Le due vie del destino è tratto da una storia vera, ovvero quella di Eric Lomax, autore dell’omonimo romanzo autobiografico The Railway Man. Lomax era un ufficiale britannico della Seconda Guerra Mondiale che venne fatto prigioniero e torturato dai giapponesi in un campo di lavori forzati. Il film, uscito nel nel 2013 per la regia di Jonathan Teplitzky, ne è l’adattamento cinematografico e il protagonista è interpretato da Colin Firth. Ma vediamo la storia vera di Lomax nel dettaglio.
Eric Lomax, scozzese classe 1919, dopo la resa di Singapore nel 1942, venne catturato e trasferito a Kanchanaburi, in Thailandia, dove viene impiegato nella costruzione della cosiddetta ferrovia della morte birmana. Furono centinaia i prigionieri costretti a ritmi di lavoro sovrumani e a torture fisiche e psicologiche che persero la vita a causa delle condizioni disumane cui erano sottoposti. Avendo ricevuto una formazione militare sulla comunicazione radio, Lomax tentò di costruirne una di nascosto. Quando i suoi aguzzini lo scoprirono, le ritorsioni cui andò incontro furono raccapriccianti: gli furono spezzate gambe e braccia e per giorni venne sottoposto all’annegamento simulato. Questo è quello che ha dichiarato Lomax a Theforgivenessproject: “Se sei vittima di tortura non ti riprendi mai del tutto. Puoi far fronte al danno fisico, ma il danno psicologico rimane con te per sempre“.
Nel 1945, Lomax fece ritorno ad Edimburgo: “Nel 1945 ritornai a Edimburgo per una vita di incertezza, dopo tre anni e mezzo di paura, interrogatori e torture come prigioniero di guerra in Estremo Oriente. Non avevo autostima, non avevo fiducia nelle persone e vivevo in un mondo tutto mio. La solitudine di una vittima di tortura è più inespugnabile di qualsiasi fortezza isolana. La gente pensava che stessi affrontando la situazione, ma dentro di me stavo cadendo a pezzi. È diventato impossibile convivere con me; era come se i peccati che i miei rapitori avevano seminato in me venissero raccolti nella mia famiglia. Provavo anche un odio intenso per i giapponesi ed ero sempre alla ricerca di modi e mezzi per abbatterli. Nella mia mente pensavo spesso al mio odioso interrogatore. Volevo affogarlo, ingabbiarlo e picchiarlo, come lui aveva fatto con me“.
Nel 1988 Lomax decise di rintracciare i soldati giapponesi responsabili della vicenda. La sua ricerca lo portò a individuare uno dei suoi peggiori aguzzini, Takashi Nagase. Nagase, che nel frattempo si era convertito al buddismo, era pronto ad andare incontro alla morte, pur di ottenere il perdono della sua vittima. L’incontro tra i due uomini portò a una vera riconciliazione fra vittima e aguzzino. Come racconta lo stesso Lomax: “L’incontro ha avuto luogo nel 1998 a Kanburi, in Thailandia. Quando ci siamo incontrati Nagase mi ha salutato con un inchino formale. Gli ho preso la mano e gli ho detto in giapponese: Buongiorno signor Nagase, come sta? Tremava e piangeva, e continuava a ripetere: Mi dispiace tanto, mi dispiace tanto. Ero venuto senza alcuna simpatia per quest’uomo, eppure Nagase, attraverso la sua completa umiltà, ha ribaltato la situazione. Nei giorni successivi abbiamo trascorso molto tempo insieme, parlando e ridendo. È emerso che avevamo molto in comune. Ci siamo ripromessi di restare in contatto e da allora siamo rimasti amici. Dopo il nostro incontro ho sentito che sarei arrivato a una sorta di pace e risoluzione. Il perdono è possibile quando qualcuno è pronto ad accettare il perdono. Prima o poi l’odio deve finire“.
Lomax è morto nel 2012, all’età di 93 anni.