BlacKKKlansman, film diretto da Spike Lee, ripercorre la storia vera dell’indagine in incognito svolta da Ron Stallworth, un agente di polizia afroamericano, nei ranghi della filiale locale del Ku Klux Klan, la famigerata organizzazione paramilitare di suprematisti bianchi, e del suo rapporto con David Duke, denominato Gran Maestro, secondo la tradizione massonica. Stallworth non venne mai scoperto, e l’indagine venne chiusa all’improvviso.
Stallworth, il primo afroamericano di Colorado Springs a laurearsi all’Accademia di polizia, nel 1974, a 21 anni, indirizzò subito la sua carriera verso il lavoro da infiltrato; curioso e avido di conoscenze, passò i primi anni assistendo colleghi infiltrati in operazioni legate al narcotraffico, e una volta acquisite le abilità necessarie, svolse il suo primo incarico, come agente sotto copertura a un comizio di Stokely Carmicheal, uomo di punta delle Pantere Nere. Sarebbero seguiti altri anni di lotta al narcotraffico, finché, nel 1978, Stallworth, alla ricerca di driitte, non notò su un giornale locale, un annuncio pubblicato dalla sezione locale del Ku Klux Klan; decise allora di stabilire un primo contatto, inviando una lettera, firmata col suo vero nome, in cui, come recapiti, erano segnalati un numero di telefono e un indirizzo non tracciabili.
E proprio a quello stesso numero, alcune settimane dopo, un membro del Klan telefonò, per indagare se Ron fosse davvero interessato ad unirsi all’organizzazione; Stallworth, che non si aspettava un simile e così repentino sviluppo, abbozzò una reazione credibile, producendo sul momento una volgare invettiva contro le minoranze. Lo stesso Stallworth ha riportato nella sua biografia, una versione censurata del messaggio: “Gli ho detto che ero un bianco, che odiavo i neri, gli ebrei, i messicani, gli asiatici; che pensavo che l’uomo bianco non se la fosse vista troppo bene in questo paese; Ero davvero arrabbiato perché mia sorella era uscita con un ragazzo di colore e mi offendeva che le sue mani nere avessero toccato il suo corpo bianco; e di conseguenza, volevo unirmi al gruppo e fare il possibile per porre fine a tutte queste sciocchezze“.
Alla richiesta dei membri per un incontro di persona, Stallworth naturalmente esitò; era necessario approntare un piano d’azione che permettesse di far proseguire l’indagine senza intoppi; fu così che venne coinvolto un altro agente, specializzato, in operazioni sotto copertura, un membro della sezione Narcotici di nome Chuck, a cui è ispirato, nel film, il personaggio di Flip Zimmerman (Adam Driver). A causa dei molti impegni di Chuck, il quale era anche assegnato ad altri casi, il grosso dell’indagine dovette giocoforza svolgersi per via telefonica. In alcuni casi, addirittura, vista l’ulteriore indisponibilità di Ron, il compito di proseguire le ricerche ricadeva su altri agenti. Scopo finale dell’inchiesta, sostanzialmente, era raccogliere il maggior numero di informazioni possibili sul Klan, senza naturalmente farsi scoprire o indispettire, nemmeno da un punto di vista dialettico, Ken O’Dell, il referente locale del KKK.
La riuscita dell’indagine, racconta Stallworth nelle sue memorie, fu agevolata dalla poca perspicacia dei soggetti coinvolti. Nel definire i suoi interlocutori, Ron non usa mezze misure, e spiega come, in tutti quegli anni, solo una volta i membri del Klan fecero caso al fatto che al telefono e dal vivo, Ron avesse due voci completamente diverse; “Le persone con cui avevo a che fare, come si diceva una volta, non erano esattamente dei fulmini di guerra… in sette mesi di indagine, solo una volta mi chiesero come mai avessi una voce diversa da quella di Chuck. Io avevo organizzato un incontro, e lui ci era andato al posto mio, come sempre; poi, più tardi, avevo telefonato a Ken, parlandogli dell’incontro, e lui avevo notato che avevo una voce strana; allora ho tossito due volte, e gli ho detto che avevo la sinusite, al che lui: io ce l’ho sempre, se fai così, poi ti passa; era, non so come dirlo diversamente, un cretino assoluto”.

Ben diversa l’opinione che Stallworth ha di David Duke, Gran Maestro dell’organizzazione; fra i due, che si sono a lungo parlati per telefono, nacque presto un rapporto particolare, che Ron non esita a definire amicizia; “Abbiamo iniziato a parlare all’incirca una o due volte a settimana. Lo chiamavo per lodarlo. Lo chiamavo sempre “Mr. Duke” e dicevo che che sembrava che il Klan stesse davvero andando alla grande. E poi continuava e spiegava tutti i loro piani, vantandosi e vantandosi e fornendomi informazioni. . . a volte le mie conversazioni con lui erano discussioni personali e leggere su sua moglie, Chloe, e sui loro figli. Come stavano e cosa stava succedendo nelle loro vite. Ha sempre risposto con cordiale entusiasmo come il marito e padre orgoglioso e amorevole che era. . . in effetti, una volta tolto l’argomento della supremazia bianca e le cazzate sul Klan, Duke era un conversatore molto piacevole“.
In una di queste conversazioni, addirittura Ron provocò Duke, chiedendogli se non avesse mai pensato alla possibilità che un nero potesse cercare di fregarlo facendosi passare per bianco. Duke rispose che certamente lui, cioè Ron, non poteva essere nero; “Tu non parli come un nero, parli come un bianco intellettuale; i neri pronunciano certe parole in una certa maniera, e tu non parli così”. I due si sarebbero incontrati, in circostanze surreali, in occasione della cerimonia di matricola di Chuck; in quell’occasione, infatti, Ron fu mandato sul posto come parte del servizio d’ordine e scorta di Duke. Stallworth decise, con coraggio, di stringere la mano a Duke, rivolgendogli anche queste parole; “Sebbene io non condivida i suoi ideali, farò del mio meglio per proteggerla e mantenerla in vita, com’è mio dovere”.
Duke, incredibilmente, non si rese conto che l’uomo che aveva davanti era lo stesso con cui, per mesi, aveva parlato al telefono. Durante la cerimonia, Ron chiese a Duke se poteva avere una foto con lui, altrimenti nessuno avrebbe creduto che gli aveva fatto da guardia del corpo; durante il servizio fotografico ufficiale, mentre Chuck posava insieme a Duke con in mano il certificato di affiliazione al Klan, Ron cercò di entrare surrettiziamente nella foto, venendo spinto via in malo modo da Duke. Quando i due si sentirono di nuovo per telefono qualche giorno dopo, Ron chiese se Duke avesse qualcosa da raccontargli. “La sua risposta, se ci ripenso oggi, mi fa ancora ribaltare dal ridere”, ha dichiarato Stallworth. Duke, infatti, gli disse che “un poliziotto di colore del cazzo voleva arrestarmi! Per aggressione!”

Come si vede in BlacKKKlansman, l’indagine della polizia di Colorado Springs sul KKK ebbe bruscamente termine, allorché uno dei responsabili locali del Klan, che doveva lasciare la città, chiese a Ron di sostituirlo nell’incarico; i superiori intimarono quindi a Stallworth di chiudere tutto e di distruggere tutte le prove raccolte fino a quel momento. Ron ha una sua precisa interpretazione sulle reali ragioni di una scelta tanto drastica; “Avevano paura che se un poliziotto fosse asceso ai vertici del Klan, le ripercussioni mediatiche sarebbero state tremende, nel caso si fosse saputo”.