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    Home » Cinema » Barbie: l’interpretazione di Margot Robbie

    Barbie: l’interpretazione di Margot Robbie

    Come ha fatto Margot Robbie a diventare una bambola? L'interpretazione dell'attrice australiana in Barbie di Greta Gerwig.
    Valentina AlfonsiDi Valentina Alfonsi30 Agosto 2023Aggiornato:30 Agosto 2023
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    Barbie Greta Gerwig
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    To play: se recitare e giocare, in lingua inglese, sono azioni sovrapponibili, cosa succede quando un’attrice è chiamata interpretare una bambola? E non una bambola qualunque, ma la bambola per antonomasia: come ha fatto, in Barbie, Margot Robbie a mettersi nei panni della protagonista?

    In una breve intervista video per Teen Vogue, l’attrice australiana – che del film è anche produttrice – individua tre punti principali, tutti in vario modo legati a un’idea di rigidità: la postura, le azioni e l’estetica.

    Ballare sui tacchi: la postura di Barbie

    margot robbie balla in barbie

    I piedi della bambola Barbie sono modellati per infilarsi esclusivamente nelle tipiche scarpine col tacco, non conoscono posizione di riposo. Coerentemente, per i ruoli di contorno nella Barbie Land, la regista Greta Gerwig ha voluto solo ballerini professionisti: perché il corpo di un ballerino, anche se apparentemente in stato di quiete, sembra sempre pronto all’azione. Una qualità che nel corpo di plastica delle Barbie e dei Ken si esaspera: nel gioco possiamo mettere le bambole a dormire, ma anche in posizione sdraiata gambe e braccia manterranno le articolazioni della veglia.

    Dire e fare: le azioni di Barbie

    un'immagine del film barbie

    Nel mondo di Barbie, tutte le azioni vengono enunciate con entusiasmo ed eseguite con altrettanto entusiasmo: non c’è spazio per dubbi o esitazioni (la bambola del resto è predisposta solo per movimenti limitati, a scatti), e soprattutto non può esserci scollamento col pensiero. La recitazione vocale dell’attrice deve così sempre suonare trasparente e intenzionale: Barbie dice, Barbie fa, ma Barbie non pensa. E se lo fa, se addirittura pensa alla morte, è allora che cominciano i guai.

    I capelli, il trucco e i vestiti: l’estetica di Barbie

    un'immagine del film barbie

    La Barbie di Margot Robbie è la Stereotypical Barbie, la Barbie Stereotipo: capelli biondi, occhi chiari, lineamenti armonici, sorriso tirato, corpo magro, e tanto, tanto, tanto rosa. A quest’estetica stucchevole, Greta Gerwig applica un approccio simile a quello che riservava al lieto fine di Piccole donne: la riconosciamo – lei come autrice e noi come spettatori – per ciò che è, ne facciamo oggetto di ironia, ma non ci neghiamo il piacere di metterla in scena e di goderne. Perché sì, guardare Margot/Barbie in azione è puro, fastidioso godimento. Le parrucche voluminose, la luminosità dell’incarnato, gli accessori grandi e sproporzionati (che nel gioco agevolano la manipolazione) e i vestiti plasticosi (viene voglia di toccarli per saggiarne la consistenza) generano in chi guarda, o gioca, attrazione e repulsione.

    Giocare con le bambole, lo sappiamo, è sempre ambivalente: c’è il gioco di cura, creativo e generativo, e c’è il gioco sadico e distruttivo (ed ecco che nasce Barbie Stramba!). Pensiamo al ruolo delle bambole in un’altra grande narrazione popolare dei nostri anni, quella dell’Amica geniale di Elena Ferrante: la bambola è legame, è scambio, è comunicazione, ma è anche esercizio di potere, violenza, punizione. To play, che verbo meraviglioso e terribile.

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