Cosa può esserci di peggio di un sequel di un film brutto? Un brutto sequel. E quando facciamo riferimento all’universo espanso del franchise horror The Conjuring creato da James Wan, di sequel e spin-off brutti non ce ne sono pochi. Il problema, in fondo, e l’abbiamo visto anche con le saghe di Saw e Insidious, è sempre lo stesso: se non c’è Wan dietro la macchina da presa, il risultato sarà (quasi) sempre mediocre.
La cosa di cui meno mi sono capacitata in questi anni è il “talento naturale” nel trasformare personaggi potenzialmente terrificanti introdotti in modo magistrale da Wan nelle pellicole madri, pensiamo ad Annabelle in The Conjuring – L’evocazione (2013) o a Valak, la suora demoniaca, in The Conjuring 2 – Il Caso Enfield (2016), in figurine di poco spessore che l’ultima delle cose che riescono a fare è proprio spaventare.
Questa premessa so che non lascia presagire nulla di buono. In realtà, come stiamo per approfondire in questa recensione di The Nun 2, dal 6 Settembre al cinema con Warner Bros., qualcosa di buono questa volta c’è; ma solo perché fare peggio di quanto stia stato già fatto sarebbe stato da criminali. Un giorno riusciremo a fare quattro chiacchiere con James Wan e a chiedergli sulla base di cosa sceglie i suoi collaboratori, ma non è questo il giorno.
The Nun 2
Genere: Horror
Durata: 110 minuti
Uscita: 6 settembre 2023 (Cinema)
Cast: Taissa Farmiga, Bonnie Aarons, Jonas Bloquet, Anna Popplewell
La trama: A volte ritornano
Ma dove eravamo rimasti? La trama di The Nun 2 si ambienta nel 1956, quattro anni dopo i “terribili” avvenimenti nel Monastero di Cârța, in Romania. Qui Suor Irene (Taissa Farmiga) e Padre Burke (Demián Bichir), aiutanti dal tutto fare Maurice (Jonas Bloquet), sono riusciti a sconfiggere il terribile Valak (Bonnie Aarons), un blasfemo demone che si mostra agli occhi dei credenti sotto le false spoglie di una suora. La battaglia ha lasciato delle ferite profonde, ma il male sembra essere stato sconfitto per sempre. O meglio, in questo ha voluto credere Suor Irene, ricominciando una nuova vita nella fede lontana dagli eventi della Romania.
A quanto pare, però, Valak ha trovato il modo di sopravvivere, ricominciando a seminare terrore, panico e morte. Quando raggiunge un paesino della Francia, dopo l’ennesimo brutale martirio, il Vaticano decide di contattare nuovamente la giovane suora, costringendola ad investigare sulle morti raccapriccianti e sul ritorno effettivo del demone. Questa volta, però, la posta in gioco è molto più alta tanto per la suora, misteriosamente connessa al demone più di quanto avrebbe mai immaginato, quanto per Valak stesso, ancora più assetato di sangue, vendetta ma, soprattutto, potere.
Un cambio di regia
Il primo The Nun – La Vocazione del Male (2018), diretto da Corin Hardy, non lasciò un buon ricordo, sebbene non sia andato troppo male al botteghino, anzi. Del resto, non sempre un buon box-office è sinonimo di un ottimo film o viceversa. E non dimentichiamo che spesso parliamo di film ad un budget altamente ridotto.
La pellicola precedente a questa nuova uscita, era riuscita ad impoverire completamente l’atmosfera inquietante e terrificante che un solo uno sguardo di Valak era stato capace di trasmettere nel secondo capitolo di The Conjuring. Ammettiamolo pure: le parti più spaventose del secondo capitolo della saga dei coniugi Warren, sono quasi del tutto da associare alla suora demone. La pellicola però dedicata unicamente a questo essere, non propriamente un’origin story (e forse sarebbe stato meglio se lo fosse stato), si è rivelata essere un film lento, poco ispirato, banale e privo di suspence. Qualcosa di altamente dimenticabile, un horror a stento per chi di horror ne mastica veramente pochi.
