Se, in ambito letterario, è sempre esistito un pregiudizio alquanto negativo sul genere legato alle commedie romantiche, nel mondo della settima arte questo genere specifico ha avuto modo di proliferare, vincere premi e diventare quasi uno standard di un certo tipo di cinema. Sin dalla nascita della screwball comedyfino alle commedie romantiche di fine anni Novanta, questo genere cinematografico ha avuto un’ascesa quasi ininterrotta, con pellicole che sono state capaci non solo di raccontare grandi storie d’amore, ma anche di fotografare il periodo storico nel quale venivano realizzate. Sebbene abbiano uno svolgimento canonico – le regole su come si scrive una commedia romantica sono note, dopotutto – le migliori commedie romantiche hanno sempre saputo come differenziarsi l’una dall’altra, proprio perché sapevano raccontare realtà diverse. Negli ultimi anni, però, la presenza delle “vere” commedie romantiche è scemata sempre di più: che cosa è successo?
È arrivato il pregiudizio
Come si diceva in apertura, al cinema le commedie romantiche non hanno subito la profonda stigmatizzazione che, al contrario, hanno subito i libri appartenenti allo stesso genere. Nonostante questo, però, c’è sempre stato uno zoccolo duro di critici e intellettuali che ha indicato le commedie romantiche come uno dei generi più “deboli” del panorama cinematografico. Questo perché si tratta di un genere che, come abbiamo visto, ha uno svolgimento lineare e un finale scontato: a queste critiche si potrebbe facilmente rispondere che qualsiasi opera di intrattenimento di genere risponde a una struttura canonica (insomma, non è un caso se qualsiasi manuale di sceneggiatura mette sullo stesso piano Harry Potter e Star Wars), ma le commedie romantiche hanno anche il difetto di essere percepite soprattutto come prodotti per il pubblico femminile e dal momento che non siamo ancora usciti da una cultura patriarcale queste le rende immediatamente inferiori a tutti gli altri generi.
Con l’avvento di internet alla portata di tutti, dei forum prima e dei social media dopo, questo senso di “superiorità” nei confronti delle commedie romantiche è cresciuto a dismisura e con esso il pregiudizio legate a film la cui realizzazione si basa su una certa invisibilità del regista e una “banalizzazione” della storia. Dai primi anni Duemila in poi, allora, le commedie romantiche hanno smesso di essere pellicole estremamente ben scritte che raccontavano indimenticabili storie d’amore, ma sono diventate storielle insignificanti buone solo per poter mettere il cervello sul comodino e non pensare. Questo ha fatto sì che al posto delle commedie romantiche venissero realizzati film che, in qualche modo, ne rappresentavano la parodia. Per cercare di far rivivere i genere, dunque, alcune produzioni come quella dietro Amici di letto ha provato a rendere più interessante il racconto cercando di usare l’ironia e l’autoconsapevolezza: come a dire, “lo sappiamo che le commedie romantiche sono sciocche, così noi ne realizziamo una che lo dice apertamente“. Che è un po’ la strada percorsa anche da Non è romantico? la commedia con Rebel Wilson disponibile su Netflix, in cui la protagonista asserisce di odiare le commedie romantiche, salvo poi viverne una. Non si tratta nemmeno di cattivi o brutti film, ma sono comunque pellicole che non hanno saputo catturare l’essenza delle vere commedie romantiche e, in qualche modo, hanno cooperato alla loro assenza nei cartelloni cinematografici.
Non ci sono più i grandi attori delle commedie romantiche
Legato al punto immediatamente precedente è anche la mancanza di attori riconducibili alle commedie romantiche.Negli anni Novanta e nei primi anni Duemila – giusto per rimanere in un range temporale abbastanza vicino a noi – c’erano attori che erano in qualche modo diventati il volto della commedia romantica. Si pensi a Julia Roberts, con Pretty Womano Se scappi ti sposo,per non parlare poi di Notting Hill, in cui condivideva il “palcoscenico” con un altro attore delle commedie romantiche, Hugh Grant. C’erano grandi divi del cinema che si gettavano con entusiasmo in questo genere di operazioni e, così facendo, cooperavano a dare autorevolezza a un genere, rendendolo immortale. Lo stesso si può dire di attori come Meg Ryan, Sandra Bullock e Mark Ruffalo, giusto per fare qualche nome.
