Trovare idee davvero originali nel panorama horror contemporaneo può sembrare un’idea tutt’altro che semplice. Eppure, negli ultimi tempi, gli autori capaci di giocare con gli stilemi di un genere ad altissima carica simbolica sono stati più di quanto si potrebbe pensare. La paura può celare molte cose, e spesso può anche rivelarsi il mezzo per riflettere su altre senza l’ausilio di dialoghi imperanti o narrazioni intricate. Questo concetto cardine è stato alla base del successo di A Quiet Place: l’opera di John Krasinski ha rappresentato una ventata d’aria fresca per i blockbuster del genere, grazie soprattutto alla prospettiva intimista e “silenziosa” (in più sensi) dei suoi film. Il primo capitolo ha mostrato al mondo la forza dell’idea di partenza, il secondo ha saputo sfruttare quelle stesse premesse come basi per una vera e propria saga.
Con A Quiet Place: Giorno 1 arriva al cinema un primo spin-off ufficiale, carico di aspettative anche se lontano dalle proprie certezze. Questo prequel, orfano proprio del suo regista e della protagonista Emily Blunt, avrebbe potuto facilmente scadere nella mera opera derivativa, soffocato dalle proprie ambizioni commerciali; invece, grazie soprattutto a delle scelte poco scontate, ha tutte le carte in regola per convincere il pubblico (forse anche per stupirne una buona parte). Come ha detto lo stesso Krasinski, c’è molto da scoprire all’origine del grande silenzio che ha sconvolto la terra. Più in generale, Giorno 1 offre una miriade di spunti per intrattenere e incuriosire dall’inizio alla fine: ne risulta un film dal potenziale enorme, che convince davvero anche se non sconvolge fino in fondo.
Vivere (e morire) a New York
Il nuovo film della saga ripropone un incipit familiare, ma questa volta sposta il proprio sguardo sulla caotica New York. Sam (Lupita Nyong’o) è l’improbabile protagonista attraverso cui vengono esplorati gli orrori del Giorno 1 e di un’invasione destinata a cambiare il mondo. Una malata terminale, in giro per la città con altri pazienti, immersa nel frastuono della Grande Mela. Pochi istanti di normalità, la promessa di una pizza, poi il delirio: l’oblio che squarcia il cielo, il sottofondo cittadino che si trasforma in uno straziante grido di terrore, il silenzio che si fa assordante. I mostri giunti dall’alto per distruggerci non possono vedere, ma possono sentire: ogni piccolo rumore può determinare chi vive e chi muore. Non c’è una via d’uscita, non c’è un’arma miracolosa pronta a salvarci. L’unica soluzione è non emettere alcun suono.
La regia di A Quiet Place: Giorno 1 è affidata all’emergente Michael Sarnoski, reduce dal successo di Pig (l’opera più folle e intrigante con protagonista Nicolas Cage). Bastano poche sequenze per capire che la scelta non è affatto casuale: Sarnoski accoglie l’orrore senza timore, esplorandone i confini con estrema convinzione e un’ottima tecnica, ma trova il modo di inserire un’intensità drammatica estremamente rara per pellicole del genere. Attraverso i suoi personaggi principali, esaltati dalle ottime interpretazioni del cast, il regista attinge agli elementi principali della saga per offrire un’esperienza familiare e personale al tempo stesso. Non ci si allontana quasi mai dalla prospettiva dei protagonisti e forse la carenza di una visione macroscopica potrebbe cominciare a pesare, ma la pellicola si concentra talmente tanto sui propri quesiti da lasciare poco spazio ai dubbi.
L’altra faccia dell’orrore
Per un’opera girata in (quasi) totale silenzio, la potenza del racconto si conferma quasi eccezionale: parte del merito è degli interpreti, capaci di comunicare con i loro volti particolarmente espressivi, ma il contributo più significativo è dato dalla sceneggiatura. L’elemento più forte dell’opera di Sarnoski è la sua originalissima riflessione sul significato della parola “sentire”: in inglese “hear” e “feel” sono due parole diverse, ma comunque legate da un oceano di significati. Di fronte a un orrore in cui i mostri reagiscono al minimo sentire (hear), quanto vale il sentire (feel) di una donna già rassegnata al proprio destino? Da questa premessa si diramano quesiti sempre più intriganti, ma per mantenere il focus sulla narrazione principale Sarnoski pecca di coraggio e ne approfondisce soltanto una minima parte.
Ciò che poteva rendere Giorno 1 il miglior film della saga si rivela l’elemento che lo ancora a una dimensione più dimenticabile, anche se soddisfacente. Quella tenacia, evidente nelle prime sequenze e poi smorzata verso la seconda metà del film, avrebbe portato la dimensione horror ad amalgamarsi perfettamente con i toni drammatici dell’opera, unendo a un’ottima resa d’insieme una splendida struttura contenutistica. Tutti elementi che si sarebbero sposati ancora meglio con il ribaltamento di dinamica fra i protagonisti: la Nyong’o è eccezionale nel trascinare il film come una figura idealmente forte, ma sempre più fragile; Quinn, dal canto suo, ne è il perfetto contraltare e acquisisce valore man mano che la narrazione prosegue.
Quell’istinto che ci unisce
Il contesto sarà anche fuori scala rispetto ai precedenti capitoli, ma A Quiet Place: Giorno 1 fa tutto quel che può per non perdersi nei meandri di un mondo in rovina. L’attenzione all’intimità dei personaggi è forse l’aspetto più importante da preservare (dopo il silenzio), e in questo Sarnoski e soci hanno saputo lavorare senza particolari difficoltà. Dispiace che la creatività del regista sia stata chiaramente limitata per non rischiare troppo, ma ciò non toglie che Giorno 1 sia un ottimo prodotto e un’interessante aggiunta alla saga. Senza incappare nella tentazione di spiegare troppo eventuali origini o storie di contorno, e anzi rifuggendole con estrema convinzione, il terrore rappresentato nel film ne esce più primitivo e reale che mai.
Non è affatto scontato riuscire a preservare lo spirito introspettivo di una saga commerciale, per lo più in un ambiente come quello dell’horror, continuamente svilito da brutalità e spaventi facili. A Quiet Place funziona perché alla sua base c’è una vera intenzione autoriale, un interessante dialogo con la perdita che non vive nelle scene più terrificanti ma si alimenta attraverso la pura tensione narrativa. Continuando di questo passo, la saga ideata da John Krasinski potrà offrire ancora molte storie interessanti – e chissà, abbracciare prima o poi una deriva completamente originale che riesca a pareggiare l’impatto e la sorpresa del suo primo capitolo.
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La recensione in breve
Anziché crogiolarsi in un vortice di cliché, A Quiet Place: Giorno 1 riesce a intrattenere quasi come se fosse la prima opera della saga - e lo fa soprattutto grazie all'ispirata direzione di Michael Sarnoski. Nonostante rischi spesso di inciampare sulla ridondanza delle proprie premesse, il film funziona bene, forte delle sue idee e di una protagonista magnetica. Un'apprezzata aggiunta per il franchise, a cui manca solamente un pizzico di audacia per diventare davvero irresistibile.