C’è chi lo ama e chi lo odia, ma sicuramente il regista M. Night Shyamalan sa il fatto il suo quando si tratta di raccontare storie misteriose. In Split – il secondo film di una trilogia di cui fanno parte prima Unbreakable (2000) e Glass (2019) – il protagonista è Kevin , un ragazzo affetto da disturbo dissociativo di personalità: infatti convivono in lui ben 23 personalità diverse. Ma tutto questo è realistico oppure una semplice trovata cinematografica? La risposta è sì, può essere realistico.
Esistono moltissime persone che soffrono di questo disturbo della personalità: rispetto al film però è molto raro che siano frammentate in così tante personalità diverse. Tra l’altro non è la prima volta che incontriamo un prodotto cinematografico o televisivo che utilizza questo tema come espediente narrativo. La serie tv United States of Tara già nel 2009 ci presentava la stramba vita familiare della protagonista Tara Gregson che soffriva proprio di questo disturbo. Il personaggio fu interpretato da una sempre bravissima Toni Collette che diede spessore al personaggio oltre ogni aspettativa, tanto da farle guadagnare un Emmy Award e un Golden Globe.
Ma state tranquilli, incontrare persone che soffrono di questo disturbo nella vita di tutti i giorni è del tutto normale e non sono tutti aggressivi o problematici come Kevin. E poi, tutti noi abbiamo diverse parti della nostra personalità che ci rendono diversi ed unici. Me lo dicono sempre anche gli altri dentro di me!
Tornando a Split, nella trama del film, una delle personalità di Kevin (Uno straordinario James McAvoy) , rapisce un gruppo di amiche, tra cui Casey (una incredibile Anya Taylor-Joy) e le rinchiude nel proprio seminterrato. Avendo un passato difficile, sarà proprio Casey a convincere Kevin, attraverso le varie personalità, a lasciarla libera dopo aver affrontato la personalità più arcaica di Kevin, “La bestia”.
(Francesco Marzano è psicologo, psicoterapeuta e psicodrammatista, si occupa di rapporti tra psicologia e cinema e dell’impatto sugli spettatori.)