Arrivato nelle sale il 24 aprile, Confidenza di Daniele Luchetti spiazza già dalle sue premesse: un’opera che non vuole raccontare tutto e che anzi celebra l’ambiguità in un contesto narrativo (soprattutto nostrano) troppo spesso didascalico e poco stimolante. Per rifuggire la mediocrità, il regista si affida nuovamente alle opere di Domenico Starnone, autore a cui è strettamente legato e di cui ha già adattato precedenti lavori. Un sodalizio quasi simbiotico, non tanto nella frequenza quanto nelle vedute: Starnone racconta l’uomo e la vita, Luchetti (qui accompagnato da Francesco Piccolo in sceneggiatura) ne rappresenta le derive più aperte e sperimentali.
In Confidenza convivono nature divergenti, ma tutte accomunate dall’approfondimento dell’io e della dimensione più intima dell’uomo immerso nel caos dell’esistenza: Pirandello incontra Polanski e Dostoevskij in un dramma tentato dal thriller. Basterebbe questo ad allontanare la pellicola dalle tendenze (tutte italiane) verso un melò che fa sentire importanti ma non dice niente. Per questo Luchetti non forza nulla, bensì suggerisce un accordo tra due mondi all’apparenza inconciliabili: l’io richiesto dalla società, consapevolmente soffocato in un abisso di tendenze e apparenze, e l’io puramente interiore, condannato a rimanere nell’ombra per paura o vergogna. Così il film gioca con la percezione dello spettatore in un labirinto di contraddizioni, avanzando con convinzione un quesito fondamentale: c’è ancora spazio per vivere senza compromessi?
Genere: Drammatico
Durata: 136 minuti
Uscita: 24 Aprile 2024 (Cinema)
Cast: Elio Germano, Federica Rosellini, Vittoria Puccini, Pilar Fogliati, Isabella Ferrari
Uno, Nessuno…
Affidarsi al talento di Elio Germano, uno dei migliori interpreti della sua generazione, per portare in scena un conflitto di tale portata non poteva che essere la scelta più logica possibile. Riprendendo una dinamica simile a quanto visto in Lacci, il suo Pietro è un uomo piccolo ma dall’ego ingombrante, professore tanto affascinante quanto condizionato dal giudizio altrui. La confidenza di cui parla il film nasce da un invito di Teresa (Federica Rosellini), sua ex allieva con cui intraprende una relazione: scambiarsi un segreto così orribile che se si sapesse sarebbe la fine. Il solo fatto di rivelare qualcosa di simile crea una spaccatura definitiva in Pietro, che da quel momento vivrà nel terrore di venire scoperto.
La storia con Teresa finisce, ma il peso di quel segreto rivelato resta a tormentarlo: il protagonista diventa vittima di sé stesso, o meglio, della propria percezione all’interno della società. In un richiamo quanto mai azzeccato alla “fortuna madre” che ha reso celebri opere come Match Point, Pietro sembra inizialmente riuscire a scamparla: diventa un intellettuale di successo, sposa Nadia (Vittoria Puccini) e ha tre figli. Eppure, ogni istante di quell’esistenza ideale, costruita con fatica e sudore, appare sempre più incerto, in bilico tra l’orrore della verità e l’effimera bellezza della finzione. Luchetti si permette di interpellare lo spettatore, affidandogli il peso di una prospettiva scomoda che a tratti rende meno prorompente la drammaticità del racconto, ma contribuisce ad alimentare l’intreccio fra temi sempre più ampi.
Tra salvezza e oblio
In Confidenza emerge la chiara intenzione di dar peso a ciò che non si vede. Il protagonista incarna l’ambiguità, lascia che questa lo inglobi al punto da esplodere al momento opportuno in un delirio di paura. Ma è nell’idea registica dietro il dualismo di Pietro che Luchetti trova gli spunti più interessanti del suo nuovo film. Sin dalle prime inquadrature, Pietro non è solo corpo o carne: è una tela divisa a metà in cui convivono i bagliori dell’apparenza e le tenebre dell’inconscio. L’utilizzo della luce permette a Luchetti di rappresentare un protagonista quasi caravaggesco, tracciando contorni invisibili che separano sicurezze e orrori.
