Il Mercenario Chiacchierone è tornato, ma, stavolta, non è solo. Con lui, in Deadpool & Wolverine, c’è una versione del mutante artigliato diversa rispetto alla figura eroica cui il pubblico è abituato. Del Logan che era stato sepolto da James Mangold nell’omonimo film del 2017 non rimane che lo scheletro. A Wade Wilson, che ha il compito di salvare la propria linea temporale, non resta che andare a spasso nel Multiverso alla ricerca di una versione di Wolverine che sia in grado di aiutarlo.
Caso (o, meglio, una sceneggiatura costruita ad hoc) vuole che venga recuperata una variante del supereroe artigliato che condivide la medesima frustrazione: non essendo riuscito a salvare il suo universo e le persone che amava, si trascina in un immortale alcolismo. Refrattario a qualsiasi tentativo di redenzione, Logan viene trascinato da Wade in una missione che non sente appartenergli e si ritrova costretto a collaborare con un alleato con il quale non ha neanche un punto in comune. Piuttosto che cooperare al raggiungimento dell’obiettivo, infatti, sono più le volte in cui i due supereroi se le danno di santa ragione, e giù fiumi di sangue e turpiloquio (il che rende il prodotto non adatto ai bambini).
La coppia che scoppia sembra andare nella direzione opposta alla risoluzione del conflitto, il che costituisce un villain (figurato) molto più temibile e potente del feticcio interpretato da Emma Corrin. Cassandra Nova è un surrogato di Charles Xavier e, piuttosto che mettere i bastoni tra le ruote ai due, li induce ad aiutarsi a vicenda. A uno sguardo superficiale, si potrebbe pensare che il lungometraggio sia riassumibile in botte da orbi, violenza a volontà e una sequela di easter egg e riferimenti ai fumetti. Ma c’è un cuore, oltre la corazza: nel finale, infatti, non si può fare a meno di notare la maturità che i due supereroi hanno raggiunto, smussando gli angoli dei loro caratteri spigolosi e condividendo la gioia per una pace ritrovata solo in virtù della cooperazione.
La redenzione di Logan
Cinico, disilluso e amareggiato: questo è il Logan che vediamo in buona parte di Deadpool & Wolverine. Devastato dal fallimento e incapace di convivere con le voci nella sua testa, che gli chiedono un aiuto che lui non è in grado di offrire, la variante del supereroe si trascina in un’esistenza misera e sopravvive giusto perché l’auto-rigenerazione non gli consente di morire. Un incontro decisivo, però, cambia le carte in tavola e fa scattare la scintilla che determinerà il suo cambiamento. Logan entra in contatto con la Laura (alias X-23) dell’universo di Mangold.
La ragazza, animata da uno spirito scontroso, abbassa la guardia nel momento in cui si trova faccia a faccia con l’eroe che le ha salvato la vita. Lo trova diverso dalla versione del suo mondo, ma non gli nega la propria fiducia. Wolverine, del resto, non è mai stato “l’uomo giusto“, ma lo è diventato. Il tempo e l’esperienza gli hanno conferito l’empatia e la fermezza necessarie a essere un supereroe degno di questo nome. E quello che viene fuori dal bagagliaio di una scalcagnata Honda, per affrontare gli avversari insieme ai suoi amici, è un Wolverine la cui redenzione ha iniziato già a concretizzarsi.
L’unione fa la forza
Dall’inizio del film, i due protagonisti non fanno mistero di provare un odio reciproco e smodato, al punto che, se potessero, si ucciderebbero. La scena dello scontro nell’auto, esattamente a metà del corso degli eventi, è emblematica della frustrazione che entrambi hanno l’esigenza di sfogare senza mietere altre vittime. La loro immortalità consente a Wade e a Logan di picchiarsi selvaggiamente per ore, riducendo la Honda un colabrodo e il set in condizioni che farebbero impallidire Tarantino.
Questo finché ognuno rimane settato sul proprio tornaconto: Logan si sente usato per una missione che crede suicida e Wade non fa nulla per dissuaderlo perché non crede neanche lui nella sua riuscita. Mano a mano, però, si rendono conto di non essere poi così diversi e, soprattutto, di avere entrambi a cuore il destino dei loro cari. Il tentativo di manomettere il Time Ripper, con il relativo scontro tra materia e antimateria, significa fallimento annunciato, ma i due, dopo essersi “rimpallati” l’eroico sacrificio, superano ogni divergenza per affrontare la prova. E ne escono vincitori, anche (e soprattutto) moralmente.
Malinconia e speranza
Nelle battute finali del film, Deadpool e Wolverine sono cambiati, restando soltanto Wade e Logan. A missione compiuta, hanno imparato che la semplicità che li circonda è quanto di più prezioso possano desiderare e che non importa essere considerati “il Gesù della Marvel“, ma, piuttosto, preservare la stabilità e l’equilibrio della loro realtà (o, quantomeno, sperare di riuscirci). I due supereroi si godono la reciproca compagnia, seppellendo una volta per sempre l’ascia di guerra.
Non solo: una carrellata all’indietro mostra le rispettive maschere abbandonate su un tavolino. A livello di storytelling, la scena si può interpretare come la fine del loro arco narrativo (il che non è comunque scontato, dato lo sdoganamento del Multiverso). Si percepisce, però, soprattutto la malinconia verso un trascorso di imprese eroiche ormai giunto al tramonto. Anche se invincibili e immortali, Deadpool e Wolverine hanno avuto “il loro finale” e sono degni di un meritato riposo.
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