Negli anni, la musica legata alla fantascienza ha rappresentato il terreno di gioco per le più importanti tecniche di composizione moderne, permettendo di espandere i panorami e l’immaginazione degli spettacoli e svolgendo un ruolo cruciale nell’impostazione del tempo e del luogo narrativo. La possibilità di inventare un mondo di sana pianta, in totale libertà, utilizzando colori di suoni che nemmeno esistono. Se da una parte, il genere fantascientifico sembra apparentemente predisposto ad accogliere sperimentazioni sonore, dall’altra rappresenta uno scenario complicato agli occhi e alle orecchie di tutti, ma non di qualcuno: quel qualcuno è Hans Zimmer.
Per Zimmer la musica è narrazione e contestualizzazione storica. Ogni colonna sonora da lui composta non si discosta mai dal fulcro tematico narrativo, rispettando i canoni stilistici dei personaggi e delle ambientazioni. La musica si arricchisce di queste caratteristiche sino a formare una guida per lo spettatore che, così facendo, riesce a congiungere tutti gli elementi in scena. Così fa in Dune, perciò scopriamo i segreti di una colonna sonora rivoluzionaria.
Dal sogno di un bambino, alla sabbia di Arrakis
Appassionato fin da ragazzo al romanzo di Frank Herbert, Zimmer per mesi ha scavato nelle sue memorie per recuperare le sensazioni sonore che il libro gli aveva suscitato e i messaggi che conteneva, in modo da identificare nuove sonorità per il film che lo spingessero fuori dalla sua comfort zone abituale. Ha attinto alla sua comprensione del libro e alla storia per trovare gli elementi che avrebbero definito le sue partiture, dando così, spazio a due elementi principali: la sacralità intrinseca dell’opera e l’estasi indotta dalle spezie di Arrakis, sulla quale si basa l’esistenza dell’universo. “Quello che mi era rimasto in testa del libro era l’idea che, per me, Dune è un romanzo che inganna il lettore in modo molto intelligente“.
L’approccio compositivo per la colonna Sonora di Dune potrebbe essere definito “mistico”, perchè mette in primo piano l’aspetto spirituale e meditativo del romanzo e lo mischia ad una musica spirituale ma anche dinamica, pronta a rilassarsi per poi esplodere in un tripudio di suoni affascinanti che conducono all’azione. Il risultato è emozione allo stato puro, sia per la bellissima composizione, sia per lo splendido e ricco arrangiamento di palette cromatica di suoni.
La sacralità della voce umana
Un elemento fondamentale viene dato alle voci, perché Zimmer condivide con il regista Denis Villeneuve, l’opinione per cui la forza della voce umana ha un ruolo importante in tutte le civiltà. Il suo utilizzo persistente ricorda volutamente la tradizione legata alle leggende epiche e religiose. Il compositore sembra prendere spunto direttamente dalla tradizione orale araba, che rappresentava per la popolazione un immaginario collettivo e un riflesso della coscienza. Il tramandarsi dei racconti risponde a una varietà di esigenze culturali, sociali, religiose, che emergono dalla relazione sconfinata tra l’uomo e l’ambiente naturale che lo circonda. In questo senso, alla voce si addiziona il costante brusio presente nelle partiture, diventando insieme il fulcro narrativo e il collante sonoro e sacro, per raccontare la figura divina celata in Paul Atreides.
Le voci sono principalmente femminili perché sono le donne a guidare gli sviluppi e le vicende della narrazione. Lo stesso Zimmer ha dichiarato: «Ho sempre pensato, anche da ragazzo, che la cosa che colpiva di più erano le voci femminili. In Dune, si pensa che l’eroe sia Paul Atreides, quando in realtà sono le donne i personaggi forti nella storia. Con Denis abbiamo concordato che la musica avrebbe dovuto avere una spiritualità, una qualità santificata, qualcosa che elevi l’anima e abbia l’effetto che solo la musica sacra può avere“.
