La musica si abbassa e lascia spazio a un’espressione di sconforto. È melancolia, quello stato di serenità misto a tristezza che ti prende quando ripensi alla tua vita. Mia e Nora guardano la persona davanti a loro pensando a come sarebbe potuto essere e a ciò che è stato. La La Land e Past Lives raccontano la vita, l’amore e le scelte delle persone a modo loro e la conclusione che raggiungono è però la stessa: per alcuni siamo quelli che restano, per altri quelli che se ne vanno. E va bene così. Non c’è un giusto e uno sbagliato, ma ciò che ci permette di rimanere fedeli a noi stessi e a ciò che diventiamo.
Mia e Seb: un attimo che vale una vita
Lo fa Chazelle, in anticipo di quasi 10 anni rispetto al concetto di Multiverso e di altre vite, altre persone (come lui forse solo Wong Kar Wai col suo In the Mood for Love). La storia è tutta nel presente, prima del salto temporale finale e ci fa vivere il percorso di crescita dei due personaggi. Mia e Seb si completano, si trovano perché sono due sognatori messi in un angolo e in cerca della propria strada. La trovano supportandosi a vicenda ma poi devono separarsi per poter proseguire quel percorso. Una sliding door che porterà dentro di loro una spaccatura perenne, di un amore che è stato perfetto, che li ha fatti crescere e che per loro sarà per sempre il vero grande amore.
Il finale, con quel viaggio di 10 minuti che ci mostra tutta la vita insieme termina sulle ultime note di piano della ballata di Seb. Mia non riesce ad applaudire subito, ha percepito cosa fosse quella melodia. Ma ora deve tornare a casa, non può stare a rimuginare. Ed è lì sulla soglia dell’uscita che la telecamera con due sguardi e due primi piani racconta un film nel film. Mia guarda Seb, lui dopo un attimo alza il volto e ricambia lo sguardo. Si sorridono. Ce l’hanno fatta, si dicono grazie, forse qualcosa di più. Siamo quelli che siamo grazie alla nostra relazione. Poi lei si gira e la vita torna a scorrere come prima.
Past Lives: la ricerca dell’In Yun
Past Lives è più netto, racconta decisamente questo ed è esplicito fin dall’inizio. E soprattutto salta tra un periodo e l’altro della vita dei due protagonisti, tra una vita e l’altra. L’inizio nel presente, poi il passato con loro bambini, lo switch di 12 anni in tarda adolescenza con la ripresa dei contatti e il successivo addio per provare a costruirsi una posizione nel mondo e cercare la propria vocazione (in termini orientali direbbero l’Ikigai). E poi il ritorno al tempo presente dove Celine Song si prende tutto il tempo per raccontarci chi sono oggi i suoi due protagonisti, perché continuano a cercarsi e anche perché si lasceranno di nuovo, prendendosi tutto il tempo che serve per arrivare al momento catartico di addio e lasciare i due alle loro vite. L’In Yun, il concetto di destino attorno al quale gira la trama attorno ai due parla di legami così forti che il solo sfiorarsi basta per scatenare un vortice di sensazioni.
Ma parla anche di perdersi e rincontrarsi in altre forme. Nora soffre per tutto il tempo passato con Hae Sung, il marito le dice apertamente “se fossimo in una storia, io sarei l’ostacolo alla vostra relazione”. Lei sogna in coreano ma vive all’americana. La Nora che si è costruita vuole essere occidentale, vuole affermarsi da scrittrice in America. E sa che per farlo non può rimanere troppo legata alle origini coreane, che la allontanerebbero. E il finale vede l’esplosione del suo dolore. Un ultimo grande abbraccio, davanti una saracinesca abbassata. Il pensiero che in un’altra vita sarebbero rimasti insieme. E poi il ritorno a casa, esplodendo in lacrime. La La Land fa ciò che non fa past lives. Le Chazelle gioca col cinema e fa dare al pubblico un occhio dallo spioncino.
Celine Song resta fortemente attaccata alla realtà. Non ci sono what if, non ci sono sogni (se non quelli che fa Nora in coreano), ci sono le nostre decisioni e la vita che ci scegliamo e con cui fare i conti nel bene e nel male. Chazelle ci fa sognare omaggiando i grandi musical e le grandi storie d’amore di Hollywood. Ci fa stare con Mia e Seb fino a dirci “sarebbero potuti essere questo” ma loro sono chi sono. Celine Song ci tiene costantemente coi piedi per terra e ci fa sentire quello che sentono i suoi protagonisti, compresa la sofferenza per l’addio finale. La melanconia colpisce Nora e Mia per un attimo, prima di riprendere con la propria vita.
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