Plasmata dalla mente del grande George Miller, la saga di Mad Max è indubbiamente una delle più iconiche della storia del cinema. Il franchise rappresenta un caposaldo fondamentale non solo nell’ambito dell’action occidentale, ma in generale per la storia della settima arte tout court, perché è stato capace di rivoluzionare il cinema d’azione e creare l’immaginario post apocalittico moderno, configurando i canoni di uno scenario distopico, divenuto il punto di riferimento che ha ispirato innumerevoli opere, cinematografiche, letterarie e videoludiche, venute dopo. Anche, ma non solo, per questa ragione è riuscita a ritagliarsi in pochissimo tempo lo status intramontabile di cult.
Il cineasta australiano ambienta le vicende in Australia, in un futuro non troppo lontano. In questo contesto Miller dipinge l’affresco di una realtà distopica di un mondo al collasso, che, film dopo film, vedremo progressivamente precipitare sempre di più nell’oblio. L’umanità ha smesso di esser tale, la società, per come la conosciamo, non esiste più, cancellata da un conflitto nucleare mondiale, dalla scarsità delle risorse e da una devastante crisi energetica, circostanze, che insieme all’avidità, all’ingordigia e alla spietatezza del genere umano, hanno annullato secoli di civilizzazione. È questo l’arazzo post apocalittico nel quale si muove il protagonista, Max Rockatansky, un ex poliziotto orfano della sua famiglia, che vaga come un ramingo solitario per le Wasteland, le lande desertiche, desolate e selvagge del continente australiano: terre senza confine di violenza, depravazione, malvagità e morte.
Mad Max è una saga sulla fine del mondo, la perdita dell’umanità, della speranza e della vita. Il Mad del titolo, che caratterizza la figura di Max, rappresenta una pazzia diffusa e condivisa che si riflette con quella di un mondo affogato nell’oblio più profondo della follia, dove non esistono più giusto e sbagliato, buoni e cattivi, bene e male. Tutti i personaggi della saga, positivi o negativi che siano, rappresentano un frammento dell’anima fratturata di questa realtà post apocalittica.
La figura di Max Rockatansky, il protagonista interpretato nei primi tre capitoli da Mel Gibson e nel quarto da Tom Hardy, incarna appieno la perfetta immagine dell’antieroe classico; quel genere di personaggio, in bilico tra luce e oscurità, spezzato da un mondo devastato che gli ha tolto tutto ciò che amava. L’archetipo dell’eroe reso celebre in particolare dai racconti letterari e cinematografici western. Per questo non è assolutamente un caso che George Miller, in particolare nelle prime tre pellicole, ricalchi in maniera quasi pedissequa il canovaccio più tipico dei film western, con l’eroe riluttante e solitario chiamato a salvare il villaggio indifeso dal clan dei cattivi e prepotenti di turno. Di fatto le pellicole di Mad Max sono dei western mascherati, ambientati in un futuro post apocalittico.
Quella firmata George Miller è una saga imperdibile per ogni cinefilo. Alcune delle sue pellicole non hanno semplicemente segnato il genere d’appartenenza, ma in qualche modo anche rivoluzionato la storia del cinema. Quindi adesso non ci resta che scoprire nel dettaglio tutti i film della saga di Mad Max, e classificarli dal peggiore al migliore.
5. Mad Max Oltre la sfera del Tuono (1985)
Terzo capitolo della saga e ultimo con protagonista Mel Gibson nei panni di Max Rockatansky, Mad Max Oltre la sfera del Tuono è la pellicola più divisiva, discussa, problematica e generalmente meno apprezzata dai fan del franchise. Non a caso, infatti, il film è stato vittima di numerose vicissitudini e beghe produttive, che hanno reso difficoltosa la sua lavorazione. La più importante è stata la dipartita di Byron Kennedy, produttore storico della saga e co-creatore del personaggio, nonché grande amico di Miller, il quale anche per questa ragione, si è trovato più volte intenzionato ad abbandonare il progetto.
Infatti, risultano due i registi accreditati alla direzione del film: George Ogilvie e ovviamente lo stesso George Miller. Forse anche per questo Mad Max Beyond Thunderdome possiede una duplice anima, da un lato adulta, rappresentata dalla solita crudezza, violenza e spietatezza, d’altro avventurosa, caratterizzata da toni più leggeri, ingenui e fiabeschi. Due anime separate e distinte, che scindono in maniera quasi netta i primi due atti del film, andando a collidere, anche un po’ forzatamente, nello spettacolare terzo atto.
Sebbene non possa esser considerato il miglior film della serie, Beyond Thunderdome rimane un ottimo prodotto d’intrattenimento, nonché un’opera importante per il franchise, poiché possiede molti elementi seminali che Miller ha avuto l’opportunità di sviluppare in Fury Road: l’ispirazione e le idee per la realizzazione di determinate sequenze di stunt, di combattimento e di inseguimento nel deserto nascono proprio qui. Mad Max Oltre la sfera del Tuono rappresenta l’epilogo morale della saga, con un finale evocativo capace di racchiudere in sé la summa della poetica di un narratore universale quale è George Miller.
