Il buon cinefilo lo riconosci perché, durante i giorni che intercorrono tra l’annuncio delle nominations ai premi Oscar e la cerimonia di premiazione (prevista per il 12 marzo), si impegna a cercare e vedere i film che mancano alla visione per avere un quadro completo. Eccoci quindi a darvi qualche consiglio per stanare film che da queste nominations sono magari finiti sottovalutati, o candidati in categorie poco glamour, e che invece sono tra le opere più belle dell’annata.
Tra conchiglie e mostri marini
Cominciamo dalle categorie che premiano i film: non ci sono vere sorprese nella categoria principale, quella del miglior film in assoluto, anzi, forse i film meno noti della lista possono essere delle delusioni più o meno parziali, come l’enfatico Niente di nuovo sul fronte occidentale, che con 9 candidature ha sicuramente in tasca quelle per il miglior film internazionale, o Women Talking, l’opera semi-teatrale diretta da Sarah Polley, di cui parliamo in questa recensione. Il resto sono film belli oppure ottimi, ma già ampiamente mostrati e apprezzati.
Spostiamoci quindi sui film d’animazione: se la vittoria di Pinocchio ci pare scontata, e meritata, ci sentiamo di attirare la vostra attenzione su due film che non avranno i favori dei pronostici e l’attenzione della critica, ma che sono visioni degne di considerazione. Il primo, nelle sale in questi giorni, è Marcel the Shell, il film che mescola finto documentario in live action e animazione stop-motion per raccontare la vita di una conchiglia che vive con la nonna in una casa di vacanza, interagendo con il regista del film Dean Fleischer-Camp e diventando un fenomeno social. Oltre a essere un’opera di una tenerezza quasi dolorosa, Marcel the Shell</em >è anche un modo originale di pensare e fare cinema animato, di mettere i dispositivi emotivi dell’animazione indipendente dentro forme curiose, riuscendo anche a riflettere sul presente senza moralismi (come vi abbiamo detto meglio in questa recensione)
Se invece amate un tipo di animazione più tradizionale, allora vi segnaliamo forse il più sottovalutato tra i film della cinquina, Il mostro dei mari, film Netflix diretto da Chris Williams (noto per Big Hero 6 e Oceania) che riprende la grande tradizione dell’avventura pura, con padri nobili nella letteratura del passato, da L’isola del tesoro alle saghe di pirati che da secoli attraggono la curiosità dei più giovani. La storia del film è abbastanza convenzionale e soprattutto ricorda molto temi e motivi di altri film come Dragon Trainer, ma dal punto di vista del ritmo, dell’azione, della perizia tecnologica al servizio dello spettacolo ha poco da invidiare agli altri film in gara, anche se provengono da colossi come Pixar o Dreamworks.
La lingua segreta dei sentimenti
Altra categoria di solito foriera di bei film da scoprire è quella relativa al miglior film internazionale che, a fronte di un film bellissimo e non candidato come Decision to Leave del coreano Park Chan-wook, schiera film interessanti e appassionanti, quasi tutti fuori dai radar dei film più chiacchierati nei social, come Argentina, 1985 – disponibile sia su Prime Video sia in sala – o Eo, il viaggio di un asino raccontato dal maestro polacco Jerzy Skolimowski. Ci sono però almeno un paio di film più piccoli e intimi che vale la pena di segnalare.
Il primo, uscito in sala a inizio 2023 e già segnalato da chi segue le cronache del festival di Cannes, è Close, diretto dal belga Lukas Dhont, il quale racconta la storia di un’amicizia intima e intensa tra due adolescenti che cambia e s’incrina quando intorno a loro qualcuno comincia a pensare che possa essere un rapporto omosessuale. Il centro del film però non è il pregiudizio o il senso di colpa, ma il modo in cui un ragazzo vive i tumulti emotivi della sua età, la sua vicinanza e lontananza dagli altri, specie dagli adulti, in un film che qualcuno ha tacciato di essere ricattatorio, ma solo perché non ha paura di guardare in faccia i sentimenti che racconta e che comunica (ecco la recensione completa).
Il secondo, molto più trattenuto e rarefatto pur giocando sulle stesse corde emotive, è The Quiet Girl, diretto dall’irlandese Colm Bairéad e primo film in lingua gaelica a ricevere una nomination, che racconta la storia di una bambina vissuta con molto poco affetto da parte della sua famiglia che per l’estate viene mandata a casa degli zii e, in mezzo al tepore della campagna scopre cosa significa amare delle figure genitoriali ed esserne amata a sua volta. Un film di sentimenti minimi e piccoli spostamenti emotivi (che questa recensione approfondisce), gestiti con grazia, precisione e grande cura cinematografica che poco a poco sanno costruire un crescendo emotivo che nel finale lascia a bocca aperta.
Passaggi in India
Tacendo delle tre categorie di cortometraggi (live-action, animati e documentari) spesso piene di chicche, come Le pupille di Alice Rohrwacher, la sezione che spesso regala le più forti godurie cinefile è quella dei documentari, perché di solito raccoglie anche film che fanno fatica a trovare un loro spazio nel dibattito pubblico, se non nella distribuzione. Dei cinque nominati, quattro sono film di un certo valore, a partire da Tutta la bellezza e il dolore, il film dedicato a Nan Goldin che ha vinto il Leone d’oro nella scorsa Mostra del Cinema di Venezia.
Tra i più belli di questa categoria c’è senz’altro Fire of Love, il film di Sara Dosa che racconta l’amore e le imprese scientifiche dei coniugi Kraft, due scienziati che hanno passato la loro vita a strettissimo contatto con i vulcani, un film che usa le immagini d’archivio e le interviste in modo ricchissimo, inventivo e pulsante.
Quello però che vogliamo segnalarvi, per invitarvi a cercarne proiezioni in giro o richiederne la distribuzione, è All that Breathes, film diretto da Shaunak Sen che racconta della fatica di due fratelli che a Nuova Delhi cercano di continuare nella loro opera di salvaguardia degli uccelli dall’inquinamento e dalla violenza politica di cui è imbevuta la loro città. Appassionante e delicato, politico ed emozionale, è un film inedito in Italia e ancora non distribuito in home video che abbiamo avuto la fortuna di vedere alla Festa del cinema di Roma: se doveste trovarlo in giro, sapete cosa fare.
E a proposito di India, nominato solo per la miglior canzone, eppure è un film pazzesco, c’è RRR, l’incredibile film epico/storico/action diretto da S. S. Rajamouli di cui vi abbiamo parlato qui che ha fatto tornare il cinema di Bollywood – o meglio, Tollywood in questo caso, ovvero l’industria di film in lingua Telugu, con forti ambizioni pan-indiane – negli occhi degli appassionati occidentali. Ha la capacità folle e inventiva del cinema blockbuster, senza alcun tipo di freno e logica, ma anche un gusto sentimentale e storico che rimanda ai classici del passato. Si trova su Netflix e se non vi fate troppi problemi con la verosimiglianza guardatelo: ci ringrazierete.