In un piccolo angolo di mondo, racchiuso tra le pareti di una casa, Robert Zemeckis compie un miracolo narrativo: trasforma un concetto apparentemente statico in un’odissea temporale, una riflessione sulla memoria collettiva e sulla natura stessa del cinema. Here è tratto dalla graphic novel di Richard McGuire, ma ora è diventato un esperimento unico che intreccia il tempo, lo spazio e l’umanità in un unico punto.
Portare “Here” sul grande schermo era una sfida. La graphic novel di McGuire è un capolavoro minimalista: ogni pagina mostra lo stesso angolo di una stanza, ma in epoche diverse. La narrazione è visiva, frammentata, essenziale. Dunque come trasporre questa complessità in un medium tradizionalmente lineare come il cinema?
Adattare una graphic novel: un viaggio visivo

Nel portare Here sul grande schermo, Zemeckis non si limita a tradurre le immagini, ma le reinventa attraverso un’immersione totale che espande gli squarci fra le pagine e li rende voragini di vita vissuta. Quello del film con Tom Hanks e Robin Wright è un linguaggio filmico che alterna l’intimità della vita quotidiana alla vastità del tempo che scorre. La filosofia dell’opera si radica nell’idea che lo spazio fisico sia il legame tra generazioni, un contenitore della memoria collettiva. La casa non è semplicemente un edificio: è un archivio, un luogo sacro dove il passato non muore mai davvero, ma convive con il presente e il futuro.
Ogni generazione lascia un segno: una risata, una lacrima, una crepa nel muro. Guardando il film è impossibile non riflettere sulla memoria condivisa: ogni vita che si alterna tra quelle mura è unica, ma al tempo stesso parte di un tutto più grande. Il film sottolinea come i cambiamenti storici influenzino le vite individuali e collettive. Ogni generazione è plasmata dalle circostanze del suo tempo. Durante la guerra, gli abitanti della casa affrontano la precarietà, mentre in un’epoca ben più prospera i loro successori vivono momenti di leggerezza e celebrazione. Cambia il tempo, cambiano gli interpreti, ma in ogni epoca i temi fondamentali dell’esperienza umana – amore, perdita, speranza – restano gli stessi.
La memoria collettiva: attraverso il tempo

Questa è la più recente incursione di Zemeckis nell’esplorazione del tempo, un tema che ha già definito pietre miliari come Ritorno al futuro e Forrest Gump. Se però in quei film il tempo rappresentava il cuore del viaggio, qualcosa da manipolare o attraversare, qui il suo ruolo è ben diverso. Il tempo è una presenza: ogni istante esiste contemporaneamente all’altro, stratificato nello stesso spazio fisico. Gli echi di un’eterna intimità si legano costantemente in una sorta di sinfonia temporale che accompagna lo spettatore in un viaggio meraviglioso e ammaliante.
Zemeckis esplora questo concetto con una maestria che va oltre la semplice narrazione visiva: grazie all’uso di tecnologie quali il motion capture e una CGI che sfiora il pittorico, il regista riesce a rappresentare un luogo – la casa – immutabile e in continua trasformazione al tempo stesso. Ogni cambiamento nelle pareti, nei mobili, nelle persone che vi abitano è tassello di una narrazione non lineare che sfida le convenzioni cinematografiche. Uno sforzo che rende tangibile l’idea che lo spazio fisico non sia mai solo un contenitore passivo, ma un partecipante nella creazione e nella conservazione della memoria.
L’esperienza umana

Questa complessità narrativa si intreccia con una regia che invita lo spettatore a vedere il tempo come un flusso continuo. Le transizioni temporali sono orchestrate con fluidità ipnotica: un gesto di una mano nel 1800 si riflette in uno sguardo nel 2000, una risata del 1900 riecheggia in un silenzio del futuro. Zemeckis usa il montaggio per creare connessioni emotive e tematiche tra epoche distanti, rendendo il tempo un personaggio a sé. Ma è ciclico o lineare? Fugge via o persiste? Le influenze di pensatori come Bergson e Heidegger sono palpabili: il tempo è tanto una costruzione umana quanto una realtà inesorabile.
Zemeckis abbraccia questa dualità, creando un film che non offre risposte definitive, ma invita a contemplare. Come in altre opere che esplorano il tempo, da Cloud Atlas a The Tree of Life, Here ci ricorda che il tempo è la trama stessa della nostra esistenza. Here non è solo un film, ma un’esperienza estremamente familiare e vicina alla vita. Robert Zemeckis dà vita, appunto, a un’opera che è al tempo stesso intima e universale. Here è il cinema al suo apice: un mezzo per esplorare ciò che significa essere umani, immersi in un eterno presente dove il passato e il futuro si incontrano.