Ryūsuke Hamaguchi è indubbiamente uno dei registi più talentuosi del panorama cinematografico asiatico e mondiale. Nel 2015 si fa notare a Locarno con Happy Hour, un lungometraggio dalla durata imponente di 317 minuti, e nel 2018 si presenta a Cannes con Asako I e II. Ma la consacrazione internazionale arriva nel 2021, anno in cui sforna ben due film, uno più bello dell’altro. Il primo, Il Gioco del Destino della Fantasia, viene premiato a Berlino con l’Orso d’Argento. Il secondo, Drive my Car, non solo ottiene a Cannes il prestigioso premio per la miglior sceneggiatura, ma trionfa agli Oscar vincendo la statuetta per il miglior film internazionale contro un certo È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino.
Ad Hamaguchi mancava, dunque, solamente la Mostra del Cinema di Venezia come importante fortino festivaliero da espugnare. Ebbene, ci riuscirà anche qui. Nel 2023 porta a Venezia 80 Il male non esiste (Aku wa sonzai shinai), di cui vi parleremo in questa recensione, dominando insieme a qualche altro titolo un concorso abbastanza modesto e aggiudicandosi il Leone d’Argento – Gran premio della giuria, oltre che il plauso della critica. L’opera in questione nasce da una collaborazione tra l’autore e la compositrice di Drive My Car, Eiko Ishibashi. Quest’ultima aveva chiesto proprio ad Hamaguchi di realizzare un filmato per la sua esibizione dal vivo, Gift. Il progetto ha poi conosciuto uno sviluppo più ampio fino a diventare un vero e proprio film.
Genere: drammatico
Durata: 106 minuti
Uscita: 6 dicembre 2023 (Cinema)
Cast: Hitoshi Omika, Ryo Nishikawa, Ryuji Kosaka, Ayaka Shibutani, Hazuki Kikuchi, Hiroyuki Miura
Il male non esiste: la trama del film
L’ultima fatica del cineasta nipponico si apre con una lenta carrellata dal basso che riflette la pace del contesto all’interno del quale si muovono i protagonisti. Una sequenza accompagnata dall’evocativa musica della compositrice Ishibashi. Takumi è un boscaiolo che conduce insieme a sua figlia una vita semplice e modesta in un piccolo villaggio fuori Tokyo. Un ambiente bucolico governato dalle leggi e dalla ciclicità della natura. Un giorno la sua modesta quotidianità viene scossa dall’irruzione della civiltà: arrivano due rappresentanti di un’agenzia di moda sovvenzionata dal governo che vuole costruire di un glamping (un campeggio di lusso) nel bosco dove la comunità di Takumi vive.
Questo progetto verrà posto al centro di proteste da parte degli abitanti, anche perché presenta un programma di lavoro che prevede un’alterazione delle risorse idriche a disposizione del villaggio. In mezzo alle perplessità dei locali verso questo capitalismo imperante, i due funzionari dell’agenzia proveranno ad instaurare un rapporto con Takumi e sua figlia per cercare di arrivare ad un punto di incontro. Ma la vicenda prenderà una svolta decisamente inaspettata.
Silenzi contemplativi
Silenzi e parole. Campagna e Città. Natura e civiltà. È un cinema di opposti quello di Ryusuke Hamaguci, che con questo suo ultimo lavoro fonda definitivamente la sua poetica in un’espressività meditativa che trova le sue radici in quelle dei capolavori dei grandi maestri del cinema giapponese come Ozu e Mizoguchi. Lontano dalla possente struttura drammaturgica di Drive my Car (e con una durata significativamente minore: 106 minuti in confronto alla tre ore del film premiato con l’Oscar), Il male non esiste si adagia su un’estetica puramente minimalista, su dialoghi ridotti all’osso in favore di silenzi ascetici che contemplano le consuetudini di un villaggio fuori dal tempo, minacciato da un’apocalisse imminente. L’opera di questo straordinario autore vibra nelle piccole cose, nella tranquillità bucolica indotta dai lenti movimenti di macchina della regia, nei suoi personaggi catafratti in un non-detto oscuro ed enigmatico.
Un messaggio ecologista
I cervi attaccano quando sono feriti. Possono reagire perché sono impauriti. Le mamme animali diventano molto protettive quando percepiscono che i loro cuccioli sono in pericolo. E se la natura si ribellasse dopo millenni di violenze consumate dall’essere umano? Cosa succederebbe? Hamaguchi invita lo spettatore a riflettere sulle ferite inflitte alla Terra da parte dell’uomo, dalla sua smania di lasciare un’impronta spesso orientata verso un inesauribile profitto, a cui viene data troppa importanza a prescindere da ciò che potrebbe arrecare.
Lo fa con un film piccolo nella forma, ma da un contenuto puramente e profondamente ecologista il cui sviluppo trova la sua massima incisività in un criptico finale ancora oggi sotto la lente di ingrandimento di chi l’ha assorbito qualche mese fa a Venezia. L’unico modo che noi abbiamo per salvare il nostro pianeta è ristabilire un equilibrio con la natura. Hamaguchi ne parla con una pellicola che non sarà emotivamente coinvolgente come Drive my Car, ma che ha l’eleganza, la sensibilità e soprattutto l’umiltà tipiche delle grandi opere del cinema asiatico. Il male non esiste è nelle sale dal 6 dicembre con Teodora film e Tucker film, e si appresta ad affermarsi come uno dei titoli più importanti di questa annata.
E voi cosa ne pensate di questo? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo la recensione insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!
La recensione in breve
Il male non esiste conferma nuovamente tutto il talento del regista giapponese. Un film piccolo nella forma ma da un contenuto profondamente complesso. Non avrà il coinvolgimento emotivo di Drive my Car, ma ha la sensibilità, l'eleganza e soprattutto l'umiltà tipiche delle grandi opere del cinema orientale.
-
Voto ScreenWorld