Piccolo quiz iniziale: cosa hanno due cose in comune Tarzan e Il gigante di ferro? Sono due perle animate, splendide sia a livello tecnico che narrativo? Corretto. Sono usciti entrambi nel 1999? Giusto anche questo. E allora qual è il punto? Quello che rende la coincidenza interessante è la voragine tra gli incassi del Classico Disney e la sfortunata creatura di Brad Bird. Tarzan è stato un successo come tutti i fortunati film del Rinascimento Disney, mentre Il gigante di ferro si è rivelato un clamoroso flop al botteghino: costato 80 milioni di dollari, ne incassò soltanto 30. Una differenza abissale di due opere bellissime che ci ha fatto venire un dubbio: ma quanto è importante il marketing nel cinema? Spoiler: tanto, troppo.
Un elemento spesso dato per scontato, ma che è fondamentale per il successo di un’opera cinematografica. Perché la campagna pubblicitaria di un film deve incuriosire, ma non svelare troppo. Deve mettere l’acquolina bocca, ma non creare false aspettative. Un equilibrio molto difficile da trovare, che quando non viene trovato dà vita a disastri. Ed è di loro che parleremo in questo articolo in cui ripercorriamo la sciagurata storia di cinque film quasi uccisi dal marketing.
1. Fight Club (1999)
Quanto è beffardo e poetico che un film contro il consumismo capitalista sia stato quasi ucciso dal marketing? Qui siamo davanti a un film cult degli anni Novanta. Un film che incarnava tutto il malessere di una generazione nauseata e impregnata di disincanto, ormai considerato un classico intoccabile. Peccato che anche Fight Club andò malissimo quando uscì al cinema. Forse perché era un film troppo avanti per i suoi tempi, ma anche il marketing non aiutò per niente. Partiamo da un presupposto, però. Vendere un film come Fight Club non è facile. Perché Fincher, ispirato dall’anarchico romanzo di Chuck Palahniuk creò una strana creature difficile da etichettare. Pensiamoci. A Fight Club sfugge a una cosa fondamentale per il marketing: il genere. È un thriller, ma è anche un dramma psicologico con scene di lotta e di azione al suo interno, ma in ogni caso è un film troppo sofisticato da definire.
Per questo la strategia marketing fu un bel rompicapo per la Fox. Un processo molto burrascoso, perché Fincher avrebbe voluto puntare tutto sullo spirito dissacrante e distruttivo di Tyler Durden, enfatizzando l’appeal di una star come Brad Pitt. Insomma la prima idea era molto insolita e provocatoria: chiedere ai protagonisti del film di girare due video in cui spiegare al pubblico come comportarsi in sala. Il tutto con lo stile corrosivo e sprezzante dei personaggi di Fight Club. Video girati, trasmessi e poi rimossi subito (ma scavando su YouTube si trovano ancora). Questo perché la Fox non era affatto convinta di questa strategia.
Per rimediare decise di puntare tutto sul titolo del film, spacciandolo per un film di combattimenti e mazzate. Lo fece confezionando trailer con le poche sequenze action del film, piazzati in tv durante gli spettacoli di wrestling. Non contenta, la major decise di creare anche altri trailer che invece travestirono Fight Club da commedia nera, puntando tutto sulle battute sarcastiche del film. Senza dimenticare che il simbolo del film, la saponetta rosa, non era facilmente riconducibile al vero significato di Fight Club. Un’indecisione fatale, che diede vita a un clamoroso flop commerciale. Un film comunicato in modo confuso, diventato un cult solo dopo grazie al mercato home video.
2. Drive (2011)
Il caso di Drive è molto più semplice da raccontare, ma molto simile a quello di Fight Club. Perché ancora una volta ci troviamo davanti a un film difficile da inquadrare. Nel 2011 Refn girava un instant cult ibrido, dove azione, romanticismo e dramma si mescolavano alla perfezione, ma come comunicare tutto questo? Considerando che eravamo nel pieno rilancio di Fast & Furious, la tentazione del reparto marketing fu quello di puntare tutto sulle corse automobilistiche, confezionando trailer e poster che esaltavano inseguimenti, sgommate e le doti da pilota del protagonista.
Una strategia in parte controproducente, che portò una spettatrice a denunciare la casa di distribuzione per pubblicità ingannevole, visto che il film era tutto tranne che l’ennesimo figlio di Fast & Furious. Esagerazioni a parte, dopo aver visto un film così particolare come Drive, è facile immaginare quanto sia stata complicato venderlo: infatti fu preceduto da 4 trailer diversi, che puntavano sull’eroismo urbano del protagonista interpretato da Ryan Gosling oppure sulla storia d’amore con il personaggio di Carey Mulligan. Anche qui il tempo ha avuto ragione e oggi Drive è giustamente considerato tra i film più belli e iconici degli anni Duemila.
