Se c’è un cinecomic uscito fuori tempo massimo, quello è Blue Beetle. Ispirato al celebre supereroe nato negli albi a fumetti anni ’40 della Fox Comics e successivamente DC, il film diretto da Angel Manuel Soto sbarca nelle sale di tutto il mondo in un momento di delicatissimo limbo per i piani cinematografici del cosiddetto DC Extended Universe. Un po’ perché il progetto Snyderverse si è miseramente chiuso con l’antipasto dell’incontro/scontro tra il Black Adam di The Rock e il Superman di Henry Cavill, un po’ perché James Gunn ha preso le redini del DCEU liquidando senza troppe cerimonie la fase inaugurata da Zack Snyder e conclusasi con i modestissimi (e in parte fallimentari) Shazam: Furia degli dei e The Flash.
In questo contesto di insuccessi commerciali, flop tout court e fluidità artistica, si inserisce Blue Beetle, pecora nera dell’ultimissima fase del DCEU e insperato primo capitolo di una possibile saga di (in)successo. Nella nostra recensione di Blue Beetle vi spiegheremo in dettaglio i punti di forza inaspettata e le debolezze di questo ennesimo tassello cinematografico dedicato ai supereroi targati DC, tra risultati frustranti e una scrittura sorprendentemente genuina.
Blue Beetle
Genere: Fantasy, Supereroi
Durata: 128 minuti
Uscita: 17 agosto 2023 (Cinema)
Cast: Xolo Mariduena, Susan Sarandon, George Lopez, Elpidia Carrillo, Belissa Escobedo, Adriana Barraza
Il super-guardiano di Palmera City
Jaime Reyes (Xolo Mariduena), adolescente di origini messicane che abita con il padre e la sorellina a Palmera City vicino a El Paso, trova per caso uno strano scarabeo blu e scopre presto che si tratta di un artefatto mistico alieno, in grado di conferirgli, in caso di pericolo, un potente esoscheletro armato. Quando questa curiosa armatura ancestrale si mescola letteralmente con il corpo adolescente di Jaime, il ragazzo di origini messicane imparerà letteralmente a volare, a difendersi da degli irriducibili nemici senza pietà e a proteggere la cosa che ha più a cuore di tutte: la sua variopinta famiglia. Un incipit, quello di Blue Beetle, che non suona di certo del tutto nuovo alle orecchie degli spettatori cinematografici più aficionados del genere cinecomic, tanto che risulta facilissimo proiettare parallelismi contenutistici con altre decine di lungometraggi simili ed apparentati. Ma al film di Angel Manuel Soto di essere fresco ed originale a tutti i costi poco interessa.
Perché l’adattamento cinematografico di Blue Beetle, supereroe degli albi Fox Comics e soltanto dal 1983 proprietà intellettuale DC, fa un passo indietro rispetto alle smisurate ambizioni degli ultimi tasselli cinematografici del cosiddetto DC Extended Univers e mette in scena un superhero movie ad altezza adolescente, quasi ripescando la spensieratezza e il brio scanzonati dello Spider-Man in casa Marvel di John Watts. E se questo è il crimine che Blue Beetle deve pagare per ritrovarsi incastonato tra il lascito incompiuto dello Snyderverse e il nuovo regno di James Gunn, beh è un po’ un peccato.
Un supereroe al confine
In risposta alle nuove istanze di maggior rappresentanza etnica che hanno prima investito il mondo dei fumetti e poi del cinema e della serialità (su tutti, il Miles Morales dello Spiderverse targato Sony sia da miglior esemplificazione), anche Blue Beetle vuole dire la sua a riguardo, e consegna il fantascientifico esoscheletro di misteriose origini egiziane ad un adolescente messicano di nome Jaime Reyes, proprio come accade ad una delle ultime run degli albi a colori dedicati allo “scarabeo blu” di casa DC. Un messaggio dunque forte e chiaro quello di Blue Beetle, dalla scelta di affidare la regia al portoricano in erba Angel Manuel Soto, la sceneggiatura all’ispanico Gareth Dunnet-Alcocer e di affidare i ruoli principali ad interpreti fortemente legati all’identità messicana e, per esteso, al Sud America.
