Il 14 marzo Netflix ha rilasciato The Electric State, il film retro-sci-fi diretto dai fratelli Russo (già registi di Capitan America: The Winter Soldier e Capitan America: Civil War; Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame). The Electric State vede un cast stellare con protagonisti Millie Bobby Brown; Chris Pratt; Giancarlo Esposito; Stanley Tucci e Ke Huy Quan.
Il film è tratto dall’omonimo libro illustrato di Simon Stålenhag uscito nel 2018 e si presenta come una commedia fantascientifica ambientata in un passato prossimo, più precisamente gli anni Novanta, uno dei decenni preferiti dai Millennials e non solo che amano l’effetto nostalgia dato da alcuni prodotti audiovisivi.

Il cocktail sembra davvero vincente sulla carta, il cast composto da attori all’apice della carriera con riferimenti al passato che tutti conoscono con elementi di fantascienza e tecnologia futuristica. Eppure qualcosa è andato storto nel sistema poiché il film è stato un flop per la critica che da giorni non fa altro che stroncarlo. A far discutere è stato soprattutto il fatto che il film è stato la produzione più costosa di Netflix mai realizzata con la spesa di ben 310 milioni di dollari, ma per molti il prodotto finale non è valso la spesa.
Su Rotten Tomatoes il film è stato stroncato, sono di gran lunga superiori i “pomodori marci” rispetto ai “freschi”.

Ma al di là delle stroncature il mix di nostalgia e fantascienza di Netflix si è davvero meritato il flop oppure è valso la spesa?

I critici non perdonano

Sui principali siti di informazione e approfondimento cinematografico, diversi sono stati i critici che non hanno digerito la scarsezza di idee e il fatto che la sceneggiatura si sia dimostrata assai debole e scontata rispetto ai costi esorbitanti del film e al grande impiego di effetti speciali, ma per qualcuno una bella confezione non vale nulla senza un adeguato contenuto e considerato il fatto che l’opera di partenza è di qualità, la cosa non è stata perdonata.

Courtney Howard su Variety ha scritto:

Ultimamente sembra che i romanzi illustrati abbiano difficoltà a essere adattati correttamente per il grande schermo. Sfortunatamente, questo è anche il caso di “The Electric State” […] una tecno-distopia (trasformata) in un pasticcio stravagante e asettico di idee. I registi Joe e Anthony Russo, insieme agli sceneggiatori Christopher Markus e Stephen McFeely, sottovalutano sorprendentemente l’impronta del loro materiale di partenza per quanto riguarda la costruzione dei personaggi e l’immersività del mondo. I due autori offrono una lettura superficiale dei rapporti tra fratelli e sorelle, nonché dei temi del panico tecnologico e della cattiva gestione aziendale, e il loro contributo manca di scintille e di risonanza emotiva.

Shaina Weatherhead su Collider ha scritto:

Chris Pratt e Millie Bobby Brown si danno da fare per l’incubo robotico dei Russo su Netflix. […] Con Millie Bobby Brown, Chris Pratt e una serie di altre star fuori luogo, l’adattamento dei fratelli Russo promette commedia e avventura, ma non offre nulla di tutto ciò […] non riusciamo a vedere nella Brown la scintilla che ha portato nei ruoli del passato. Nel frattempo, The Electric State presenta Chris Pratt al suo massimo livello di Chris Pratt, che spara battute idiote e si confida con il suo amico robot a suon di burritos al microonde e Big Mouth Billy Bass. […] Pur essendo entrambi attori di talento, Brown e Pratt hanno poca o nessuna chimica nelle loro scene insieme, e le loro battute da fratelli cadono costantemente nel vuoto.

Ciò che è emerso dalle critiche, oltre al fatto che in generale il film non è piaciuto è stato anche il discorso sul lavoro dei registi sui quali si è detto che alle prese con una sceneggiatura originale e slegata da un franchise, quindi fuori dalla comfort zone della Marvel, non sarebbero stati in grado di portare a casa il risultato:

Tom Power per esempio su Techradar ha detto:

The Electric State avrebbe potuto essere un grande film di fantascienza targato Netflix, ma è solo un’ulteriore prova del fatto che per i fratelli Russo si tratta di Marvel o niente. […] I fratelli hanno faticato a replicare il successo al di fuori del mondo Marvel. Certo, ci sono stati successi notevoli in veste di produttori, come il pluripremiato Everything Everywhere All at Once di 2024; ma il fallimento critico e/o commerciale degli altri progetti a cui sono legati, tra cui Citadel su Prime Video, Cherry su Apple TV+ e The Gray Man su Netflix, superano questi trionfi.
Sfortunatamente, l’ultimo prodotto fantascientifico di Netflix è un altro film generico e narrativamente noioso, che aggiunge ulteriore peso all’argomentazione secondo cui per Joe e Anthony Russo si tratta di Marvel o niente.

