia originale, ma che richiama chiaramente l’immaginario anni ’80 – tanto nei costumi, quanto nella fotografia e nei temi, con diverse reference letterarie a supporto.
Il film di Coralie Fargeat non esisterebbe senza l’edonismo di quell’epoca, senza La morte ti fa bella (1992) di Robert Zemeckis, senza Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde o Dottor Jeckyl & Mr Hyde di Robert Louis Stevenson. Tutti questi elementi si fondono qui in una versione estrema, che riprende le atmosfere del body horror anni ’80 e le aggiorna con le tecnologie del nuovo millennio. Una parabola terrificante che si mescola al desiderio ossessivo di giovinezza e bellezza a tutti i costi.
Una vecchia storia che si ripete
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Demi Moore interpreta Elisabeth Sparkle, icona televisiva famosa per un programma di aerobica (un chiaro omaggio a Jane Fonda, tra le pioniere dell’aerobica in Tv). La sostituzione delle attrici più mature con volti giovani è un tema ricorrente a Hollywood, già affrontato nel 1950 con Eva contro Eva, dove una Bette Davis in stato di grazia lottava per restare sulla cresta dell’onda mentre un’aspirante giovane attrice era pronta a tutto per prendere il suo posto. Il riferimento più evidente, però, resta La morte ti fa bella: Meryl Streep e Goldie Hawn interpretavano un’attrice sul viale del tramonto e una scrittrice in lotta per la giovinezza eterna, mentre Bruce Willis era il chirurgo estetico divenuto truccatore di salme, conteso tra le due e vittima di dinamiche assurde.
La scelta della Moore non è casuale: l’attrice, simbolo tra gli anni ’80 e ’90, è stata spesso etichettata come “popcorn actress” (come lei stessa ha dichiarato agli ultimi Golden Globes) e negli anni è stata ingiustamente sottovalutata.
Curiosamente, Willis e Moore (che sono stati una coppia nella vita) si ritrovano legati a due film con la stessa tematica: in La morte ti fa bella, una pozione arrestava l’invecchiamento donando l’eterna giovinezza; in The Substance, l’elisir è un’iniezione che genera una versione giovane e perfetta dell’originale (non senza atroci trasfigurazioni), ma comunque subordinata. In cosa si differenzia quindi The Substance rispetto a La morte ti fa bella e al tema dell’eterna giovinezza? Probabilmente la risposta è proprio davanti ai nostri occhi.
Black Mirrors
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Se i temi di The Substance sono ancora così attuali, nonostante arte e cinema abbiano già esplorato il tema della bellezza che sfiorisce, è perché la realtà si è evoluta – o forse, come direbbe qualcuno, è peggiorata. Basta guardare il nostro smartphone, lo “specchio nero” che riflette le nostre vite e quelle degli altri, alterando la percezione della realtà. I social (come fa da tempo la pubblicità televisiva) ci bombardano con immagini di “vite perfette” e corpi impeccabili, dove il tempo sembra non esistere. La maturità, quella legata alla saggezza, svanisce nell’oblio: conta solo essere perfetti, a qualsiasi costo. Questa ossessione porta a vite distorte, alla perdita dell’identità e autenticità, al desiderio di omologarsi e avere tutti le stesse cose: bellezza, successo, soldi.
Come Dorian Gray era schiavo del suo aspetto, anche Elisabeth Sparkle dipende dalla bellezza come fosse la peggiore delle droghe. Pur di conservare il suo aspetto e i privilegi che ne derivano, è disposta a sacrificare una parte di sé, quella ancora umana e consapevole, che viene lentamente inghiottita dalla sua nuova versione. Nel momento della trasfigurazione del corpo, Elisabeth diventa come il quadro in cantina di Dorian: vecchia, brutta e consumata.
Il gusto per l’orrido, finché non ci guarda dentro
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Guardando The Substance e film simili, ci divertiamo e inorridiamo allo stesso tempo di fronte al grottesco della situazione, convinti di esserne distanti. Ma basta uno sguardo allo “specchio nero” per renderci conto che anche noi, ogni giorno, assumiamo la nostra dose di “sostanza”. Bramando accettazione e appartenenza, sacrifichiamo pezzi della nostra identità per conformarci agli standard imposti. Non è solo un problema di Hollywood: questa vanità è profondamente umana.
“Siamo perennemente annoiati e vogliamo piacere a tutti, perché non ci basta piacere a una sola persona.” – La Donna Giusta, 2004
Il piacere è una droga per Oscar Wilde e Dr. Jekyll, esattamente come lo è per noi, che ogni mattina ci svegliamo e prendiamo la nostra dose di “sostanza” così da piacere a tutti e avvicinarci sempre di più alla migliore versione di noi stessi. La nostra vera personalità, nel frattempo, giace in uno sgabuzzino, mortificata e ignorata per un “fine superiore”.