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    Home » Cinema » Ultime recensioni cinema » Green Border, recensione: al confine con la disperazione

    Green Border, recensione: al confine con la disperazione

    La recensione di Green Border: spietato dramma polacco, ambientato al confine tra la Bielorussia e la Polonia.
    Giuseppe GrossiDi Giuseppe Grossi7 Settembre 2023
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    È una sensazione difficile da spiegare, ma che riconosci subito. È quella che provi dopo aver visto un film importante, duro, che non ti lascia andare dopo i titoli di coda. Come fanno le cose pesanti destinate a rimanerti addosso, a macerarti dentro. È quello che abbiamo provato guardando l’ultimo, feroce film di Agnieszka Holland, regista polacca che impreziosisce il Concorso della Mostra del Cinema di Venezia 2023 con un’opera destinata a lasciare il segno. Nella storia del festival (forse) e nella sensibilità di chi lo guarda.

    Apriamo la nostra recensione di Green Border restituendovi le sensazioni provate dopo una proiezione sfociata negli applausi e in un lungo silenzio. Quello che il pubblico di solito riserva ai film che richiedono rispetto e tempo per essere metabolizzati. Partiamo dalle sensazioni, perché è di questo che vive Green Border. Una lunga e impietosa discesa negli inferi, vissuta al fianco di chi spera nel sogno dell’Europa e invece rimane intrappolato nei suoi pericolosi fili di ferro.

    Green BorderGenere: drammatico
    Durata: 147 minuti
    Uscita: 5 settembre 2023 (Festival di Venezia)
    Regia: Agnieszka Holland
    Cast: Jalal Altawil, Maja Ostaszewska, Tomasz Włosok, Behi Djanati Atai, Mohamad Al Rashi

    Foreste in bianco e nero

    Sul set di Green Border
    Ottobre 2021. Il Covid sta allentando la sua morsa. Infatti sugli aerei c’è chi indossa la mascherina e chi preferisce non farlo. A bordo di un volo c’è una famiglia di profughi siriani diretta in Bielorussia. Padre, madre, nonno e due bambini con solo obiettivo: arrivare nei confini dell’Unione Europea per iniziare una nuova vita in Svezia, dove sono attesi da un parente. Un viaggio inizialmente tranquillo, che poco per volta si trasforma in un incubo sempre più insensato e violento. Perché al confine tra la Bielorussia e Polonia gli eserciti delle due nazioni giocano a ping pong con le anime in pena dei migranti. Un rimbalzo di corpi trattati come luridi fantocci in cui il valore della vita sbiadisce ogni giorno di più. Ed è per questo che Holland il colore lo conserva solo nel titolo, perché Green Border non poteva che essere un film in bianco e nero. Una scelta quasi obbligata visto che questa storia, così attuale, vera e legata a fatti parecchio nascosti dalle cronache, non conosce vie di mezzo.

    Oltre il filo spinato

    Una scena di Green Border
    O dentro o fuori. O nemico o amico. O vita o morte. Green Border parte ragionando in codice binario. Con una freddezza quasi documentaristica, Holland racconta il dramma di questa famiglia spogliando il cinema di ogni patina. Tutto quello che vediamo sembra vero, schietto, senza filtri. Dai dialoghi scarni, quasi rubati alla realtà, alla messa in scena sporca, che raramente cede al fascino dell’estetica, perché qui al confine tra la speranza e la disperazione non c’è niente di bello da mostrare. Poi, però, quella che nella prima parte del film sembra una lunga odissea nel dolore, mai troppo ricattatorio proprio grazie allo stile realistico della regia, poco per volta cambia. Succede quando Green Border salta oltre il filo spinato e cambia prospettiva, mostrandoci anche come si vive, si ammazza e si lotta oltre il confine. Così, al fianco della famiglia siriana, eccoci nei panni di un soldato polacco e di una psicologa che decide di aiutare un gruppo di attivisti pronti a tutto pur di salvare i profughi da un destino infame. Un cambio di sguardo che all’inizio fa quasi perdere mordente al film, ma che pian piano non fa altro che arricchirlo di spessore e dilemmi.

    La zona grigia

    Un frame di Green Border
    Sarebbe stato facile fermarsi all’ovvia condanna dei carnefici. Sarebbe stato comodo mostrare soltanto l’odio, il disprezzo e la prevaricazione. Invece Holland preferisce far venire a galla le sfumature, le contraddizioni e di conseguenza l’umanità del racconto. E allora eccola la zona grigia, ecco l’incontro tra il bianco e nero. Ecco le crisi di coscienza di chi deve scegliere tra la via più facile e quella più giusta. Ecco che il film interroga le persone sul peso delle loro scelte, sospese tra l’egoismo e l’empatia, il coraggio di fare qualcosa e la codardia del non fare nulla. Col suo sguardo attento, che sbircia anche in casa degli aguzzini, Green Border va a caccia di sentimenti anche laddove sembra tutto arido e morto. Per questo crediamo che difficilmente Holland lascerà la Mostra del Cinema a mani vuote, perché se le è sporcate col fango e col sangue. Tutte cose di cui Green Border è impregnato, tanto da rimanere addosso. Assieme ai suoi dubbi scomodi, che vengono a trovare tutti. Mica solo profughi e soldati lungo quel maledetto confine mica poi così lontano.


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    La recensione in breve

    8.0 Spietato

    Un dramma al confine tra la speranza e la disperazione. Questo è Green Border. Un racconto dal realismo quasi documentaristico, dedicato all'odissea dei migranti al confine tra la Bielorussia e la Polonia.

    • Voto ScreenWorld 8.0
    • Voto utenti (0 voti) 0
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