4. Furiosa: A Mad Max Saga (2024)
Dopo quattro pellicole incentrate sulla figura di Max Rockatansky, il protagonista che d’altronde dà il titolo alla saga, ecco arrivare lo spin off/prequel dedicato a Furiosa, la coprotagonista di Fury Road interpretata da Charlize Theron, divenuta istantaneamente uno dei personaggi più amati dell’intero franchise. L’idea alla base del progetto è partita grazie all’inaspettato successo del quarto capitolo della saga, che ha convinto i produttori e George Miller, il grande demiurgo di Mad Max, che fosse giunto il momento di espandere i confini della sua folle distopia post apocalittica.
Infatti il cineasta australiano, con questo prequel, volge lo sguardo indietro per andare avanti. Furiosa: A Mad Max Saga è il capitolo della saga che più di tutti amplia il respiro e allarga gli orizzonti sull’universo narrativo del franchise. Attraverso la struttura della classica origin story, la pellicola ripercorre il passato della protagonista, in questo caso interpretata da Alyla Browne nella versione bambina e dalla splendida Anya Taylor-Joy, da ammirare ancora e ancora come scriviamo nella nostra recensione, in quella più adulta. Un espediente che consente a Miller, raccontando così un arco narrativo di circa vent’anni anni, di esplorare ed approfondire la mitologia, mai realmente sviscerata, delle desertiche Wasteland australiane.
Con Furiosa: A Mad Max Saga, George Miller dimostra rinnovata consapevolezza, intelligenza e maestria. Poiché, sebbene sia evidente che attinga a piene mani dall’immaginario creato nel capitolo precedente, un’opera cardinale non solo per la sua filmografica ma per la storia del cinema, allo stesso tempo il cineasta comprende la necessità di distanziarsi da quella matrice e non replicare la medesima formula. Il regista australiano, infatti, prova a ridefinire nuovamente il registro action della saga, che se nel quarto capitolo appariva indemoniato, agonico e iperadrenalinico, in Furiosa viene riletto tramite una chiave più ponderata, organica e concreta, rendendo così l’azione totalmente diversa da Fury Road, ma per questo non meno spettacolare.
Nonostante realizzi una pellicola abbastanza verbosa e dialogata, specialmente rispetto agli standard asciutti e laconici della saga, George Miller, ancora una volta, mette al centro l’immagine, l’imprinting visivo dello spettacolo e la potenza della messa in scena, narrando con la sua regia ispirata, vivace e dinamica attraverso la costruzione di rappresentazioni evocative pregne di significati suggestivi dal forte impatto iconico, e sebbene si sia preso 3 grandi rischi, confeziona così l’ennesimo tassello fondamentale della sua filmografia.
3. Interceptor (1979)
Capostipite della saga, Mad Max, distribuito in Italia con il titolo Interceptor, è la pellicola che ha dato origine al franchise. Uscito nel 1979, il film non segna solo il debutto alla regia di George Miller, il quale fino ad allora si era occupato di tutt’altro, operava infatti come medico di pronto soccorso a Sydney, ma rappresenta anche il trampolino di lancio per la carriera del ventitreenne Mel Gibson, fino a quel momento un attore semi-esordiente sconosciuto.
Mad Max è strutturato secondo l’intreccio archetipico della tradizionale western story, non a caso sono numerosi i rimandi a pellicole di quel genere, in particolare alle opere di Sergio Leone. Il film è edificato su una sceneggiatura essenziale, basata sui topoi narrativi tipici del revenge movie. Tutti i personaggi sono caratterizzati da una brutalità per certi versi animalesca e una crudezza quasi inumana, tratti, quest’ultimi, atti a delineare il declino del mondo circostante. Un elemento che nel corso della saga Miller andrà ad enfatizzare sempre di più.
L’elemento più interessante della pellicola è quello relativo al contesto ambientale ove si svolgono le vicende. L’idea di Miller era quella di narrare una storia nichilista di violenza e morte, per questo ritenne che fosse coerente, nonché più credibile, ambientare le vicende in una realtà futuristica distopica. Un mondo dove il più forte si impone sul più debole e nel quale si sentisse l’incombenza di una crisi globale che spazzasse via la civiltà per come la conosciamo. A differenza dei seguiti, in Interceptor vediamo la società, e insieme il suo protagonista, poco prima della definitiva caduta nell’oblio della follia. Un declino causato dalle guerre, dalla crisi energetica, dalla scarsità di risorse, ma soprattutto da un’umanità che ha smarrito tutti i suoi valori più nobili e puri.
Interceptor, al netto dello scorrere degli anni, rimane, ancora oggi, un grande film d’intrattenimento con una fortissima componente politica, sociale, etica ed ecologica. Una pellicola capace di fare scuola e di avviare un filone di enorme successo, che immortala il primo capitolo della saga di Mad Max come uno dei migliori esordi cinematografici della storia.
