Dopo un 2023 non esaltante dal punto vista delle nuove uscite televisive, questo 2024 è iniziato con diversi titoli interessanti, tra continuazioni e progetti esordienti. Lo sciopero degli attori e degli sceneggiatori che ha caratterizzato la prima metà dell’annata precedente è ormai finito da un po’: il periodo di stallo produttivo si supponeva che avrebbe condizionato anche la qualità e quantità di serie TV che sarebbero uscite in questi mesi. Così, almeno secondo noi, non è stato. Abbiamo, dunque, deciso di proporvi una panoramica del meglio che è uscito ultimamente, selezionando alcune delle migliori serie TV uscite tra gennaio e marzo 2024, senza la pretesa di essere esaustivi.
Il problema dei 3 corpi
Il problema dei 3 corpi è l’ennesimo tentativo da parte di Netflix di creare un franchise dalla forte riconoscibilità che possa fare le fortune dell’azienda per i prossimi anni. La serie, tratta dal cult letterario di fantascienza di Cixin Liu, racconta di una specie aliena pronta ad invadere il mondo dopo essere stata contattata da una scienziata cinese. Il progetto era, ed è, uno di quelli più ambiziosi: difficile da trasporre da carta a schermo, viste le tante storyline, suggestioni visive e contesti spazio-temporali da filmare, è stato affidato al duo Benioff-Weiss noto per aver cambiato la storia della televisione con Il Trono di Spade. La scelta di Netflix, che avrebbe “rubato” gli autori alla HBO, potrebbe essere stata quella giusta. Non perché lo show sia perfetto, anzi, ma perché sembrerebbe avere il potenziale per migliorarsi anno dopo anno e di riproporre quella idea di ritualità collettiva seriale ormai (quasi) estinta.
In che modo? Con la pazienza. Il problema dei 3 corpi rientra in quel filone narrativo che richiede allo spettatore di fidarsi, di assecondare la continua riproposizione di misteri e di farsi prendere per mano, insieme ai personaggi, accompagnandoli fra le tante linee narrative e nei diversi meandri emotivi della questione. È un’idea di televisione – che affonda le sue radici in Lost – che evita il “tutto e subito”, che non vuole urlare le cose in faccia a chi guarda (cosa che va fin troppo di moda oggi), ma che preferisce concedere spazi interpretativi ed emotivi che rifuggano gli eccessivi didascalismi. Così come Il Trono di Spade e tante altre serie dopo Twin Peaks e Lost, siamo di fronte a un prodotto con l’ambizione di estendere il potenziale visivo e spaziale della narrativa televisiva, sia in senso geografico che simbolico. Il problema, oggi, è mantenere alta l’attenzione di un pubblico sempre più impaziente. Vedremo.
Qui la nostra recensione.
Skam Italia
Prima di entrare nel merito della sesta stagione di Skam Italia, uscita a gennaio su Netflix, è necessario fare una valutazione generale del progetto capitanato ormai dal 2020 da Ludovico Bessegato. Skam in origine è una serie norvegese: adattare dal contesto culturale scandinavo a quello romano le vicende di un gruppo di adolescenti non era facile. Una maggior difficoltà risiedeva nel fatto che le serie teen italiane non sono sostanzialmente mai esistite. Il compito di Bessegato era dunque quello di andare a riempire un vuoto di mercato, sul piano dei contenuti e della richiesta, con alte probabilità di fallimento. La serie si è subito imposta, invece, come un ottimo successo (sempre in crescita negli anni) e una garanzia di qualità. Il laboratorio dell’head writer ha creato un format di forte personalità, una famiglia televisiva affiatata e ha messo tanti giovani attori in rampa di lancio. Il segreto, probabilmente, risiede nel fatto che chiunque abbia frequentato un liceo italiano più o meno di recente, e a maggior ragione romano, non può non trovare la serie credibile al punto da definirla naturalistica ancor prima che realistica.
