È lo sport di squadra più popolare del mondo, eppure il suo contributo alla storia del cinema non è paragonabile a quello del football o del basket né a quello di sport individuali come il pugilato o l’atletica. Il perché è insito nella natura stessa del calcio, nel fatto di svolgersi su un campo da gioco molto ampio, che è difficile spezzettare col montaggio. Le sue azioni coinvolgono 22 “attori”, quindi sono difficili da coreografare e sono di solito lunghe, quindi complicate da rendere in una singola scena o sequenza, a differenza dei tempi rapidi delle discipline americane (ed è per questo che invece i documentari riescono spesso dove fallisce la fiction).
Eppure con l’inizio del campionato di calcio, eccoci a presentarvi quelli che forse sono i 10 migliori film sul calcio mai fatti, in cui lo sport entra come elemento fondamentale.
1. Fuga per la vittoria (1981)
Il più bel film sul calcio di tutti i tempi è un’opera in cui il gesto calcistico è trasfigurato in gesto mitico, si piega alle esigenze epiche del cinema e diventa qualcos’altro. John Huston, grande regista americano naturalizzato irlandese a fine carriera (75enne, morirà sei anni dopo), si ispira a una partita svoltasi a Kiev tra giocatori ucraini e ufficiali nazisti nel ’42 per raccontare lo scontro tra un gruppo di calciatori detenuti nei campi di lavoro tedeschi e la nazionale tedesca, che presto si trasformerà in un’occasione per evadere.
La tensione del film carcerario e la potenza del film politico si fondono proprio a partire dal gioco del calcio che permette di affiancare a Sylvester Stallone e Michael Caine veri campioni come Bobby Moore – campione del mondo ’66 -, Ardiles – campione del mondo ’78 – e soprattutto sua maestà Pelè. La sua rovesciata al ralenti è il momento in cui le ragioni estetiche del pallone e quelle del cinema si fondono in modo sfacciato, ma non dimentichiamo la parata all’ultimo minuto di Stallone sul calcio di rigore tedesco e la seguente sollevazione popolare col pubblico che canta la Marsigliese e copre la fuga dei calciatori. La vicenda vera ha ispirato altri tre film, nessuno paragonabile a questo Victory. Capolavoro di cinema popolare.
2. Zidane, un ritratto del XXI secolo (2006)
Oltre il documentario, un’operazione di arte visiva che diventa riflessione cinematografica sull’essere calciatore: Douglas Gordon e Philippe Parreno piazzano 17 camere sincronizzate per seguire Zinedine Zidane durante una partita di campionato e concentrarsi solo su di lui (sulla scia di ciò che fece il cineasta sperimentale Hellmuth Costard con George Best nel ’70 col film Football As Never Before).
Ne viene fuori un ritratto straordinario in cui il calcio assume un’eco esistenziale moltiplicata dal montaggio e dalla musica dei Mogwai, che esalta la dimensione solitaria del campione, l’ordinarietà costretta al genio, le multiple angolazioni come lati di un’identità. Un assist (per Ronaldo) e un’espulsione, ma soprattutto la spoliazione di ogni velleità epica e mitica dalla narrazione popolare dello sport per arrivare all’essenza dell’uomo calciatore.
3. Il maledetto United (2009)
Da un romanzo biografico di grandissimo successo, Tom Hooper e lo sceneggiatore Peter Morgan traggono, con Il maledetto United, una trascinante storia di amore-odio per il calcio, capace di condensare molti elementi cardine dello sport e in particolare di quello inglese nel raccontare i 44 giorni in cui l’allenatore Brian Clough (un fantastico Micheal Sheen) ha dovuto prendere una squadra di teppisti, il Leeds United appunto, e trasformarli in una competitiva squadra di Premier League.
Più che ai risultati, il film guarda al percorso umano e sportivo di allenatore e calciatori, puntando l’obiettivo all’intreccio di rivalità, odii espliciti o soffocati, retroscena al confine del pettegolezzo che del calcio rappresentano un lato B, ma altrettanto affascinante. Sceneggiatura precisissima e grandi attori al loro meglio: l’essenza del cinema inglese contemporaneo, laddove il calcio è nato (anche al cinema, nel 1911, con il corto Harry the Footballer).
4. Prima del calcio di rigore (1970)
Secondo lungometraggio di Wim Wenders, il primo a colori e in 35mm, Prima del calcio di rigore usa il calcio per seguire e costruire la fenomenologia del cinema e dello sguardo che porterà il tedesco ai vertici del cinema d’autore degli anni ’70. A partire dal romanzo del premio Nobel Peter Handke, il film racconta le vicende di un portiere che dopo un’espulsione si trova a vagare per Vienna, monitorandone gli incontri, i gesti, azioni e reazioni, tra cui l’omicidio immotivato di una ragazza; sullo sfondo, una partita, un calcio di rigore, il rapporto tra chi tira e chi para.
Teso nella sua sobrietà, allucinato nel contesto apparentemente impassibile, prende il calcio e ne fa lo sfondo di un racconto di atti, gesti, sensazioni, in cui lo sport non c’entra, ma è sempre presente, in cui la paura del portiere è la costante del suo rapporto con il mondo.