3. Edge of Tomorrow (2014)
Un film che cambia titolo non è proprio sintomo di marketing a fuoco, e infatti Edge of tomorrow è un esempio emblematico. Diventato inspiegabilmente Senza Domani su molte piattaforme streaming, il film fantascientifico con Tom Cruise ed Emily Blunt non ha avuto la campagna che si meritava. Perché la strategia marketing ha ignorato il punto forte della storia, che lo avvicinava quasi a una simluazione videoludica con tanto di loop in cui i protagonisti fallivano e ricominciavano la loro lotta contro le forze aliene. I trailer, invece, si adagiarono sul classico film action in salsa fantascientifica con le star da mettere in bella mostra, senza puntare sulla grande originalità della trama. Peccato perché il film che non andò male, avrebbe meritato ancora più fortuna.
4. Il pianeta del tesoro (2002)
Tanto amato quanto sfortunato. Assieme a Taron e la pentola magica e ad Atlantis, eccoci davanti uno dei più grando buchi nell’acqua della Disney Animation. Quarantatreesimo e sfortunatissimo Classico Disney targato 2002, quella perla assoluta de Il pianeta del tesoro costò 140 milioni di dollari incassandone soltanto 109. Ma come mai uno dei film animati più amati e riusciti degli ultimi vent’anni è stato un flop? Per spiegare il fallimento de Il pianeta del tesoro bisogna scomodare una teoria del complotto che negli anni ha preso sempre più piede, trovando conferme più o meno esplicite anche dagli animatori che hanno lavorato al film.
Pare infatti che parte dei dirigenti Disney non fossero più convinti di portare avanti l’animazione tradizionale, ormai superata dalla computer grafica vista in Shrek o in Toy Story, che di fatto avevano conquistato il pubblico anche per la loro innovativa tecnica animata. Certo, Il pianeta del tesoro è un ibrido, visto che ci sono tanti inseriti di CGI, ma nonostante questo fu usato come agnello sacrificale per dimostrare a tutti che era ora di voltare pagine e cambiare stile.
Così il film fu vittima di una specie di clamoroso autosabotaggio, pieno zeppo di scelte sbagliate. Prima di tutto far uscire il film nello stesso weeekend di Harry Potter e la Camera dei Segreti, nello stesso anno in cui un altro classico Disney aveva già conquistato l’amore del pubblico. Ovvero quel Lilo & Stich che era senza dubbio il film su cui l’azienda puntò davvero quell’anno. Il preferito di Mamma Disney, insomma. Infatti se Lilo & Stich fu accompagnato da una campagna promozionale massiccia e piena di belle trovate, come quella di inserire subito il piccolo alieno nei cult disneyiani, Il pianeta del tesoro venne comunicato poco e male, spoilerando le parti essenziali del film in trailer piatti e banali, senza dare davvero valore al suo immaginario corsaro in salsa steampunk. Ed è così che come sciagurati figli indesiderati, i nostri amati Jim e John Silver navigarono verso il flop.
5. Il gigante di ferro (1999)
Ed eccoci all’ombra del re degli incompresi. Quel film che gigante lo è per davvero, ma lo è diventato solo grazie al tempo che gli ha reso onore e giustizia. Cosa è andato storto nel marketing de Il gigante di ferro? Per prima cosa un reparto animato che si stava ancora leccando le ferite dopo il flop di La spada magica – Alla ricerca di Camelot, e che per questo investì pochi soldi nella campagna promozionale. La promozione partì molto tardi, troppo a ridosso dell’uscita americana prevista per il 6 agosto 1999 per creare il giusto hype e lo fece con scelte strategiche pessime.
Il gigante di ferro fu presentato puntando molto sull’estetica e sull’immaginario anni Cinquanta, il che diede al film una patina vintage poco appassionante per il pubblico giovane dell’epoca, facendo sembrare il film vecchio e superato agli occhi del pubblico giovane dell’epoca. A questo aggiungiamo anche un montaggio pessimo dei trailer, pieni di gag e battute che tradivano lo spirito del film. Colpo di grazia? L’inaspettato successo de Il sesto senso, uscito lo stesso weekend de Il gigante di ferro e che catalizzò tutta l’attenzione mediatica, mettendo in ombra il nostro caro gigante che si riprese (proprio come Fight Club) grazie a un eccezionale riscontro in home video, dove l’acquisto delle VHS fu trainato grazie a Pokemon – Il film. Infatti, in America, acquistato un biglietto di quel film si otteneva uno scontro di 2 dollari sull’acquisto della videocassetta del capolavoro firmato Brad Bird. Meglio tardi che mai.
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