La sesta stagione è la seconda a non essere più remake ma completamente originale. C’è un po’ di ricambio generazionale e personaggi nuovi: dopo aver affrontato il tema del body shaming e dell’idea sociale di mascolinità nella quinta, stavolta al centro del discorso abbiamo i disturbi del comportamento alimentare e il rapporto tra idealismo giovanile e seconde possibilità da un punto di vista femminile. I problemi alimentari, stando anche alla testimonianza di molte persone, sono raccontati in maniera positiva: non c’è moralismo, pietismo e retoriche pseudo-eroiche della “malattia da sconfiggere”; bensì attenzione ai dettagli e semplicità insieme al tentativo di raccontare il realismo del quotidiano. Il risultato, come sempre, è quello di una serie estremamente sensibile ed attenta alla rappresentazione di una generazione – la gen Z – che Bessegato ha fatto sua.
Mr. & Mrs. Smith
È comprensibile una certa insofferenza verso la continua riproposizione di universi narrativi già esistenti e percorsi in tante strade. La cultura del remake, del reboot e dello spin-off, tuttavia, dovrebbe essere problematica solo quando compensativa di una mancanza di idee generalizzata da parte dell’industria. Quando le idee ci sono, invece, è sempre possibile riprendere in mano discorsi già iniziati facendone comunque prodotti nuovi, freschi, addirittura innovativi senza per questo sottrarre spazi a film e serie originali. Il nuovo adattamento di Mr. & Mrs. Smith realizzato per Prime Video (qui la nostra recensione), da questo punto di vista è un gioiello e un concentrato di idee e concetti visivi e narrativi non da poco. Donald Glover, apprezzato autore di Atlanta (forse tra le migliori 4/5 serie TV uscite negli ultimi dieci anni), ha riunito i suoi collaboratori creativi Francesca Sloane e Hiro Murai per adattare il soggetto reso famoso dalla coppia Jolie-Pitt venti anni fa e che in origine è una serie TV del 1996.
Lo stesso Glover è John Smith. Maya Erskin, centratissima nel ruolo, è Jane Smith. John e Jane sono due estranei che, in maniera indipendente e alla cieca, accettano di diventare marito e moglie per coprire le loro attività da spie. In ognuno degli otto episodi avranno una adrenalinica missione da svolgere, costantemente supervisionati dalla valutazione di un capo di cui non conoscono l’identità. In Mr. & Mrs. Smith ritorna uno degli elementi caratteristici di Atlanta: un certo disinteresse per la trama, congedata sullo sfondo per lasciare spazio al contesto e alla azione-reazione dei personaggi. Via via diventerà sempre più importante la messa a fuoco degli obiettivi e delle aspettative di John e Jane, in difficoltà nel bilanciare la vita di coppia con il pericolosissimo lavoro che svolgono. Il risultato è quello di un prodotto più pop, veloce e pieno di (ottima) azione rispetto ad Atlanta, ma sempre molto verticale e registicamente impeccabile. Ci sono anche due episodi ambientati in un bellissimo (quanto stereotipato, ma ci siamo abituati) nord Italia.
One Day
È stato prima un romanzo di successo, nel 2009, poi un film che si è conquistato lo status di cult in maniera piuttosto veloce due anni dopo. One Day, adesso, è anche una buona, se non ottima, miniserie. Era una bella scommessa, perché riadattare un universo narrativo così amato, cambiandone i volti e rallentandone i tempi narrativi, può essere un’operazione commerciale scivolosa. Lo sanno bene i rinnovatori dei tanti universi espansi – Gli anelli del potere, Star Wars, Indiana Jones – che nel discostarsi dalla “purezza” dei materiali originali si sono sistematicamente scontrati con lo scontento dei fan più accaniti. One Day non sarà un fenomeno della portata di Harry Potter, ad esempio, ma anche in questo caso parte dello zoccolo duro del fandom ha avuto qualcosa da ridire.
A molti, ad esempio, non è piaciuta la scelta dei due (bravissimi) attori protagonisti. Poco importa, perché in mezzo a tantissimi prodotti iper-algoritmici senza nulla da dire e passi più lunghi della gamba, in questo caso Netflix ha messo in piedi un vero successo – la serie è stata in cima alle classifiche della piattaforma per diverse settimane – conciliando il tutto con la qualità. One Day racconta una storia d’amicizia e d’amore nel lungo periodo: per 20 anni, Emma e Dexter si ritrovano il giorno dell’anniversario del loro primo incontro, il 15 luglio, avvenuto nel 1989 a Edimburgo in occasione della loro festa di laurea.
