L’8 maggio 1906 nasceva Roberto Rossellini: considerato il padre del Neorealismo, i suoi film hanno lasciato un profondo segno nella storia del cinema italiano e mondiale. Dalla Trilogia della guerra antifascista che comprende Roma, città aperta, Paisà Germania anno zero fino a Stromboli Viaggio in Italia, ripercorriamo la carriera del grande regista romano cercando di comprendere qual è stata l’importanza del suo lascito.

Fotogrammi della vita del dopoguerra

Una scena di Paisà di Roberto Rossellini
Una scena di Paisà di Roberto Rossellini – © FFP

Roma città aperta (1945), Paisà (1946) e Germania Anno Zero (1948): sono i tre film che costituiscono la Trilogia della guerra antifascista di Rossellini. Il primo, con protagonisti Anna Magnani e Aldo Fabrizi, è il più noto: la scena di Pina che cade sotto i colpi dei mitra tedeschi davanti agli occhi del figlio Marcello ha assunto un grande valore simbolico per la sua capacità di riassumere in modo straziante la sofferenza e la resistenza dei civili davanti all’occupazione tedesca. Roma città aperta segna l’inizio della collaborazione tra Roberto Rossellini, Sergio Amidei e Federico Fellini, con i quali il regista scriverà anche la sceneggiatura del successivo Paisà. 

Diviso in sei episodi che raccontano l’avanzata degli Alleati dalla Sicilia al Nord Italia e girato con attori non professionisti, Paisà mette insieme i frammenti di un’Italia devastata dalla guerra, mostrando le diverse realtà che la compongono nella loro unicità linguistica e culturale.

In Germania Anno Zero Rossellini sposta lo sguardo sulla Berlino alla fine della guerra: stavolta al centro della scena troviamo l’infanzia, incarnata da Edmund, il giovane protagonista che vaga tra le macerie della città alla ricerca di cibo. È forse l’apice del neorealismo rosselliniano e allo stesso tempo il film più cupo tra i tre: sebbene tutta la trilogia sia segnata dagli effetti visibili del conflitto mondiale, in Germania Anno Zero non c’è scampo alla miseria: la distruzione e la disfatta sono totali e annichilenti.

La Trilogia della guerra antifascista rappresenta il seme e al tempo stesso l’apice del neorealismo nella sua forma più autentica e trasparente, che si può riassumere nell’attenzione formale e tematica nei confronti un quotidiano incrinato dalle profonde ferite inflitte dalla guerra e dalla fame.

L’indagine dell’animo umano, tra volti e paesaggi

Ingrid Bergman in una scena di Stromboli di Roberto Rossellini
Ingrid Bergman in una scena di Stromboli di Roberto Rossellini – © RKO Radio Pictures

Dopo la stagione neorealista, Rossellini gira Stromboli (Terra di Dio) (1950), con protagonista Ingrid Bergman: qui il regista scopre nuovi modalità di narrazione attraverso l’immagine. Le immagini di Stromboli, terra vulcanica e isolata in cui si ritrova Karin, una profuga lituana che per sfuggire alla vita del campo sposa la sentinella Antonio. Stromboli è un percorso accidentato, un viaggio interiore e al tempo stesso profondamente fisico, in cui i confini tra il corpo e la terra, il paesaggio dell’isola e il volto di Bergman, diventano indistinguibili: la donna e l’ambiente che la circonda sono inserite in un dialogo profondo e indecifrabile, circondato da un’aura di mistero che sfiora il misticismo.

Bergman ritorna in un altro celebre film di Rossellini, Viaggio in Italia (1950): nella storia di una coppia di coniugi inglesi in crisi che giunge a Napoli, il regista tesse una storia dai toni intimisti che parla di rapporti in frantumi, di solitudini inespugnabili e di ritrovamenti imprevisti, al limite del miracolo, tra due amanti-estranei tra i vicoletti di una città straniera.

Ciò che accomuna le immagini del cinema di Roberto Rossellini e le rendono così pregiate, così uniche nel panorama del cinema, è quel velo sottile che si posa sulle cose e le innerva di una malinconia dolce e profondamente umana, che solo chi è capace di guardare in faccia la realtà e di riprenderla in presa diretta, senza rifuggirla, può evocare dalla materia umana.

Con Stromboli Viaggio in Italia Rossellini abbandona i territori conosciuti e sicuri che lo hanno reso famoso in Italia e nel mondo per condurre una sua ricerca personale: il suo più grande lascito sta sicuramente nel saper tracciare il proprio percorso individuale e nel farsi trasportare verso altre isole, altre solitudini da esplorare, altri paesaggi da raccontare. Ma senza mai abbandonare quel velo, quell’umanità così lacerata, desolata e solitaria, ma nonostante tutto vitale.

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Nata a Reggio Calabria nel 1999, Sofia Racco è una giornalista freelance e critica cinematografica: si occupa di cinema per Screenworld.it, NPC magazine e Cinefilia Ritrovata. Ha conseguito la laurea in Lettere moderne all'Università di Torino e al momento sta studiando Cinema, Arti della scena, Musica e Media. Dal 2023 fa parte anche di Nido Magazine, la rivista curata dagli studenti di giornalismo culturale della Treccani.