Per questo secondo capitolo si è deciso di affidare la regia a Michael Chaves, decisione, giusto per tornare alla fantomatica chiacchierata con James Wan, altamente discutibile. L’esordio di Chaves con La Llorona – Le Lacrime del male (2019) fu davvero pessimo a livello qualitativo e non meno lusinghiero il risultato del secondo lungometraggio che gli è stato affidato, proprio la serie madre The Conjuring con il terzo capitolo, The Conjuring 3 – Per Ordine del Diavolo (2023). Il regista statunitense apre sempre le sue pellicole con una scena ad alta tensione, in bilico tra l’horror e il thriller. Fa sempre ben sperare, per poi perdersi miseramente per strada. L’horror diventa una componente inesistente, il thriller rimane in agguato nell’angolo ma mai espresso realmente fino in fondo. Si resta in continua attesa dell’avvento di un qualcosa, qualsiasi cosa, ma fondamentalmente non succede mai nulla. E poi… azione, azione, azione. Talmente tanta azione tra esplosioni, inseguimenti, scazzottate che viene la sana curiosità di vedere Michael Chaves alla regia di un cinecomic perché, probabilmente, la giusta vocazione del regista è proprio quella.
Uno schema che si ripete
The Nun 2 non differisce troppo da questo schema se non per un’unica eccezione: è più interessante. Tra le tre pellicole dirette da Chaves, questa risulta essere indubbiamente la migliore. Trova quella che, potremmo definire, “la sua dimensione”: un popcorn movie intrattenente ed infarcito di jumpscare. Non il massimo per un vero appassionato di horror, ma sicuramente ben più digeribile dei film precedentemente diretti e dello stesso primo capitolo dedicato alla suora demone. Un sequel che si lascia vedere e che, a suo modo, potrebbe anche divertire.
È interessante il modo in cui Chaves riesce a dosare tutti gli elementi di questo film che, partendo da una dinamica molto più thriller ed investigativa che horror, proprio come in The Conjuring 3, lo porta a diventare quasi un film di supereroi. Abbiamo la nostra suora Irene che è l’eroina di turno che deve credere in se stessa, nella sua fede, nel suo potere interiore, affrontando le sue paure e avendo il coraggio di fronteggiare il suo “demone sotto al letto” faccia a faccia, a testa alta; non manca l’aiutante magico, una ragazzina di nome Sophie (Katelyn Rose Downey) che ha il poter di osservare al di là del velo della realtà, dimostrandosi quella più capace di tutti a tenere testa a Valak; il villain completa la sua trasformazione e diventa un vero e proprio supervillain con tanto di poteri oscuri a portata di mano, non più solo possessioni ma anche evocazioni di altri demoni, far crollare cappelle intere e dare fuoco a tutto ciò che si trova sotto il suo naso (e che naso) con lo sforzo di un mezzo sorrisetto compiaciuto e maligno. In questo film troviamo anche la compagna di viaggio scettica, suor Debra (Storm Reid), quella che non crede se non vede, alla ricerca di un segno per poter risvegliare nuovamente la fede sepolta in sé.
Non può mancare un accenno di linea romantica che, in fondo, nell’universo di The Conjuring piace sempre, soprattutto quando viene usata per sottolineare la calma prima della tempesta. C’è un’epica battaglia, ci sono urla, esplosioni, morti che tornano in vita – strizzando anche un po’ l’occhio alla sacra regola dello slasher dove la final girl di turno non si assicura mai se il mostro è veramente morto. E c’è il bene che trionfa sul male. O forse no. Non manca letteralmente nulla. Ah no, qualcosa in effetti manca: la paura.
