Sebbene la cerimonia degli Oscar sia sempre stata un momento di celebrazione dell’industria hollywoodiana, dal 1948 viene assegnato da parte dell’Academy un premio al miglior film in lingua straniera, tra una selezione di titoli non di produzione statunitense e dialogati prevalentemente in una lingua diversa dall’inglese. Un modo, dunque, per intercettare mondi e culture distanti da quelli americani. L’Italia ha sempre avuto un rapporto speciale con gli Oscar e gli Stati Uniti, non solo per aver influenzato moltissimo il cinema d’oltreoceano con autori della portata di Fellini e Vittorio De Sica, ma soprattutto perché è il paese che ha ricevuto più statuette nella sezione sopracitata (14 su 30 nominations, seguita dalla Francia con 12 vittorie su 38 nominations).
In occasione della candidatura di Io Capitano di Matteo Garrone, selezionato per rappresentare la nostra Nazione alla novantaseiesima edizione degli Academy Awards che si svolgerà domenica 10 marzo, ripercorriamo tutti i trionfi italiani nella categoria di miglior film internazionale.
De Sica e il neorealismo
Per essere precisi, la categoria di miglior film straniero fu introdotta solo nel 1957, in quanto negli anni precedenti veniva assegnato semplicemente un premio onorario alle migliori opere di realizzazione in lingua non inglese. Nell’edizione del 1948 il primo a ricevere questo riconoscimento fu Sciuscià di Vittorio De Sica, uno dei massimi esponenti del movimento neorealista che ebbe un impatto consistente sul cinema mondiale di quel periodo. Due anni dopo De Sica vinse per la seconda volta con il magistrale Ladri di biciclette, e la stagione successiva a trionfare fu Le Mura di Malapaga, una co-produzione Italia/Francia diretta da René Clèment.
Le vittorie di Fellini e gli anni ’70
Il cinema italiano fu protagonista assoluto anche quando nel 1957 venne formalizzata la categoria di miglior film in lingua straniera. In quella edizione a trionfare fu proprio La Strada di Federico Fellini, con Giulietta Masina nei panni del celebre personaggio di Gelsomina Di Costanzo. Fellini fece doppietta l’anno seguente con Le notti di Cabiria. Seguirono alcune annate costellate solamente di candidature importanti (tra tutte segnaliamo La Grande Guerra di Monicelli) ma zero statuette, quando nel 1964 a riportare l’Oscar in Italia fu nuovamente il regista riminese con il suo testamento poetico 8½. Nel 1965 Il premio tornò ancora nelle mani di Vittorio De Sica grazie al suo Ieri, oggi, domani.
Per un’altra duplice vittoria consecutiva bisognerà attendere il 1971 e il 1972, per merito di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di Elio Petri, uno dei più grandi capolavori del cinema politico nel senso più intrinseco del termine, e Il giardino dei Finzi Contini partorito sempre dalla creatività di Vittorio De Sica. Tre edizioni dopo toccò a Amarcord di Fellini, che raggiunse De Sica a quota quattro statuette portate a casa.
“And the Oscar goes to… ROBERTOOOOOO!!!”
Per quindici anni le nostre produzioni e i nostri autori rimasero a bocca asciutta, ad eccezione di Bernardo Bertolucci che nel 1987 vinse l’Oscar per la miglior regia (l’unico italiano a riuscirci) con L’ultimo Imperatore, che però competeva nella categoria di miglior film. L’anno del primo successo italiano dopo il dominio Fellini-De Sica fu il 1990, segnato dalla storia dell’amore per il cinema del piccolo Salvatore di Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore che commosse tutto il mondo. Nel 1992 fu invece l’occasione di Gabriele Salvatores e il suo Mediterraneo.
La nostra vittoria più celebre arrivò però nel 1999, quando Roberto Benigni portò a casa con La vita è bella ben tre statuette (un bottino che nessun film non in lingua inglese era riuscito ad ottenere prima di allora): oltre a miglior film straniero, anche quelle di attore protagonista e colonna sonora. Ma ciò che rese indimenticabile quella premiazione fu non solo il discorso commovente dell’interprete toscano sul delicato argomento dell’Olocausto dopo essere salito in piedi sulla poltroncina di Steven Spielberg prima di raggiungere il palco, ma soprattutto l’urlo di contentezza di Sophia Loren che, nell’annunciare il premio, esclamò: “And the Oscar goes to… ROBERTOOOOOO!!!”.
Sorrentino e La grande bellezza
Dopo il trionfo di Benigni seguirono quindici anni di digiuno totale (esclusa una candidatura nel 2006 per La bestia nel cuore di Cristina Comencini), terminato poi nel 2014 con il successo planetario de La grande bellezza di Paolo Sorrentino. Il grande affresco sulla mondanità romana che celebra La dolce vita di Fellini fu consacrato proprio con l’Oscar per il miglior film in lingua straniera, e riportò in patria il prestigioso premio dopo tanto tempo.
Dopo quella vittoria, l’Italia è stata candidata solamente due volte fino ad oggi: nel 2022 sempre con Sorrentino e il suo racconto autobiografico È stata la mano di Dio, e nel 2024 con Io Capitano di Matteo Garrone, l’odissea dei due migranti Seydou e Moussa che lasciano l’Africa per raggiungere l’Europa. Finalmente è arrivato il tanto ambito riconoscimento internazionale anche per il regista di Gomorra e, visto il tema del suo ultimo film, chissà se il 10 marzo lo vedremo uscire dal Dolby Theatre con la statuetta in mano, anche se la concorrenza de La zona di interesse di Jonathan Glazer sembra davvero insopprimibile.
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