I lunghi tempi narrativi permettono alla serie TV, rispetto al film, di avvicinarsi di più al romanzo: ne consegue una notevole attenzione ai dettagli e soprattutto alla costruzione dei personaggi, ottimamente interpretati da Ambika Mod e Leo Woodall. Emma è idealista, politicizzata ed aspirante scrittrice; Dexter ha più soldi che idee sulla vita e sul futuro, ma non per questo ha poche cose da dire. Queste due persone molto diverse fra loro, per carattere e background culturale, riescono a capirsi in maniera molto profonda a prescindere dalle loro differenze.
The Vince Staples Show
Quasi ricco, quasi famoso: Vince Staples è un rapper intorno ai trent’anni molto vicino al successo. Vive a Long Beach, Los Angeles, frequenta da poco una ragazza e ha una madre dal carattere difficile. Attorno a lui qualche amico, una rete di persone su cui contare a momenti alterni e un parentato numeroso. Vince Staples è un rapper anche nella vita reale: in questa comedy da soli cinque episodi da 25/30 minuti, interpreta se stesso attraverso la finta autobiografia. Finta, certo, ma sicuramente ispirata alla propria vita. Con un approccio verticale – cioè con episodi autoconclusivi e minimamente legati tra loro dal punto di vista della trama – ogni episodio racconta una disavventura diversa che coinvolge il protagonista.
Tra l’assurdo e il grottesco e con un pizzico di realismo magico, The Vince Staples Show snocciola mezz’ora alla volta una serie di piccole esperienze che coinvolgono Vince disturbandone la tranquillità: da un arresto per futili motivi a una giornata disfunzionale con la famiglia, passando per una rapina in cui per coincidenza i rapinatori sono anche amici suoi.
The Vince Staples Show rientra nel filone televisivo delle slices of life, fette di vita, e più nello specifico affonda le sue radici nella già citata Atlanta, serie TV che in maniera altrettanto surreale e solo apparentemente disimpegnata propone un punto di vista afroamericano sulla realtà statunitense che tanto ha influenzato le auto-narrazioni sul piano del background etnico nella televisione americana negli ultimi anni. In The Vince Staples Show, ad esempio, emergono tematiche quali la profilazione razziale e il dislivello di potere con i bianchi. Si parla di rap, di solidarietà e di identità, ma sempre mantenendo i toni chill coerenti con il carattere di Vince. Probabilmente la miglior serie TV uscita fino a ora nel 2024.
Nell – Rinnegata
Concludiamo con Nell – Rinnegata, serie TV fantasy e d’avventura ambientata a inizio ‘700 in Irlanda e disponibile da qualche giorno su Disney+. Nell Jackson viene ingiustamente accusata d’omicidio ed è costretta a fuggire con le due sorelle minori. Con l’aiuto di un folletto che all’occorrenza le conferisce superpoteri, rendendola quasi invincibile, Nell arriverà gradualmente a capire di essere parte di una missione più grande: dovrà sventare un complotto magico contro la regina. Nell è scritta e creata da Sally Wainwright, autrice della serie cult Happy Valley. La protagonista è interpretata da Louisa Harland, abbastanza nota per la sua partecipazione in Derry Girls, serie teen comedy ambientata negli anni ’90 sullo sfondo del conflitto nordirlandese (molto consigliata, su Netflix).
Nell è una serie molto derivativa, colma dei riferimenti fantasy, magici e d’avventura arcinoti così come ricca degli elementi del racconto di formazione e del viaggio dell’eroina teorizzato da Murdock (qui le eroine Disney). Abbiamo tematiche come interiorizzazione dell’ombra, magia oscura e aiutanti magici. C’è anche il tema della lotta di classe, dello scontro filosofico e politico tra i ricchi e i poveri, tra i potenti e gli sprovveduti nel Regno Unito del brigantaggio e della monarchia. Nell, poi, potrebbe anche essere una Xena o una Buffy Summers un po’ più slegata dallo sguardo maschile. Una serie che, dunque, non fa nulla di particolarmente nuovo ma fa tutto abbastanza bene, consapevole delle regole degli universi a cui attinge e con l’intelligenza del non prendersi troppo sul serio. Un prodotto leggero, divertente e avventuroso che coinvolge e scorre veloce.
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