David Rooney su Hollywood Reporter ha detto:

Il mix di avventura, commedia e sentimento sembra anche tendere verso il territorio di Guardiani della Galassia, un’impressione resa più profonda da Chris Pratt che offre essenzialmente la stessa performance (vedi anche: franchise di Jurassic World). Per non parlare dell’eccentrico impiego di rock d’epoca – Tom Petty, The Clash, Judas Priest – accanto a lussureggianti strumentali pop come “Don’t Stop Believing”, “Wonderwall” e “I Will Survive” […] La nostalgia in film come questo dovrebbe essere un caldo ritorno al passato, non un motivo per pensare a tuffi più divertenti nello stesso genere.

Clarisse Loughrey su Indipendent dice:

The Electric State contiene la più sconcertante chiamata alle armi del cinema recente. È una storia, in breve, su come tutti quei dannati ragazzi dovrebbero mettere giù i loro telefoni e andare ad abbracciare la mascotte aziendale più vicina.[…] I Russo, per Netflix e con l’aiuto degli sceneggiatori di Endgame Christopher Markus e Stephen McFeely, hanno eliminato la malinconia che era alla base del materiale di partenza, il graphic novel del 2018 che rifletteva sul rapporto intrecciato dell’umanità con la tecnologia. Invece, la sua storia alternativa dell’America della costa occidentale negli anni Novanta è stata sfruttata per una nostalgia autocompiaciuta.

Nell’occhio del ciclone

The Electric State.
The Electric State.- © 2024 Netflix. Used with permission.

Non c’è stata pace per nessuno e in generale il film è stato accompagnato da critiche di vario genere che hanno colpito anche la protagonista Millie Bobby Brown. Negli ultimi giorni, infatti, sui social media ha impazzato la discussione riguardante proprio la celebre giovane protagonista di Stranger Things, e l’abito sfoggiato sul red carpet della première di The Electric State.
Sul web si è scatenata un’ondata di critiche nei confronti del look scelto dall’attrice appena ventunenne, accusato da molti di farla apparire più matura della sua età. Tra commenti ironici e battute sarcastiche, il dibattito si è acceso al punto da spingere la giovane star a intervenire direttamente, affidando la sua replica a un pungente post su Instagram.

In quest’ultimo l’attrice rispondeva alle critiche sottolineando il tempo che passa e il fatto di non essere più la bambina della prima stagione di Stranger Things, crescono tutti ed è cresciuta anche lei. Il pubblico non può aspettarsi di vederla sempre bambina e lei è libera di vestirsi come vuole.
Al di là delle polemiche di certo l’hype e l’attenzione intorno al film sono aumentati a maggior ragione con le critiche che hanno travolto anche l’attrice protagonista portando di fatto grande attenzione al film.

Nostalgia sì ma troppi temi tutti insieme con lo spiegone

The Electric State., il contrabbandiere Keats assieme a Michelle
The Electric State., il contrabbandiere Keats assieme a Michelle- ©2025 Netflix. Used with permission

Non si può certo dire che l’uscita di The Electric State sia stata una passeggiata di salute ma alla fine quello che conta è il prodotto audiovisivo e l’effetto sul pubblico. Il film ha quindi meritato il flop rendendo vana la spesa di 310 milioni di dollari?
La risposta è al contempo affermativa e negativa e il motivo lo troviamo nel film stesso. Sicuramente gli effetti speciali sono di altissima qualità (e vorremmo anche vedere, data la spesa!) e il genere retro sci-fi funziona sempre soprattutto se la parte “retro” strizza l’occhio ai millennials ed è ambientata negli anni Novanta, infarcita di citazioni ad altri film analoghi e musica del periodo.

Cos’è che non funziona, quindi? Com’è stato già detto dalla critica internazionale la scarsa chimica fra i protagonisti non ha aiutato, ma al di là dell’interpretazione sicuramente la sceneggiatura è l’elemento che ha presentato maggiori problemi. Gli autori, Christopher Markus e Stephen McFeely infatti hanno voluto parlare di troppe cose, inserendo troppi temi nella storia e dimenticandosi dell’aspetto emozionale che in un film di avventura non può mancare. Inoltre lo spiegone finale non ha aiutato.

Al centro della storia c’è il macro-tema del rapporto uomo – macchina che applicato all’attualità rivolge l’attenzione (ovviamente) alla dipendenza dai social media e al fatto che siamo più disconnessi che mai dalla realtà.
Più volte la protagonista dichiara di preferire la realtà in cui vive a quella virtuale e al termine della storia incoraggia le persone ad avere più contatti umani.
In questo film viene affrontata anche la questione, per niente leggera, dell’eutanasia quando la protagonista si trova a dover prendere una decisione molto dolorosa, staccare i macchinari che tengono in vita suo fratello. Infine il sempreverde discorso sull’umanità e sul fatto che non tutti gli esseri ne sono dotati e che, a volte natura e macchine hanno più sensibilità.

Pratto e Brown hanno recitato con il freno a mano tirato e l’esubero di temi non ha favorito la fluidità del film che, salvo alcuni momenti davvero emozionanti, pertanto si può definire riuscito a metà.

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