Il 5 agosto 2002, Newsweek dedicava la copertina a M. Night Shyamalan e scriveva in prima pagina: “Il nuovo Spielberg. Da Il Sesto Senso a Signs, M. Night Shyamalan è uno dei narratori più richiesti da Hollywood“. All’epoca, Signs stava per uscire nelle sale statunitensi e il regista era reduce dal successo globale e critico ottenuto prima da Il Sesto Senso e, poi, da Unbreakable – Il predestinato.
Signs ha rappresentato la prova del nove per un regista che potrebbe essere paragonato al Jordan Peele dei primi anni Duemila: un cinefilo in grado di imporsi come household name, di vendere ogni nuovo film costruendo la campagna marketing semplicemente attorno al suo nome e ai concept dei suoi titoli e di lavorare soltanto su contenuti originali. Risultato? 410 milioni di dollari di incasso a fronte di 72 milioni di budget. L’ennesimo enorme successo firmato da M. Night Shyamalan. Ma facciamo un passo indietro e proviamo a dare una spiegazione del finale di Signs.
Una storia di fede e casualità
Scritto e diretto da M. Night Shyamalan nel 2001 – le riprese del film sono iniziate il giorno dopo l’attentato dell’11 settembre – Signs è stato distribuito al cinema nel 2002 e, nel corso degli anni, si è affermato come un cult dello sci-fi dalle venature orrorifiche. Il film racconta la storia di Graham Hess e della sua famiglia: l’uomo è un ex reverendo che vive in una casa coloniale isolata a Bucks County, in Pennsylvania, insieme ai due figlioletti e al fratello. La moglie di Graham è deceduta in un incidente e, da quel momento, il reverendo ha perso la fede e ha iniziato a credere in un mondo privo di senso e dominato dal Caso. Le ultime parole della moglie, infatti, tranciata in due da un’automobile, sono state: “Guarda… Guarda! Dì a Merrill di colpire forte“. Merrill è il fratello di Graham e ha un passato da giocatore da baseball a livelli non professionistici; il fallimento della sua carriera lo ha reso particolarmente silenzioso. Infine, Morgan e Bo sono i due figli di Graham: il primo soffre di una grave forma di asma; la seconda, invece, ha l’ossessione di cambiare continuamente bicchiere da cui bere perché crede che, a contatto con l’aria, l’acqua perda la sua purezza e si contamini. La prosaicità della vita in campagna viene interrotta dalla scoperta di ampi cerchi tracciati intorno alla fattoria. Il fenomeno inizia a manifestarsi in tutto il mondo ma gli autori sono particolarmente abili nel non farsi individuare. La responsabilità dei cerchi nel grano è di Dio, di qualche buontempone o di creature aliene ostili?
Casualità, coincidenze o fede in un disegno divino?
Come interpretare il fenomeno dei cerchi nel grano? Esattamente a metà film – in corrispondenza di quello che viene definito midpoint, ovvero il momento di massima tensione drammatica di un’opera narrativa – Graham e Merrill si rendono protagonisti di un indimenticabile scambio di battute, durante il quale parlano di casualità, mera fortuna, coincidenze e fede in un disegno divino spesso incomprensibile per gli uomini. Alcuni frammenti video iniziano a mostrare gli alieni a figura intera e nei cieli di tutto il mondo dilaga la presenza di strane luci, a cui le persone guardano con atteggiamento diverso: c’è chi, pur avendo paura, considera la venuta degli alieni come un segno, la prova che esiste qualcuno che veglia sull’umanità; altri, invece, sono più cauti ma provano una sensazione di terrore e di solitudine difficilmente risolvibile. Anche Graham e Merrill si schierano: il primo pensa di essere stato abbandonato da Dio, reo di aver privato un suo servo di sua moglie; il secondo, invece, crede che le luci comparse in cielo siano una sorta di miracolo.