2. Interceptor – Il guerriero della strada (1981)
Mad Max 2 – The Road Warrior, sequel uscito a due anni di distanza dal precedente, è la pellicola che ha realmente dato origine al mito della saga creata da George Miller. Ritenuto dai fan storici il miglior capitolo del franchise, Interceptor 2 – Il Guerriero della Strada è il film che ha plasmato in maniera definitiva l’immaginario post apocalittico delle Wasteland australiane. Come spiegato nella bellissima sequenza introduttiva, le vicende sono ambientate diversi anni dopo rispetto al film del 1979, quando la situazione globale è ormai irrimediabilmente precipitata.
Miller firma un western dai toni inevitabilmente più crudi, violenti e spietati, ambientato in un mondo ancor più grottesco, bizzarro e sopra le righe del film precedente, con il protagonista divenuto ormai il perfetto contraltare dell’eroe codificato nei western movie cui il regista australiano si ispira. Max, infatti, rappresenta il corrispettivo milleriano del pistolero senza nome interpretato da Clint Eastwood negli spaghetti western di Sergio Leone. Mel Gibson è perfetto nell’interpretare il ruolo dell’antieroe spezzato dalla sua tragedia, il personaggio solitario, laconico e riluttante, che si ritroverà, nonostante tutto, a difendere i più deboli contro un clan di malvagi predoni.
Il cineasta australiano, grazie al grandissimo successo del primo capitolo, che ha garantito alla produzione un budget ben più elevato, mette in scena un sequel ancor più spettacolare dell’originale. Miller sfrutta nuovamente una trama semplicissima per dare sfogo a tutta la sua creatività, con un film nel quale l’action, esaltato da una messa in scena innovativa e sperimentale, prende il sopravvento su tutto, senza comunque lasciare in secondo piano le tematiche sociali tanto care all’ex medico nato a Brisbane. Mad Max 2 – The Road Warrior è un grandissimo film di intrattenimento che per tutte queste ragioni entra di diritto nella storia del cinema e nella ristrettissima cerchia dei più grandi sequel di sempre.
1. Mad Max: Fury Road (2015)
30 anni dopo il terzo capitolo della saga, Mad Max Oltre la Sfera del Tuono, George Miller riprende in mano la sua creatura, divenuta già un grande cult, per farla entrare definitivamente nella leggenda della storia del cinema, firmando un’opera che, senza troppi giri di parole, rappresenta il suo capolavoro. Questa volta a vestire i panni di Max Rockatansky alla guida della mitica Interceptor V8 troviamo Tom Hardy, un sostituto assolutamente degno dell’iconico Mel Gibson.
Nonostante Miller non sia mai stato realmente interessato a portare avanti la sua saga seguendo una continuità narrativa stringente, ogni film ha di fatto una storia autoconclusiva, lineare ed indipendente, le vicende di Mad Max: Fury Road sono idealmente collocate anni dopo quelle dei capitoli precedenti. Troviamo infatti il mondo ormai completamente e definitivamente collassato, governato da spietati signori del male che controllano le risorse primarie: acqua, petrolio e pallottole. Max vaga sempre solitario per le Wasteland, ormai oltre l’orlo della follia, in preda ad allucinazioni e visioni oniriche che proiettano i dolorosi spettri del suo passato.
All’interno di questo scenario, sempre più assurdo e fuori di testa, George Miller trova lo spunto per espandere la sua distopia, tra le più rappresentative della storia del cinema, introducendo innumerevoli personaggi divenuti subito iconici. Su tutti ovviamente Furiosa, per certi versi la protagonista morale della storia, interpretata da un’indimenticabile Charlize Theron, in una delle migliori performance della sua carriera. Tuttavia, è impossibile non menzionare altri incredibili personaggi, come il big villain Immortan Joe, il Mangiauomini, il Fattore, Organic Mechanic, Rictus, Nux e le Cinque Mogli di Joe (non a caso alcuni di questi torneranno anche nel prequel Furiosa: A Mad Max Saga).
Ipercinetico, adrenalinico, agonico, frenetico, indemoniato, furioso. Mad Max: Fury Road è un’opera che eleva l’action e la settima arte alla loro massima espressione. È il cinema all’ennesima potenza nella sua forma più pura, primordiale ed essenziale. Per questo rappresenta la sublimazione della visione artistica del cineasta australiano. Miller firma un blockbuster spettacolare, esaltato dalla magniloquente perfezione della sua messa in scena, capace di dialogare con lo spettatore per immagini, attraverso l’iconografia delle innumerevoli scene madri.
Ragion per cui il film non ha bisogno di una sceneggiatura verbosa, articolata ed eccessivamente dialogata, per narrare una storia apparentemente semplice, ma in realtà ricca, stratificata e profonda. Fury Road è un’opera che viaggia ad un ritmo forsennato, grazie ad una regia ispirata, dinamica e sperimentale, capace di traghettare la narrazione, delineare scenari, caratterizzazioni, stati d’animo e sentimenti, e trasmettere la poetica, la visione e l’idea di cinema del suo irripetibile autore. Una delle 20 pellicole più importanti del ventunesimo secolo. Un’opera universale.