Cosa è successo, poi? Alcuni di questi attori hanno deciso di voler andare avanti. È diventata quasi leggendaria l’intervista in cui Hugh Grant si diceva sollevato di essere considerato troppo vecchio e brutto per continuare a fare commedie romantiche. Ma il punto è questo: il genere ha perso le sue “stelle polari”. I grandi divi hanno scelto (anche giustamente, ça va sans dire) di tentare anche altre strade e di non fossilizzarsi su un solo genere cinematografico, ma se ne sono andati senza lasciare dei veri e propri eredi, qualcuno che fosse in grado di proseguire il loro lavoro. Poi, con l’aumento del pregiudizio e degli stereotipi sul genere, anche gli attori di nuova generazione hanno in qualche modo “paura” di gettarsi in un genere che non è propriamente approvato da tutti e questo ha fatto sì che fino ad oggi si procedesse un po’ a tentativi: tra la commedia ironica, quella più spicy, quella divertente. Ma della commedia romantica si è cominciato a perdere sempre più le tracce. Anche perché come mancano gli attori che vogliono interpretare questo tipo di ruoli, mancano anche registi dai grandi nomi che vogliano cimentarsi con questa sfida. Se un tempo c’era Nora Ephron o Gary Marshall, oggi ci sono pochi registi/registe che vogliono realizzare una commedia romantica e i pochi che ci provano, come Nancy Mayers, spesso sentino che l’industria cinematografica non ha più tempo, spazio o sale per loro. Persino Meg Ryan che, appunto, delle commedie romantiche è stata un simbolo imprescindibile, ora arriva al cinema con Coincidenze d’amore, che è più una commedia sul rimpianto, su quello che poteva essere e non è. Una metafora alquanto azzeccata per lo status odierno delle commedie romantiche.
Non sappiamo più cosa raccontare
È senz’altro vero che il pubblico si è disabituato alle commedie romantiche e che è vittima dei suoi stessi pregiudizi. È vero che ci sono meno attori e meno registi che scelgono di investire su questo genere, anche a carriere ben lanciate. Ma bisogna anche riconoscere il “problema alla base dei problemi”: mancano le belle storie. Se è vero, come è già stato sottolineato, che le commedie romantiche si sviluppano su un canovaccio che fa della prevedibilità il proprio marchio distintivo, è anche vero che, per distinguersi dalle altre, deve avere un pitch in qualche modo accattivante. Il mio grosso grasso matrimonio greco prendeva il via da una donna che si sente invisibile e che è alle prese con la vanità quasi ossessiva di una famiglia greca fanatica della propria cultura. Insonnia d’amore parte da un bambino orfano di madre che partecipa a un programma radiofonico per chiedere aiuto per il cuore spezzato del padre vedevo. Crazy, stupid, love parla di un uomo in crisi che viene addestrato da un Don Giovanni moderno, che lo trasforma in un seduttore col cuore di un romantico.
Oggi mancano storie che sappiano andare al di là della più canonica storia d’amore. Anche Tutti tranne te, film campione d’incassi che è stato in grado (questo va riconosciuto) di riportare la commedia romantica nella conversazione di Hollywood, ha alle spalle una storia molto esile: due ragazzi che sono andati a letto insieme e che si sono separati a causa di una miscommunication alquanto blanda e poco credibile, si trovano a dover fingere di stare insieme a un matrimonio per ottenere ciò di cui hanno bisogno. Il cosiddetto fake dating è uno degli stratagemmi più comuni nel genere e lo aveva usato anche il film Holidate: e sebbene il risultato sia stato in egual modo piacevole e divertente, sono lontani i picchi di una vera commedia romantica, che non cerca in ogni modo la risata adolescenziale con peni in primo piano o scene di dubbio gusto come quella dei lassativi nei film con Emma Roberts. La sensazione è che il pubblico desideri un ritorno alle commedie romantiche, ma esse sono ancora smarrite in una sorta di confusione produttiva, dove si cerca di accontentare quante più fette di pubblico possibili, finendo però così con lo snaturare qualsiasi tentativo di “revival”
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