Dopo lunghe e complicate vicende produttive e distributive, arriva nelle sale italiane Monkey Man, esordio alla regia di Dev Patel. L’attore britannico di origine indiana, celebre al grande pubblico per i suoi ruoli in The Millionaire, Lion e The Green Knight, dirige e interpreta un action violento ed estremo, che utilizza i codici del revenge movie per raccontare una storia di riscatto individuale e collettivo. Sullo sfondo, la critica a una società indiana corrotta e sempre più orientata verso il nazionalismo e il fanatismo religioso.
Monkey Man vede Dev Patel vestire i panni di Kid, un giovane che si guadagna da vivere in un fight club clandestino dove, indossando una maschera da gorilla, viene picchiato a sangue da lottatori più famosi in cambio di denaro.
Dopo anni di rabbia repressa, Kid scopre un modo per infiltrarsi in un gruppo di potenti che, anni prima, hanno ucciso sua madre e distrutto il villaggio in cui abitava. Ha inizio il suo tortuoso percorso verso la vendetta. Intanto, le imminenti elezioni politiche rischiano di vedere l’ascesa al potere di un partito ultra-nazionalista.
Genere: Azione, Thriller
Durata: 113 minuti
Uscita: 4 aprile 2024 (Cinema)
Cast: Dev Patel, Sharlto Copley, Pitobash
Un action che non risparmia neanche un colpo…
Già dalle primissime inquadrature che mostrano un feroce combattimento corpo a corpo su un ring, intuiamo che Monkey Man non fa alcuno sconto alla violenza. Il film di Dev Patel, del resto, segue pedissequamente le linee guida dell’action contemporaneo dettate dalla saga di John Wick, ma le contamina con temi e stili che caratterizzano i più celebri revenge-movie coreani.
Se i film con Keanu Reeves vengono esplicitamente richiamati in diverse scene del film, dei secondi Monkey Man riprende le atmosfere drammatiche, la critica sociale e una certa fascinazione per i combattimenti all’arma bianca.
A primeggiare nel film, però, sono le lunghe sequenze di scontri corpo a corpo nei quali si sente fortemente il debito dei film action indonesiani e, in particolare, dalla saga di The Raid. La presenza fra gli assistenti alla regia di Dondy Abrian, collaboratore e coreografo di Gareth Evans nei film del 2011 e del 2014, detta chiaramente la direzione delle scene d’azione, che risultano varie, ben allestite e imprevedibili.
Vi è poi in Monkey Man una crudezza estrema e sovrabbondante che non sfocia però mai, come invece spesso accade in altre opere, in un cambio di registro a favore dell’horror o del grottesco. Ciò dona al film una certa asciuttezza che si vede sempre più di rado in prodotti simili e che rendono la visione del film meno superficiale.
L’interpretazione di Dev Patel, che nel film dimostra la sua poliedricità partecipando in prima persona alla maggior parte delle scene d’azione, dona al personaggio di Kid una certa complessità che, seppur non distante dai canoni del genere, porta il pubblico a empatizzare con lui senza alcuna forzatura. Attore drammatico prima che artista marziale, Dev Patel si dimostra a proprio agio sia nelle scene d’azione sia nelle scene più intime, avvicinandosi nello stile più agli attori sudcoreani che ai suoi analoghi americani o indonesiani.
…ma che prende diversi colpi
Se ciò che eleva Monkey Man è sicuramente la presenza davanti alla macchina da presa di Dev Patel, ciò che mostra più chiaramente i limiti del film sono la scrittura e la regia delle scene che esulano dall’azione.
Nonostante la chiara volontà del regista di raccontare, mediante la storia di Kid, il riscatto collettivo degli ultimi e dei molti reietti su cui la vorace alta società indiana si accanisce, il tentativo non può dirsi del tutto soddisfacente.
La critica al populismo e al nazionalismo innervato dal fondamentalismo hindu, appare solo ed esclusivamente un punto di partenza, un pretesto, per costruire una serie di brillanti scene d’azione e si ha più la sensazione di essere davanti a un ottimo film d’exploitation che ad un’opera che cerca di ritrarre la società contemporanea indiana.
Nonostante l’ottima prova drammatica di Dev Patel, si fa davvero fatica a seguire il filo di una sceneggiatura che mette sul piatto diversi spunti, ma che è confusa nel portarli a termine con efficacia. Si prendano ad esempio i numerosi flashback che mostrano il rapporto di Kid con la madre, che hanno un ruolo importante nella storia, ma che risultano il più delle volte stucchevoli.
Paradossalmente, le scene non d’azione invece di irrobustire il film e renderlo più complesso, lo appesantiscono e lo fanno percepire come goffo.
Anche la scelta di far ripercorrere al protagonista le gesta del divino Hanuman e l’irrompere nella diegesi di immagini di repertorio di manifestazioni svoltesi in India non trasmettono del tutto quell’urgenza e quella visceralità necessarie ad elevare il film oltre la soglia dell’ottimo prodotto di genere.
Sotto questo aspetto, quindi, Monkey Man fallisce laddove i film che prende come modello, i revenge-movie coreani, hanno invece successo.
Arrivati alla conclusione di Monkey Man si ha quindi la sensazione di essere di fronte a un eccellente action movie. Un film che merita l’attenzione rivoltagli da Jordan Peele, che si è battuto in prima persona per donargli una distribuzione nelle sale, ma la cui drammaturgia tentenna nei momenti in cui la critica sociale e il dramma intimo del protagonista dovrebbero farsi più incisivi e pregnanti.
Se quindi nel suo film d’esordio Dev Patel eccelle sia come attore sia come interprete e regista di scene d’azione, non si può dire ugualmente come sceneggiatore e regista drammatico.
Ci auguriamo, comunque, che la sua non sia solo una fugace incursione nel campo della regia, ma che l’attore abbia la possibilità di collocarsi nuovamente dietro la macchina da presa. Gli spunti e le idee ci sono. Vanno solamente affinati e messi al servizio di una sceneggiatura meno tentennante.
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Conclusioni
Monkey Man ha tutti i pregi e tutti i pregi degli esordi alla regia. L'abilità di Dev Patel nel dirigere e interpretare scene d'azione rende il film un ottimo prodotto di genere, in grado di intrattenere lo spettatore nonostante le leggerezze della sceneggiatura.
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Voto ScreenWorld