Un terzo atto risolutore
A risolvere la vicenda e a spingere lo spettatore a sbrogliare la matassa narrativa del film è il terzo atto, incentrato sullo scontro tra alieni e famiglia Hess. Proviamo a dare una spiegazione del finale di Signs. Man mano che il racconto va avanti, scopriamo sempre più dettagli sul passato degli Hess, sulla morte della moglie di Graham e, soprattutto, sulla natura degli alieni che, a quanto pare, sembrerebbero riottosi all’acqua. Dopo essersi barricati dentro casa, Graham, Merrill, Morgan e Bo si nascondono in cantina perché la loro abitazione è stata attaccata dagli intrusi – è questo il modo in cui gli alieni vengono definiti nei titoli di coda del film. Usciti dalla cantina in cui si erano nascosti per affrontare la notte alla ricerca di un inalatore per curare un grave attacco d’asma di Morgan, gli Hess si rendono conto che un ultimo alieno si nasconde ancora in casa. La creatura prende in braccio Morgan e gli spruzza un gas velenoso sul volto. Il bambino, però, è in crisi asmatica e non riesce a respirare – salvandosi, quindi, la vita.
Adesso non rimane altro da fare che affrontare l’alieno. Ad aiutare Graham sono le parole pronunciate dalla moglie in fin di vita: “Guarda… Dì a Merrill di colpire forte“. Lo sguardo dell’ex reverendo, in effetti, si allarga sulla stanza e nota una mazza da baseball. L’uomo fa segno al fratello di prenderla e lo invita a colpire forte l’alieno, che cade a terra e muore inondato dai resti d’acqua contenuti nei bicchieri sparpagliati per la casa da Bo. Che sia stato tutto quanto una coincidenza e un segno che è il Caso a governare il mondo? O, forse, la morte della moglie di Graham, l’asma di Morgan, la piccola ossessione di Bo e il passato di Merrill non sono altro che la prova che, forse, lassù qualcuno ci guarda? L’ultima breve sequenza di Signs mostra Graham Hess indossare nuovamente la tunica da pastore protestante. A differenza di quanto visto in una delle prime sequenze, in cui la parete presenta il segno lasciato da una croce rimossa dal muro (simbolo di una fede che difficilmente abbandona gli uomini), Graham ha ritinteggiato la stanza e si appresta a indossare la tunica da pastore. A quanto pare, l’uomo ha compreso appieno l’intero di-segno della sua esistenza, e ha scelto di interpretare quanto accaduto credendo nuovamente in Dio.
Ogni tassello è in ordine
Il mosaico che compone l’ordito narrativo di Signs prevede che ogni tassello abbia una sua precisa posizione. Quella che sembrava essere una notte capace di privare la famiglia Hess del proprio futuro, in realtà, ha aiutato Graham a riflettere sulla sua esistenza e a trovare una chiave di lettura sulla venuta degli alieni. La morte di sua moglie e le sue parole inizialmente senza senso si sono rivelate indizi fondamentali sulla modalità attraverso cui contrastare e uccidere l’ultimo alieno rimasto in casa; l’asma di cui Morgan ha sempre sofferto gli ha consentito di sopravvivere perché, nel momento in cui il bambino è stato attaccato dall’alieno, che gli ha spruzzato contro del gas velenoso, i suoi polmoni erano chiusi e lo hanno protetto dalla sostanza tossica; il passato da giocatore di baseball di Merrill – nonché l’invito di sua cognata a colpire forte – si è rivelato fondamentale per tramortire l’alieno che, infine, allergico all’acqua, è stato portato alla morte dai numerosi bicchieri pieni a metà che Bo sparpagliava per casa a causa della sua piccola ossessione. Signs parla di miracoli e della difficoltà di accettarli come qualcosa di diverso da semplici coincidenze.
