Era il 2004 quando arrivò al cinema Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, lungometraggio che segnò indubbiamente la storia della fortunata saga cinematografica tratta dai libri della scrittrice britannica J.K. Rowling. A vent’anni di distanza ragioniamo su quali sono le caratteristiche principali di un lungometraggio divenuto poi, per una serie di motivi, un vero e proprio punto di svolta.
Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, nel vivo dell’azione
Insieme al suo sequel e quarto capitolo Harry Potter e il Calice di Fuoco, Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban è conosciuto per essere il capitolo più apprezzato, sia da parte dei fan della saga che dalla critica. Se si dovesse infatti tracciare un’immaginaria linea invisibile all’interno degli otto film di Harry Potter, questa si troverebbe proprio a cavallo tra La Camera dei segreti, secondo capitolo diretto da Chris Columbus, e il Prigioniero di Azkaban, che porta la direzione di Alfonso Cuarón.
Se con i primi due capitoli in quel di Hogwarts si respirava un’aria di magia quasi fiabesca, nonostante la presenza di elementi più forti, con il Prigioniero di Azkaban si cambia totalmente atmosfera, entrando in un ambiente prettamente dark e più tetro. Uno spartiacque che segna anche il cambiamento e l’avviamento verso tematiche più importanti per i personaggi, e che si allontana decisamente da quanto il pubblico aveva imparato a conoscere precedentemente. Un passo avanti d’obbligo all’interno di una storia che è cresciuta con i suoi spettatori.
La mano di Alfonso Cuarón
Uno dei meriti del grande successo di pubblico e critica è, per la maggior parte, attribuibile al regista che si occupò di dirigere questo importante, quanto fondamentale, spartiacque: Alfonso Cuarón. Il regista messicano, quattro volte premio Oscar, è la mano dietro alla macchina da presa di Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban; per lui è stata una vera e propria sfida accettare la direzione di un film così grande, appartenente ad una delle saghe fantasy destinata a cambiare per sempre il mondo del cinema. Convinto da Guillermo del Toro, Cuarón ha deciso di mettersi alla prova, nonostante considerasse Harry Potter come un qualcosa di totalmente distante dalle sue corde.
Il risultato finale è riuscito senza dubbio a superare le aspettative di chiunque, Alfonso Cuarón compreso. La sua è una regia che per tutto il film viaggia sui binari dell’opacità e della freddezza, un film dove la presenza del sole e della luce è quasi nulla e dove l‘oscurità fa da padrona. Una regia che decide di “svegliare’’ gli animi dei suoi personaggi protagonisti, che crescono e cominciano a comprendere più pienamente ciò che sono realmente e ciò che sono destinati, nel bene e nel male, a diventare. L’azione contenuta nel film è un altro suo punto a favore, grazie soprattutto alle capacità registiche di Cuarón, che da una vera e propria scossa a tutto l’impianto del lungometraggio.
Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, 20 anni in un secondo
Vent’anni che sono volati, ma che sono portati altrettanto bene da una pellicola che rimarrà per sempre punto focale di una storia ricca di elementi diversi, e che ha da sempre saputo mantenere la sua credibilità. Un film che introdotto nuove tematiche ma soprattutto nuovi personaggi che sono da subito entrati nel cuore dei fan della saga. Uno su tutti il Sirius Black di Gary Oldman che in breve tempo è riuscito ad accaparrarsi il favore di tutti, e il cui addio alla saga, che avverrà solo successivamente, ancora tormenta gli appassionati.
Vent’anni che non passano di certo in sordina, grazie alle innumerevoli iniziative cominciate ormai da qualche mese a questa parte. Dopo la riproduzione fluttuante di zia Marge Dursley, la zia di Harry Potter, nel cielo di Londra, quest’estate al Warner Bros Studio Tour, sempre a Londra, sarà possibile visitare per la prima volta l’aula della Divinazione, apparsa proprio per la prima volta all’interno di Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, e che gioca un ruolo importante all’interno della narrazione.
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