Lo strepitoso successo al botteghino di C’è ancora domani, esordio alla regia dell’attrice Paola Cortellesi che ha battuto ogni record, ha acceso i riflettori su una tendenza del cinema italiano che negli ultimi anni si sta sempre più intensificando: la presenza di sempre più attori dietro la macchina da presa. Ciò che in passato rappresentava il più delle volte una rarità nel panorama del cinema italiano è diventata, a partire dagli anni 2000, una vera e propria tendenza che sta raggiungendo nell’era post-covid picchi sempre più elevati. Solo nel 2023, su circa 150 film di finzione italiani arrivati nelle sale cinematografiche, più di 30 sono diretti da attori. Paola Cortellesi, Claudio Bisio, Micaela Ramazzotti, Kasia Smutniak e Giuseppe Fiorello sono solo alcuni dei nomi più in vista che nel 2023 sono arrivati nelle sale italiane con un film che li ha visti nei panni di registi. Si tratta, per tutti gli attori citati, di un esordio dietro la macchina da presa.
A loro, e a molti altri, vanno ad aggiungersi nomi di attori e attrici, soprattutto di commedie, che già da diversi anni si alternano fra film che li vedono sia davanti sia dietro la macchina da presa. Paolo Ruffini, Edoardo Leo, Massimiliano Bruno, Rocco Papaleo e Fabio De Luigi da diversi anni dirigono e interpretano commedie che, ormai, solo raramente riescono a imporsi al box office. Non mancano poi attori conosciuti per i loro ruoli comici come i già citati Paola Cortellesi e Claudio Bisio che si mettono alla prova dirigendo film drammatici. E’ già più raro trovare attori italiani che decidono di stare solo ed esclusivamente dietro la macchina da presa, anche se gli esempi, come vedremo, non mancano. Che siano drammi o siano commedie, che siano grandi o piccole produzioni, la tendenza è chiara e il successo al botteghino che sta riscuotendo C’è ancora domani di Paola Cortellesi non può che nutrirla. Non sempre, però, il risultato finale di queste sortite alla regia di noti attori convince pienamente. A volte, però, il prodotto finale è di grande valore. Vi consigliamo quindi alcuni film diretti da attori e attrici italiani.
Forever Young – Les Amandiers (2022) di Valeria Bruni Tedeschi
Nome di punta del cinema d’autore italiano, Valeria Bruni Tedeschi è anche una delle registe italiane che riscuote maggior successo fra la critica. La sua doppia nazionalità, italiana e francese, fa sì che i suoi film siano sempre delle co-produzioni italo-francesi. Forever Young, interpretato interamente da un cast francese, è forse uno dei risultati più maturi della sua carriera da regista. Il ritratto dalle note autobiografiche che l’attrice compie di un gruppo di aspiranti attori nella Francia degli anni ’80 trasuda di emozioni che vanno dalla gioia alla malinconia. La sensibilità di Valeria Bruni Tedeschi, per la prima volta solo ed esclusivamente regista, innerva la storia e rende Forever Young uno dei migliori coming of age degli ultimi anni.
Stranizza d’amuri (2023) di Giuseppe Fiorello
Chissà se dopo una carriera da attore per il piccolo schermo Beppe Fiorello non possa raggiungere la consacrazione artistica nei panni di regista. Il suo esordio dietro la macchina da presa è infatti un dramma sentimentale diretto con una discreta sicurezza. Attingendo a piene mani dall’immaginario nazional-popolare degli anni ’80, il regista riesce il più delle volte ad evitare gli stereotipi e a raccontare un tragico amore adolescenziale fra due ragazzi omosessuali. La caratterizzazione dei due giovani protagonisti, la forza drammatica di alcune scene e una serie di scelte registiche interessanti fanno ben sperare per un futuro dell’attore dietro la macchina da presa. Il botteghino, a fronte di una distribuzione tutt’altro che capillare, lo ha premiato e il film ha superato abbondantemente il milione di euro di incassi.
L’ultima notte di Amore (2023) di Andrea Di Stefano
Non fra gli attori italiani più noti per via di una carriera svoltasi prevalentemente all’estero, Andrea Di Stefano esordisce come regista in Italia dopo aver già avuto modo di dirigere due discreti film negli Stati Uniti (Escobar e The Informer). Il suo hardboiled meneghino è senza ombra di dubbio il miglior tributo al cinema di genere italiano degli anni ’70 che la nostra cinematografia sia riuscita a partorire negli ultimi decenni. Il ritmo forsennato, le atmosfere claustrofobiche, l’interpretazione del cast e la colonna sonora rendono L’ultima notte di Amore un film di alto livello, che intrattiene e coinvolge. La dimostrazione che si può essere in grado di omaggiare un cinema che non c’è più senza scimmiottarlo o, colti da crisi di nostalgia, perdere il contatto con la contemporaneità. Chissà se dopo il successo al box office Andrea Di Stefano dirigerà ancora film in Italia o tornerà a lavorare stabilmente negli Stati Uniti. Noi, in ogni caso, non vediamo l’ora di vederlo nuovamente all’opera.
Cento domeniche (2023) di Antonio Albanese
Interprete comico fra i più apprezzati degli ultimi trent’anni, Antonio Albanese ha avuto già diverse occasioni per cimentarsi dietro la macchina da presa. La particolarità del suo ultimo lungometraggio è però la sua natura estremamente drammatica. Ispirato a una vicenda autobiografica e presentato in anteprima alla Festa del Cinema di Roma – dove è stato lanciato anche C’è ancora domani di Paola Cortellesi, compagna di set di Albanese nella saga di Come un gatto in tangenziale – Cento domeniche è uno dei film più duri della stagione cinematografica. Privo perlopiù di una colonna sonora e girato con uno stile asciutto ed essenziale ma non superficiale, il lungometraggio di Antonio Albanese è un racconto desolante della nostra contemporaneità. Un esempio di cinema civile contemporaneo ben scritto e ben interpretato, che sposa una tesi e la porta avanti fino in fondo senza cedere a facilità e leziosismi.
Con la grazia di un Dio (2023) di Alessandro Roia
Primo film diretto dall’attore noto al grande pubblico per essere stato fra i protagonisti di Romanzo Criminale, Con la grazia di un Dio è uno dei migliori esordi italiani dietro la macchina da presa del 2023. Le atmosfere plumbee di Genova fanno da sfondo a un dramma con tinte noir che stupisce per l’essenzialità dell’intreccio e per la raffinatezza della messa in scena. Concisa ma con un ritmo diluito, quella di Alessandro Roia è un’opera che rapisce lo spettatore e lo conduce in un viaggio dentro a un personaggio ambiguo e dalla statura tragica.
Presentato durante le Giornate degli Autori di Venezia, il film è girato interamente in pellicola come l’altro noir italiano arrivato nelle sale quest’anno, L’ultima notte d’Amore di Andrea di Stefano. Le analogie fra i due film – che rappresentano comunque due modi diversi per rileggere il genere – non finiscono qui se si pensa che, come Di Stefano, Alessandro Roia cura solo ed esclusivamente la regia del film senza comparire davanti alla macchina da presa.
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