Riflessioni notturne
Attraverso Signs, M. Night Shyamalan ha scelto di costruire una narrazione basata su numerosi indizi, il cui senso si schiude alla vista (e al cuore) in modo lento e progressivo, un po’ come avviene con le figure degli alieni, mostrate per intero soltanto a metà film. Allo spettatore è affidato il compito di scegliere: ognuno di noi è libero di credere in un disegno divino o nella forza di un Caso che getta la vita degli uomini in un vortice di totale anarchia priva di senso. Un dialogo tra Merrill e Graham esemplifica il senso ultimo del film. Di fronte alla TV e alle sempre più numerose luci che iniziano a popolare i cieli di tutto il mondo, Graham racconta:
Gli uomini si dividono in due grandi gruppi: quando gli capita un colpo di fortuna, i primi ci vedono più che mera fortuna, che mera coincidenza. Lo vedono come un segno, come la prova che esiste davvero qualcuno lassù che veglia su di loro; per i secondi è solo un caso, un fausto concorso di circostanza. Sono sicuro che quelli del secondo gruppo guardano quelle luci con molto sospetto. Per loro, questa situazione è metà e metà: può essere brutta e può essere bella. Ma, nel profondo, sono convinti che, qualunque cosa accada, essi sono soli… E questo li riempie di paura. Ma sono molto più numerosi quelli del primo gruppo. In quelle luci, essi scorgono il miracolo e, nel profondo, sono convinti che, qualunque cosa avvenga, c’è sempre qualcuno lassù che li protegge… E questo li riempie di speranza. Ecco, quello che devi chiederti è che tipo di persona sei. Sei di quelli che vedono segni o miracoli o pensi che sia soltanto il Caso a governare il mondo? Insomma, in altri termini, è possibile che le coincidenze non esistano?
E Merrill gli risponde:
Una volta ero andato a una festa. Sul divano con me c’era Randa McKinney. Stava seduta lì, vicino a me, bellissima e mi guardava. Mi stavo chinando per baciarla. Quando mi accorgo di avere la gomma in bocca… Allora mi giro, me la tolgo dalla bocca, la butto in un bicchiere di carta vicino al divano, mi volto verso di lei… E Randa McKinney in quel preciso momento si vomita addosso. In quell’istante stesso ho capito che era un miracolo. Avrei potuto baciarla mentre vomitava. Mi avrebbe segnato per tutta la vita. Non mi sarei ripreso mai più. Io sono un miracolato. Quelle luci sono un miracolo
Ciò che fa paura non si vede
“Il sentimento più forte e più antico dell’animo umano è la paura, e la paura più grande è quella dell’ignoto” sosteneva H.P. Lovecraft. In Signs, gli alieni compaiono per la prima volta a figura intera soltanto dopo circa 55 minuti, ovvero a metà film. Da cosa deriva questa scelta che rende il titolo assai simile a Lo Squalo di Steven Spielberg per il modo in cui gestisce tensione, suspense e il contrasto tra ciò che si vede e quello che, invece, è invisibile allo sguardo? La decisione di mostrare gli alieni in modo graduale attraverso dettagli e, poi, a figura intera soltanto in corrispondenza di un frammento video guardato in TV a metà film e del finale rispecchia la volontà drammaturgica di spingere lo spettatore a compiere le sue inferenze e a riempire gli spazi bianchi attraverso le informazioni fornite senza che nulla sia lasciato al caso.
Kathleen Kennedy, produttrice esecutiva del film, ha dichiarato a proposito della decisione del regista di distribuire indizi e segni con estrema cautela: “Il metodo narrativo di Shyamalan è molto hitchcockiano. Night vuole che il pubblico si chiede cosa stia guardando. L’idea è che l’immaginazione può offrirti molto di più di qualsiasi cosa che ti viene palesemente mostrata e che una lunga attesa accentua la suspense e la tensione della scena“.
Libertà di scelta
Dopo 20 anni dalla sua uscita, Signs continua a parlare di miracoli e della difficoltà di accettarli come qualcosa di diverso da semplici coincidenze attraverso una vicenda particolare che porta in scena dinamiche universali. Più concreto, umanista ed emotivo di quanto possa sembrare, Signs invita gli spettatori a scoprire che tipo di persone sono: “Ecco, quello che devi chiederti è che tipo di persona sei. Sei di quelli che vedono segni o miracoli o pensi che sia soltanto il Caso a governare il mondo? Insomma, in altri termini, è possibile che le coincidenze non esistano?“. Sta a noi capire da che parte schierarci. È tutta una questione di sguardo… Ognuno di noi sceglie ciò in cui credere.