Una scelta stilistica che rappresenta alla perfezione lo “show, don’t tell“, con la regia e la sceneggiatura che si concentrano più sul sottotesto e sulle analisi psicosociali che sul classico racconto di maschere. In questo senso, l’interpretazione di Germano traccia le diverse sfumature di Pietro con pennellate decise, lanciandosi a capofitto in una discesa verso gli inferi. Luchetti crea atmosfere inquiete e profonde, accompagnato dall’incredibile colonna sonora originale di Thom Yorke (leader dei Radiohead), e spinge lo spettatore ad analizzare la realtà sociale in rapporto all’esistenza dell’uomo comune. Non è un caso, infatti, che i contraltari di Pietro siano donne – augure di verità, come la Teresa di Federica Rosellini, o succubi della menzogna, come la Nadia di Vittoria Puccini.
Emerge l’attenzione nello scrutare la realtà e raccontarne degli squarci immaginifici, creando quasi mondi interiori da osservare con attenzione attraverso le derive del protagonista, ma nella ricerca costante di un impatto emotivo alcune sequenze (soprattutto più avanti nel tempo) non riescono a colpire con la stessa autenticità.
Vivere nella menzogna, o morire liberi?
Confidenza resta un film di sussurri, che attraverso le sue sottigliezze tenta quasi di spiccare il volo e liberarsi da un baratro in cui il confine tra paura e inganno si fa sempre più sottile. Per raggiungere quella libertà in un racconto in cui la donna si fa rivelatrice e meno tentatrice, dove la mania del controllo prevale sulla verità, il prezzo da pagare rischia di essere insostenibile. E qui la tensione egoriferita emerge in tutta la sua potenza, tra vani tentativi di espiazione e peccaminose tentazioni. Daniele Luchetti ha realizzato un film coraggioso, ambiziosissimo e per larghi tratti sorprendente: Confidenza brilla per le sue atmosfere, coinvolge con le sue interpretazioni, ma soprattutto impressiona per il suo desiderio di libertà – che non è soltanto quello di Pietro, ma rispecchia l’intenzione di abbracciare una tendenza diversa dal solito.
Alternando senza difficoltà toni delicati e potenti, la pellicola di Luchetti rappresenta un passo importante verso una dialettica cinematografica meno scontata, più esigente ma anche più appagante. Un’operazione inusuale, quasi anomala per il cinema italiano, che attraverso la sua visione offre spunti interessanti per analizzare il rapporto tra individuo e società contemporanea. Un progetto che potrà apparire respingente a un primo sguardo, ma che resta dentro a lungo. Forse siamo davvero schiavi delle maschere sui nostri volti, soggiogati dalle aspettative nostre e altrui. Accogliere senza filtri ciò che siamo può ancora portare alla salvezza?
E voi cosa ne pensate di questo? Siete d'accordo con le nostre riflessioni?
Se volete commentare a caldo la recensione insieme alla redazione e agli altri lettori, unitevi al nostro nuovissimo gruppo Telegram ScreenWorld Assemble! dove troverete una community di persone con interessi proprio come i vostri e con cui scambiare riflessioni su tutti i contenuti originali di ScreenWorld ma anche sulle ultime novità riguardanti cinema, serie, libri, fumetti, giochi e molto altro!
Confidenza è un film di grande impatto, sia visivo, sia intellettuale. Daniele Luchetti ha creato un'opera che brilla nei suoi chiaroscuri, stimolando lo spettatore attraverso il dramma di un protagonista divergente, ma non per questo meno affascinante. Un'interessantissima riflessione sul rapporto tra individuo e società che spinge a chiedersi se sia ancora possibile essere davvero liberi.