Le tradizioni popolari sono muse ispiratrici
Altro elemento chiave nella musica di Dune di Hans Zimmer sono i cori ossessivi quasi inquietanti, ma anche i vocalizzi più liberi e suggestivi che Zimmer tratteggia come canti indiani o medio orientali. Utilizza anche delle voci più profonde, tipicamente maschili che spesso creano delle atmosfere meditative che richiamano alla mente alcuni canti dell’est, tipici ad esempio dei monaci tibetani. Mentre in altri momenti queste voci assomigliano maggiormente a canti gregoriani, come a ricordarci la costante sacralità di Dune.
Il nostro trascorso culturale ci porta ad associare subito, anche inconsapevolmente, alcune sonorità a certe ambientazioni e culture, filtrando la nostra esperienza cinematografica attraverso la cultura e le esperienze passate. Le percussioni, di stampo medio orientale, si sposano meravigliosamente con le immagini del deserto. Proprio quest’ultimo ha condizionato completamente il lavoro compositivo di Zimmer. La sua sabbia è mossa dal vento, il quale non ruggisce, ma fischia attraverso le dune, fonte di ispirazione e metodo di comunicazione.
Un’orchestra di tecnologia
Zimmer ha realizzato tutte le percussioni sia etniche che orchestrali con il sintetizzatore, e ha inserito elementi anacronistici come le cornamuse, una cosa che può apparire strana per un immaginario fantascientifico, ma che richiamano la fusione fra il feudalesimo e il futurismo intrinseco nell’universo di Dune. Tutta questa coesione di elementi, risulta ipnotica attraverso l’utilizzo di suoni bassi e lunghi, molto profondi, creando una base perenne e letteralmente vibrante. Da sempre il compositore tedesco ama unire i suoni orchestrali all’elettronica per comporre un ibrido filtrato dalla tecnologia, infatti, nonostante la costante tensione non mancano alcune aperture più dolci, progressioni di accordi più morbide che donano una sensazione di fiducia e speranza. Zimmer ammette, però, che la colonna sonora di Dune non è tutta basata sulla spiritualità e sulla natura.
“È una partitura che non scende a compromessi, ti abbaia addosso, e poi ti morsica“. La musica che accompagna Casa Harkonnen è immersiva e coinvolgente esaltando al massimo la potenza delle composizioni più epiche, ma anche le sfaccettature più sacrali. L’autore tedesco la definisce così: “Di base, è la parte più profonda e oscura del mio cuore, parte da lì. E tutto quello che è servito per realizzarla è stata un tedesco e un distorsore per chitarra artigianale“. La sfida era quella di continuare a sentire cose che rimbombassero nella testa, impossibili da descrivere e ancora più difficili da realizzare. La cura meticolosa nella scelta dei suoni e degli strumenti è una costante, ed in questo caso, Zimmer e i suoi collaboratori hanno speso mesi per la ricerca e per la creazione di suoni e strumenti nuovi.
Zimmer bonariamente dice questo di Villenueve: “Considero Denis un amico, in costante ricerca di ispirazioni, quindi, invece di mandargli bottiglie di alcolici, gli mando pezzi musicali che potrebbero ispirarlo, e che possano spingerlo in direzioni specifiche. Si tratta di esperimenti, sono come piccole poesie, piccole cose che servono per vedere se si adattano in qualche modo con la direzione in cui sta procedendo la storia“. Denis Villeneuve comprende che il sogno di Zimmer era quello di poter sonorizzare il mondo di Dune, essendo stato il suo romanzo preferito da adolescente, tanto che negli anni non ha mai voluto vedere il film di Lynch, al fine di non condizionare l’idea del film che si era fatto in testa. Così, ricordando il loro primo approccio a Montreal, il regista canadese trasmette la grande passione del compositore tedesco nei confronti dell’opera letteraria: “Mi consegnò la sua copia e mi disse, portalo con te nel deserto e respira l’anima di Dune“.