5. Ultimo minuto (1987)
Il più bel film italiano sul calcio non mostra praticamente mai le azioni di gioco, ma è il ritratto più aspro e veritiero (alla sceneggiatura partecipano il regista Pupi Avati, il fratello e produttore Antonio e i giornalisti Italo Cucci e Michele Plastino) di ciò che è la serie A italiana, come mostra anche in chiave farsesca L’allenatore nel pallone di cui questo è una sorta di remake drammatico.
Retto da un eccezionale Ugo Tognazzi, il film è uno dei più acri di Avati e uno dei suoi migliori, in grado di azzeccare un affresco dettagliato a partire da una storia minimale, descrivendo quello che del calcio sanno tutti o quasi, ma che nessuno ha voglia di ricordare, fino a che non esplodono gli scandali.
6. Shaolin Soccer (2001)
Per chi è cresciuto con Arrivano i Superboys e Holly e Benji, questo film è una sorta di sogno bagnato, la versione live action di quelle prodezze fantascientifiche, mescolate con l’umorismo demenziale e il senso iperbolico dello slapstick del regista Stephen Chow (di cui consigliamo anche il successivo Kung Fusion).
Un film oltre ogni riga, che mescola CGI esasperata, prodezze fisiche, arti marziali e il nostro amato gioco del calcio con un senso dello spettacolo e della comicità insuperabile, e forse all’epoca all’avanguardia per il pubblico occidentale, tanto che la Miramax lo fece circolare in copie di 25 minuti più corte e doppiate in Italia da calciatori e attori dialettali, come fosse uno sketch del Bagaglino.
7. Febbre a 90° (1997)
Il film definitivo per far capire com’è la vita di un tifoso a chi tifoso non è, nel bene e nel male. Nick Hornby prende il suo romanzo e lo adatta per raccontare la vita di Paul (un adorabile Colin Firth), tifosissimo dell’Arsenal che regola la sua vita intorno alle gesta della sua squadra del cuore. Il che significa che nel campionato ’88/’89 quella vita potrebbe tranquillamente finire con un infarto.
Il regista David Evans dirige una commedia figlia dell’età d’oro di Hornby e del cinema leggero inglese, che comunica in modo perfetto tutte le idiosincrasie dell’essere tifoso, costruisce le emozioni del film intorno a quelle del tifo e nel suo piccolo ritratto antropologico, coglie perfettamente il segno di una malattia e dei suoi lati positivi. Chiunque abbia mai tifato, si rivedrà in pieno nel memorabile finale.
8. Diego Maradona (2019)
Asif Kapadia è un esperto di documentari biografici in grado di far emergere risvolti e contraddizioni anche dalle vite più esposte, e forse nessuna vita è più esposta di quella di Maradona, forse il più grande giocatore mai vissuto. E anche in questo caso, riesce nel miracolo di dar forma a un film in cui l’arte e la vita si fondono senza possibilità di separazione.
Il film si concentra sui sette anni che il giocatore trascorre a Napoli, i più fulgidi della sua carriera, durante i quali vincerà praticamente tutto, e ne mostra ogni lato possibile, distillando il senso di una città, del suo amore per un uomo e per uno sport, rendendo l’esplosione di un’epoca irripetibile e dei suoi strascichi. Basterebbe l’inizio tra le vie di Napoli all’arrivo, per godere di un film che prende la poesia di un uomo e la rende ritmo.
9. Maradona di Kusturica (2008)
Talmente grande era Maradona da avere due film in questa top ten, ma in questo caso, più che un documentario, il film è il confronto tra due personali affini, quella del calciatore e del regista Emir Kusturica. Parte da questo parallelo che fa mostrare El pibe de oro in parallelo ai personaggi dei film del serbo e percorre il pensiero del calciatore, più che le sue incredibili gesta.
Nell’inevitabile andamento a parabola dall’ascesa al declino, c’è anche tutto il mondo politico, l’impegno, la scomodità di un pensiero che si è opposto, o almeno ci ha provato, al calcio come sistema per esaltarne il lato umanista, tra un pallonetto, una veronica e un sombrero, Maradona comunica la sua ideologia, fatta per non piacere a tutti, ma proprio per questo, per il suo amore verso gli ultimi, irrinunciabile.
10. Sognando Beckham (2002)
In tempi in cui il calcio femminile è diventato finalmente un evento mediatico e appassionante, è giusto ricordare il film che ha, forse per primo, sdoganato il fenomeno, che messo in luce il movimento sotto forma di rivendicazione femminile e femminista. La regista Gurinder Chadha racconta l’amicizia tra due calciatrici (Parminder Nagra e Keira Knightley) che devono affrontare stereotipi e difficoltà culturali per poter emergere con la loro squadra.
Siamo al grado zero della costruzione del film sportivo di squadra, ma nondimeno c’è una freschezza di messinscena e una spontaneità nel racconto del gioco, oltre alla scoperta di un mondo e di un’intera cultura declinata in un genere diverso dal maschile, che gli hanno garantito uno status di piccolo culto, un successo internazionale e un ruolo da apripista da non sottovalutare.