Al Pacino ha avuto una lunga e leggendaria carriera, costellata di ruoli iconici, da Michael Corleone in Il Padrino di Ford Coppola a Jimmy Hoffa in The Irish di Scorsese. La sua interpretazione per eccellenza è stata, però, quella di Tony Montana, lo Scarface dell’omonimo capolavoro del 1983 targato Brian De Palma. Ed è proprio questo ruolo a non essere andato giù a due registi con cui il divo ha collaborato, Miloš Foreman e Sidney Lumet.
Il lungometraggio, che ha punti di contatto, ma anche delle differenze rispetto al romanzo di Armitage Trail, è riconosciuto come il punto di svolta per la rappresentazione della violenza e della droga sullo schermo, ma segna anche una rivoluzione nello stile di recitazione di Pacino, conferendo a Tony un’energia da tuttofare che, a volte, lo fa sentire come se provenisse da un altro pianeta. In un intervento nel podcast del New YourkTimes Magazine, il The Interview, l’attore ha dichiarato che, sebbene continui a sostenere il progetto, sia stato interrogato con una certa stizza da molti colleghi, in particolare dal regista di Amadeus, Miloš Foreman, sul perché avesse scelto di prendere parte a quel progetto. Pacino ha riferito:
Stavo cenando con lui e, all’improvviso, mi ha detto “Come fai a fare questo [imprecazione] Scarface? Fai Quel pomeriggio di un giorno da cani, e poi fai questo Scarface?!
Anche Sidney Lumet, il regista di Quel pomeriggio di un giorno da cani, la pensava allo stesso modo riguardo alla decisione del suo amico di recitare in un film offensivo come Scarface. Da quando ha assunto questo ruolo, Pacino è diventato famoso per le sue buffonate esagerate, che si tratti di gridare “Hoo-hah!“, della sua performance da Oscar in Profumo di donna o di urlare “Gran bel culo!” a Hank Azaria, durante una scena di La sfida. Riflettendo su Lumet, l’interprete ha spiegato:
Sidney Lumet disse “Al, come fai ad andare lì e a fare quella roba?” Era così arrabbiato. Continuavo a pensare, io non la penso così. Amo la loro passione. Mi sono fatto quella reputazione. Alcune delle cose che ho fatto a scuola, a 14, 15 anni, sono state il miglior lavoro che abbia mai fatto, quello più ispirato. Perché ci ero dentro. Ecco perché l’insegnante è venuta a parlare con mia madre, è venuta a casa mia per dirle che avrei dovuto seguire questa strada. Intendo dire che Scarface sia stato fatto in quel modo, è venuto da un posto che era diverso. È vero.
Per quanto riguarda le critiche a questo tipo di interpretazione intensa e unica, Pacino ritiene che alla fine sia diventato un fattore determinante nel convincere le persone ad acquistare i biglietti. L’attore ha concluso dicendo:
Ecco per cosa sono venuti: un sacco di gente. A un sacco di gente non piace. A volte esagero. Penso davvero che potrei fare in modo che qualcuno lo sottovaluti un po’. Davvero. È una confessione.