Un film più “interessante” che spaventoso
Il reale problema di questo film è l’essere una storia più interessante, rispetto al predecessore, che spaventosa. Sebbene più scorrevole e strutturato, l’avere buona parte del film su due storie apparentemente separate non giova tantissimo né alla trama principale né tanto meno ai personaggi. Abbiamo fatto degli enormi passi in avanti rispetto al predecessore, finalmente si esplora e approfondisce meglio l’origin story di Valak e si da anche più spazio al demone stesso, così come c’è una maggior caratterizzazione del personaggio di Irene, eppure The Nun 2 non convince del tutto. Taissa Farmiga e Bonnie Aarons (sempre più meravigliosa nel sacrilego ruolo), non possono essere l’unica ragione per vedere il film o mantenere le traballanti fondamenta unicamente sulle loro spalle. Ci vuole ben altro, soprattutto in un panorama (anche per colpa di questo franchise) completamente atrofizzato dove a spiccare sono proprio quegli horror che riprendo le strutture del passato, parlando delle paure più ataviche dell’essere umano come metafore dell’attualità, ma sempre con un’alta dose di sperimentazione, coraggio di osare e provocare. E purtroppo, di quegli horror lì, non ce n’è mai abbastanza. Ma non siamo troppo ingenui, sappiamo benissimo come funzionano le regole del mercato, e lo sa anche James Wan, più che consapevole di come far paura davvero anche con horror mainstream, il problema sta più nel team “creativo” di collaboratori a cui affida le redini del futuro di questo universo e dei progetti affini.
Non è un film che resta impresso nella memoria. Intrattiene, certo, ma non spaventa. Ogni singolo jumpscare è tremendamente prevedibile. Sappiamo sempre quando Valak sta per comparire, quando qualcosa sta per accadere. Possiamo prevedere l’esatto momento in cui il regista vorrebbe prenderci alla sprovvista, riuscendo nel suo intento davvero di rado (per non dire mai, ma la paura è soggettiva, quindi, lasciamo il beneficio del dubbio). Oltre a commettere fin troppo spesso delle ingenuità, soprattutto in pieno secondo atto, parte più problematica dell’intero film che, invece, si distingue per un primo tempo più accattivante, che rompono la sospensione dell’incredulità. Non serve di certo un occhio esperto per comprendere che, in fondo, la costruzione della suspense, l’esasperazione del climax, in queste pellicola passa completamente in secondo piano. Facciamo anche terzo. E purtroppo questo è uno schema fisso all’interno dell’universo di The Conjuring. Ci troviamo costantemente di fronte a pellicole cariche di potenzialità ma che non vanno al di là della mediocrità. Ottimi blockbuster per un pubblico di ragazzini che preferiscono il piccolo e breve spavento per poi farsi una risata; ma che di quella sana e viscerale sensazione di terrore che ti scava dentro, di paura che ti accompagna anche al di là della visione, ben poco rassicurante del classico jumpscare ma che, proprio come un demone o fantasma torna a tormentarti anche le notte successive a quella della visione, non c’è assolutamente nulla.
Sta di fatto che Michael Chaves con The Nun 2 riesce, nonostante tutto, a confezionare un sequel ben più intrigante e coinvolgente. Approfondisce di più i personaggi principali e riesce, addirittura, a gettare un po’ di lore riguardante Valak, creando degli interessanti collegamenti biblici. Il gancio per un futuro promettente, anche da un punto di vista simbolico dove poter riflettere sul concetto di fede, discendenza e lotta interiore dei propri demoni e mostri, c’è tutto. Adesso bisogna solo vedere se si saprà sfruttare, finalmente, quest’occasione o se, ancora una volta, sarà una presa mancata.
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La recensione in breve
The Nun 2 sa essere un sequel migliore del precedente, più strutturato ed anche più interessante, purtroppo però il fattore paura continua a mancare. Non si esce dalla sala pienamente convinti, per quanto il potenziale per un futuro più oscuro ci sia tutto. Taissa Farmiga e Bonnie Aarons si confermano protagoniste assolute.
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Voto Screenworld