Un’ode cinematografica a quelli che, al confine geografico tra America Centrale e Stati Uniti, si sentono da decenni schiacciati tra un’amministrazione (quella della nazione messicana) che lascia poco spazio allo sviluppo sociale ed economico, e la terra delle infinite possibilità. Apologia degli ultimi e dell’emigrazione da Messico ad USA che nel giovane adolescente che veste il potente esoscheletro trova la sua sintesi più congegnale nel racconto squisitamente pop e dinamico dei fumetti destinati infine ai teenager desiderori di riscatto ed immedesimazione.
Poche idee, tanto cuore
Una funzione prettamente sociale e di visibilità etnica di cui il superhero movie diretto da Angel Manuel Soto si fa carico con tutte le migliori intenzioni del mondo, ma che svolge nel concreto senza guizzi registici, linguaggi cinematografici inediti e/o innovativi, in completa assenza di una riconoscibilità che lo distingua da altre pellicole accostabili. Seguendo quindi il percorso poco accidentato di una supervisione che vola con il pilota automatico, il regista portoricano firma un tassello DCEU di origini con pochissime idee, derivativo e francamente piuttosto scontato, equilibrato da una scritttura tuttavia semplice ma efficacissima, che mette sufficientemente a fuoco i suoi personaggi principali ed inscena una genuina e dinamicissima super-avventura sul potere della famiglia e destinata ad un pubblico anche e soprattutto di famiglie.
Uno scotto da pagare che penalizza il posizionamento di Blue Beetle nel piano più ampio dello svolgimento dell’Extended Universe distribuito da Warner Bros., in imminente passaggio di consegne da Zack Snyder all’imprevedibile James Gunn. In questo gioco di potere e di visioni produttive, dove si inserisce quindi Blue Beetle? Prevedibilmente (ma gli auguriamo un percorso nelle sale cinematografiche sorprendente) nel terribile limbo del flop commerciale, incapace di attirare un bacino sufficiente di spettatori che negli ultimi anni sta dando vita ad emorragie di incassi e di engagement non solo verso i prodotti targati DC ma anche nei confronti degli ultimi, deludenti Marvel.
Blue Beetle è vittima di un gioco di potere più grande
E allora, cosa augurare al lungometraggio DC diretto da Angel Manuel Soto? Perché pur nella sua struttura prevedibile, stanca e formalmente fuori tempo massimo (a tratti, sembra uscire da un progetto supereroistico dei primi anni Duemila), con un gancio trasversale in una Susan Sarandon sprecata e gigionesca nel tratteggiare la sua villain manipolatrice e senza scrupoli, Blue Beetle scontenterà i più smaliziati del genere comic-book movie ma renderà paradossalmente felice il target ideale a cui fa sostanzialmente riferimento: quello prettamente adolescenziale e di famiglie. Una ricetta vincente anni fa, ma che coniugata agli stravolgimenti in casa DC Entertainment/Warner e i suoi miserevoli fallimenti di critica e pubblico più recenti, sprizza ruggine da tutti i pori.
Un peccato in fin dei conti, perché il nuovo tassello cinematografico del DCEU in arrivo nelle nostre sale da giovedì 17 agosto è in fin dei conti una vittima innocente e dalle intenzioni onorevoli, stritolata da giochi di potere e strategie produttive che non gli renderanno giustizia pur nella sua semplicità ed ingenuità narrativa. E tutto sommato, di farne una colpa ai talent ingaggiati dalla major hollywoodiana per portare sul grande schermo il supereroe “minore” creato da Charles Nicholas Wojtkowski alla fine degli anni ’30, non ci sembra poi così giusto.
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La recensione in breve
Fuori tempo massimo e dal fascino un po' retro, Blue Beetle sbarca nelle sale nel periodo peggiore per la DC al cinema, tra passaggi di consegna e ricerche di nuovi orizzonti. Nonostante sia privo di una sostanziale e riconoscibile identità e visione artistica, Blue Beetle vola basso rispetto ai suoi colleghi più altisonanti e paga lo scotto di essere meno originale ma più genuino rispetto a Batman, Wonder Woman e Flash.
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Voto ScreenWorld